Maria
Antonietta Macciocchi
Voltaire
il femminista
L'amore
più grande fu per la marchesa Emilie du Châtelet. Che però, dopo
16 anni, lo lasciò
Corriere
della Sera, 15 febbraio 1995
L'ortografia dei nomi propri è stata corretta rispetto all'originale

raccomando Mada(me) du Châtelet e La morte di Cesare (una tragedia di Voltaire): sono due grandi uomini". Cesare uguale alla marchesa? Ma in fondo quello di Voltaire è un concetto anticipatore di tanti dibattiti sull' eguaglianza uomo donna che perdurano ancora. Non c' è mascolinita' nel genio di una donna, ma una sua identita' specifica, e talora cosi' elevata da poterla issare alla stessa altezza dei massimi protagonisti della storia. La passione si interruppe un giorno, quando la signora di Châtelet si gettò nelle braccia dello scrittore Jean-François Saint-Lambert, più giovane di lei di dieci anni, da cui desiderava un figlio. La scienziata voleva diventare madre a tutti i costi. Ma proprio mettendo al mondo il figlio di Saint Lambert, una bambina, Emilie morì di parto, a 43 anni, il 10 settembre 1749. Voltaire diventò folle di rabbia. Come aveva potuto preferire la maternità alla scienza? Diede sfogo al dolore descrivendo, sarcastico, la morte dell'amata in una lettera alla baronessa de Launay: "Lei stava scribacchiando su Newton alla scrivania, secondo la sua lodevole abitudine, dopo le due di mezzanotte, allorché si disse: ma io sento qualcosa... Questo qualcosa era una bambina che venne al mondo più facilmente che non un problema d'algebra". Voltaire trascorse poi il resto della sua vita convivendo con madame Denis, sua nipote, fino al ritorno trionfale a Parigi nel 1778, cui seguì la morte. Quasi sempre lontano dalla Francia (dove, a 25 anni, gli avevano fatto assaggiare i ceppi della Bastiglia) visse, dopo l' esilio in Inghilterra, a Ferney, in territorio svizzero, dove alla fine della vita aveva creato delle scuole per giovani donne. Ne scrisse in Sophronie o
l' educazione delle giovani. Voltaire detestava l'oscurantismo, il fanatismo, e stigmatizzava soprattutto nella religione musulmana il massimo dell' intolleranza. In Maometto, una delle dodici tragedie di Voltaire, dedicata agli orrori della febbre religiosa dei musulmani, è una donna, Palmira la schiava, che rappresenta la virtù, la tolleranza, simbolo dello spirito e della vera religiosità. Palmira adora Maometto il profeta, ma è innamorata in verità dello schiavo Séide. Il vegliardo Zopie si oppone al profeta cercando di liberare la schiava. Maometto ordina allora di uccidere il vecchio e Palmira stessa incita al crimine il proprio amante perché Maometto le consenta di sposarsi. Ma allorche' il vecchio è ferito, egli rivela al giovane di essere suo padre. A quel punto i due innamorati si ribellano a Maometto che li ha spinti al crimine. E quando il profeta cerca di riconquistare Palmira promettendole un magnifico avvenire, lei lo spedisce all'inferno: "Mostro, i cui furori e perfidi complotti hanno fatto di due cuori innocenti due parricidi". Séide muore avvelenato. Palmira si pugnala, eroica: "Mi inorgoglisco uccidendomi perché un dio più giusto riservi un avvenire ai cuori innocenti". Come ha scritto Giovanni Macchia [...], la tragedia fu ritirata dalla scena per gli interventi dall' alto a cui Voltaire dovette soggiacere. Dopo alcuni mutamenti fu riammessa sul palcoscenico, ma è scomparsa di nuovo e, proprio in questo anno delle celebrazioni voltairiane, a Parigi, si è proibito di rappresentarla: "Ancora oggi è pericoloso toccare Maometto", conclude Macchia. Nell' immenso arcobaleno di donne nell' opera di Voltaire vi è anche un'italiana, Eleonora Fonseca Pimentel, di cui egli ammirava il talento di poetessa e le dedicò, ormai vecchio, una poesia adorabile che comincia così : "Bell'usignolo della bella Italia". L' ho scoperta mentre lavoravo al mio libro, Cara Eleonora, grazie all' indicazione offertami dal grande storico Alfredo [Franco, in realtà] Venturi, ora scomparso. E la metto qui come un suggello a quanto ho detto.
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Emilie dans les mémoires de son valet: un épisode
Sébastien Longchamp
Cependant quelques jours après, au moment où elle était dans son bain, elle sonna ; je m’empressai d’accourir dans sa chambre, ma sœur, occupée ailleurs, ne s’y trouvait point alors. Madame du Châtelet me dit de prendre une bouilloire qui était devant le feu, et de lui verser de l’eau dans son bain, parce qu’il se refroidissait.
En m’approchant, je vis qu’elle était nue, et qu’on n’avait point mis d’essence dans le bain, car l’eau en était parfaitement claire et limpide.
Madame écartait les jambes, afin que je versasse plus commodément et sans lui faire mal l’eau bouillante que j’apportais. En commençant cette besogne, ma vue tomba sur ce que je ne cherchais pas à voir ; honteux et détournant la tête autant qu’il m’était possible, ma main vacillait et versait l’eau au hasard : Prenez donc garde, me dit-elle brusquement, d’une voix forte, vous allez me brûler. Force me fut d’avoir l’œil à mon ouvrage, et de l’y tenir, malgré moi, plus longtemps que je ne voulais. Je n’étais pas encore familiarisé avec une telle aisance de la part des maîtresses que je servais.
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