venerdì 17 ottobre 2014

Voltaire, Emilie e le altre




Maria Antonietta Macciocchi 


Voltaire il femminista
L'amore più grande fu per la marchesa Emilie du Châtelet. Che però, dopo 16 anni, lo lasciò
Corriere della Sera, 15 febbraio 1995
L'ortografia dei nomi propri è stata corretta rispetto all'originale

... Le eroine di Voltaire si delineano su due distinti universi, quello delle opere e quello dell' esistenza e della corrispondenza, ma ogni universo interviene a modellare l'altro, mescolando vizi e virtù. Nel romanzo e nelle tragedie le donne hanno avventure grottesche e deliranti, subiscono violenze e vandalismi, ma si battono, spesso eroiche, senza cedere, e con ardore prediligono la giustizia e la ragione. Sono sultane, principesse, schiave, meretrici o regine. Appartengono a razze diverse o lande lontane. Stanno negli harem e nelle corti del sultano, o sui campi di battaglia. Eppure sono legate tra loro da un solo filo, quello dell'avventura umana o della sventura, come per Cunegonda, l'amata di Candide, o come Zaire, la schiava del Sultano di Gerusalemme. Nell'esistenza di Voltaire emergono creature dall'intelligenza solare, dallo scilinguagnolo brillante, dalla cultura che non conosce confini tra le lettere e le scienze, con salotti parigini dove la sapienza è densa quanto in Sorbona. Voltaire pensava che la cultura ornasse di una dimensione più alta e anche più sensuale la bellezza femminile. "Le donne sono capaci di tutto ciò che noi facciamo - scriveva - e la sola differenza tra loro e noi è che loro sono più amabili". Certo, non le venerava tutte. E incrociò gli amori alle battute ironiche contro dame possenti, delle quali talora ricercava i favori e talora si beffava. Come la favorita di Luigi XV, la marchesa di Pompadour. Vedendola un giorno mangiare una quaglia, improvvisò questo beffardo epigramma: "E una quaglia grassottella e, detto tra noi, mi sembra un po' quaglietta. Ma lo dico piano piano, bella Pompadouretta". Quanto a Caterina, imperatrice di Russia alla cui corte fu ricevuto con onori, la rispettò per la cultura, ma non esitò a trattarla da civetta quando l'imperatrice accolse con analoghi favori Federico Grimm. Strapazzò persino il mito della Francia, Jeanne d' Arc, in una commedia salace dove, più che la santità, l'oggetto della satira è la bigotteria o la fobia sessuale della pulzella. "Il più grande dei suoi rari lavori fu di conservare intatto per un anno il pulzellaggio". Voltaire ironizza sull'idea di Jeanne che la Francia sarebbe stata vinta se lei avesse perduto il suo "gioiello", protetto anche dall'angelo custode saint Denis. E così irride a un certo punto: "Lei portava sotto la sua gonnella, tutto il destino di Francia e d'Inghilterra". All' origine del riso di Voltaire, scrive Bertrand Poirot-Delpech, c' è un atteggiamento del pensiero, agli antipodi del "bello spirito" perché esso non esiste che attraverso la lotta... Voltaire sa che il ridicolo uccide a lungo andare... La sua ironia ci insegna a non farci ingannare. (Cito dalla prefazione del libro Il riso di Voltaire, con testi riuniti e presentati nel 1994 dalle ottime Editions du Félin, a Parigi). Nel 1732 si erainnamorato di Gabrielle Emilie le Tonnelier de Bréteuil, nota ai posteri come la marchesa du Châtelet, moglie di un marchese comandante delle truppe reali che stava piu' sui campi di battaglia che vicino alla colta consorte. Voltaire l'assale dicendo che "lei ha un cuore capace di amicizia al di sopra delle meschinerie delle donne e delle calunnie di uomini e donne". In Emilie, si ricongiungono genio e fascino. La marchesa rappresenta per Voltaire un ideale filosofico valido per tutte, dove "è lo spirito che dona grazia a una donna". Non che Voltaire non avesse conosciuto l' amore prima di Emilie. Tra il 1713 e il 1748 aveva avuto
almeno otto amanti, tra cui l'attrice piu' fascinosa del tempo, Adriana Lecouvreur. Allorché ella morì (1730), i sacerdoti rifiutarono all' attrice la sepoltura in chiesa perche' aveva calcato le scene, Voltaire insorse con odio contro i preti: "Privano di sepoltura colei che in Grecia avrebbe avuto in suo onore degli altari". Con Emilie la passione fu totale ("Io non ho vissuto che da quando la tua anima mi ha penetrato della sua divina fiamma"). Andarono a vivere "insieme" nel paradiso di Cirey, nel 1734, e l' amore durò sedici anni. Anche se la marchesa non era un modello di fedeltà. Prima di incontrare il filosofo aveva avuto avventurose passioni, tra cui quella con il duca di Richelieu, amico del poeta. L' adorata Emilie era un pozzo di scienza, come in quei luminosi tempi chiedevano alle donne. Sapiente in matematica, chimica, fisica, filosofia, esegesi biblica. Aveva tradotto dal latino i Principi matematici della filosofia di Newton. Voltaire si proclamò "il primo degli Emiliani". Quando diede alle stampe Alzire, vi premise un'epistola dedicatoria titolata "L'Emiliade". Dove leggiamo: "Occorre che il vostro esempio incoraggi le persone del vostro sesso, nel credere che ci si rende piu' nobili perfezionando la ragione, e che niente piu' che lo spirito fa brillare la bellezza in una donna". Tuttavia, pur godendo con lei "di una felicita' celestiale", il suo occhio beffardo non le risparmiava qualche frecciata: "Il suo merito e' al di sopra della sua eta' e del suo sesso e del nostro - scriveva a de Sade - (ma) confesso che è tirannica: per farle la corte occorre parlarle di metafisica quando si vorrebbe parlare d' amore". Ma l'ammirazione era cosi' assoluta che nel 1743 scriveva a d'Argental: "Mi
raccomando Mada(me) du Châtelet e La morte di Cesare (una tragedia di Voltaire): sono due grandi uomini". Cesare uguale alla marchesa? Ma in fondo quello di Voltaire è un concetto anticipatore di tanti dibattiti sull' eguaglianza uomo donna che perdurano ancora. Non c' è mascolinita' nel genio di una donna, ma una sua identita' specifica, e talora cosi' elevata da poterla issare alla stessa altezza dei massimi protagonisti della storia. La passione si interruppe un giorno, quando la signora di Châtelet si gettò nelle braccia dello scrittore Jean-François Saint-Lambert, più giovane di lei di dieci anni, da cui desiderava un figlio. La scienziata voleva diventare madre a tutti i costi. Ma proprio mettendo al mondo il figlio di Saint Lambert, una bambina, Emilie morì di parto, a 43 anni, il 10 settembre 1749. Voltaire diventò folle di rabbia. Come aveva potuto preferire la maternità alla scienza? Diede sfogo al dolore descrivendo, sarcastico, la morte dell'amata in una lettera alla baronessa de Launay: "Lei stava scribacchiando su Newton alla scrivania, secondo la sua lodevole abitudine, dopo le due di mezzanotte, allorché si disse: ma io sento qualcosa... Questo qualcosa era una bambina che venne al mondo più facilmente che non un problema d'algebra". Voltaire trascorse poi il resto della sua vita convivendo con madame Denis, sua nipote, fino al ritorno trionfale a Parigi nel 1778, cui seguì la morte. Quasi sempre lontano dalla Francia (dove, a 25 anni, gli avevano fatto assaggiare i ceppi della Bastiglia) visse, dopo l' esilio in Inghilterra, a Ferney, in territorio svizzero, dove alla fine della vita aveva creato delle scuole per giovani donne. Ne scrisse in Sophronie o 
l' educazione delle giovani. Voltaire detestava l'oscurantismo, il fanatismo, e stigmatizzava soprattutto nella religione musulmana il massimo dell' intolleranza. In Maometto, una delle dodici tragedie di Voltaire, dedicata agli orrori della febbre religiosa dei musulmani, è una donna, Palmira la schiava, che rappresenta la virtù, la tolleranza, simbolo dello spirito e della vera religiosità. Palmira adora Maometto il profeta, ma è innamorata in verità dello schiavo Séide. Il vegliardo Zopie si oppone al profeta cercando di liberare la schiava. Maometto ordina allora di uccidere il vecchio e Palmira stessa incita al crimine il proprio amante perché Maometto le consenta di sposarsi. Ma allorche' il vecchio è ferito, egli rivela al giovane di essere suo padre. A quel punto i due innamorati si ribellano a Maometto che li ha spinti al crimine. E quando il profeta cerca di riconquistare Palmira promettendole un magnifico avvenire, lei lo spedisce all'inferno: "Mostro, i cui furori e perfidi complotti hanno fatto di due cuori innocenti due parricidi". Séide muore avvelenato. Palmira si pugnala, eroica: "Mi inorgoglisco uccidendomi perché un dio più giusto riservi un avvenire ai cuori innocenti". Come ha scritto Giovanni Macchia [...], la tragedia fu ritirata dalla scena per gli interventi dall' alto a cui Voltaire dovette soggiacere. Dopo alcuni mutamenti fu riammessa sul palcoscenico, ma è scomparsa di nuovo e, proprio in questo anno delle celebrazioni voltairiane, a Parigi, si è proibito di rappresentarla: "Ancora oggi è pericoloso toccare Maometto", conclude Macchia. Nell' immenso arcobaleno di donne nell' opera di Voltaire vi è anche un'italiana, Eleonora Fonseca Pimentel, di cui egli ammirava il talento di poetessa e le dedicò, ormai vecchio, una poesia adorabile che comincia così : "Bell'usignolo della bella Italia". L' ho scoperta mentre lavoravo al mio libro, Cara Eleonora, grazie all' indicazione offertami dal grande storico Alfredo [Franco, in realtà] Venturi, ora scomparso. E la metto qui come un suggello a quanto ho detto.

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Emilie dans les mémoires de son valet: un épisode
Sébastien Longchamp
Cependant quelques jours après, au moment où elle était dans son bain, elle sonna ; je m’empressai d’accourir dans sa chambre, ma sœur, occupée ailleurs, ne s’y trouvait point alors. Madame du Châtelet me dit de prendre une bouilloire qui était devant le feu, et de lui verser de l’eau dans son bain, parce qu’il se refroidissait.
En m’approchant, je vis qu’elle était nue, et qu’on n’avait point mis d’essence dans le bain, car l’eau en était parfaitement claire et limpide.
Madame écartait les jambes, afin que je versasse plus commodément et sans lui faire mal l’eau bouillante que j’apportais. En commençant cette besogne, ma vue tomba sur ce que je ne cherchais pas à voir ; honteux et détournant la tête autant qu’il m’était possible, ma main vacillait et versait l’eau au hasard : Prenez donc garde, me dit-elle brusquement, d’une voix forte, vous allez me brûler. Force me fut d’avoir l’œil à mon ouvrage, et de l’y tenir, malgré moi, plus longtemps que je ne voulais. Je n’étais pas encore familiarisé avec une telle aisance de la part des maîtresses que je servais.

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