Paolo Vernaglione
Un'opera che sfida lo spirito dominante del tempo
il manifesto, 29 aprile 2014
A trent’anni dalla scomparsa di Michel Foucault, il suo pensiero
rimane vittima dello spirito dei tempi e la testimonianza della sua
opera fatica a manifestarsi: quando lo fa, nell’epoca dei saperi
asserviti al mercato, non può che essere nella modalità eterodossa
e idiosincratica in cui quel pensiero e quell’opera sono stati
prodotti. Misurare questo scarto è ciò che si propongono i tre
incontri seminariali, il primo dei quali si è svolto lo scorso 28
aprile, e a cui seguiranno le giornate del 5 e del 12 maggio, presso
il Dipartimento di Filosofia della «Sapienza» di Roma (via Carlo Fea
2, aula XI, ore 17,30).
Il titolo dell’iniziativa è Michel Foucault: il presente come eredità (calendario
sul sito «Materiali Foucaultiani» e «SofiaRoney.org»). Relatori
e ospiti sono: Stefano Catucci, Daniele Lorenzini, Orazio Irrera,
Martina Tazzioli e Laura Cremonesi, esponenti di una generazione
di ricercatori che dedica a Foucault la propria volontà di sapere.
Stefano Catucci, professore di Estetica all’Università di Ascoli Piceno, autore di un importante Introduzione a Foucault,
interverrà il 5 maggio per illustrare i rapporti tra potere
e sensibilità nell’opera faucaultiana, nella ricostruzione di un
percorso in cui prassi teorica e teoria della prassi risultano
inscindibili. Ciò che emerge, ormai lontano dalla temperie
culturale dell’ «epoca Foucault», fatta di critica alle
istituzioni di disciplinamento (clinica, famiglia, scuola,
caserma, chiesa), è la forza di soggettivazione che quelle istanze
di contestazione e di ribellione hanno avuto. È quanto metterà in
luce Orazio Irrera, co-direttore di «Materiali Foucaultiani»,
indicando nella critica dell’ideologia il nucleo infuocato da cui si
dipana il pensiero dell’autore di Storia della follìa, Sicurezza, territorio, popolazione, Nascita della biopolitica. I corsi al Collège de France, insieme alla grande e magnifica messe dei Dits et Ecrits (saggi, interviste, interventi), nonché la recente pubblicazione in Francia de La societè punitive
(1972–73), a cura di François Ewald e del compianto Alessandro
Fontana e in Italia del prezioso corso di Lovanio (1981) Mal fare, dir vero,
costituiscono una cospicua «eredità», che fa segno verso il
compito critico (di cui parlerà Laura Cremonesi) che potrebbe
essere acquisito dalle attuali generazioni di studenti
e ricercatori. Si tratta di elaborare un’ontologia del presente non
costretta dai vincoli della specializzazione. Ciò significa
interrogare l’opera di Foucault nei punti in cui è più vicina
all’intervento diretto sulla realtà, nell’azione coercitiva
e criminalizzante sullo «straniero», nelle interruzioni di
confine e nelle soggettivazioni agiuridiche (Martina
Tazzioli), in cui si disloca la maledizione governamentale dei
poteri.
La questione decisiva del nostro presente, dissolto in una
normale precarietà quotidiana, è dunque quella della
soggettività, cioè anzitutto dei modi in cui ci si incarica delle
prese di posizione etiche e politiche nel governo di sé e degli
altri, tema indagato da Daniele Lorenzini. Riconoscere il metodo
archeologico come forma necessaria della critica; scorgere nella
microfisica degli usi del linguaggio il potere di seduzione e di
sovversione del monotono «discorso» del presente; rilevare in spazi
liberati dalla corruzione di sé e del mondo, il divenire altro
della soggettività, sembrano costituire il compito per un futuro
già presente, nell’ a-priori storico in cui si intrecciano storia e metastoria.
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