Luciana Castellina
Ben venga "Hotel Gramsci"
il manifesto, 19 aprile 2014
Ho letto l’appello* che alcuni compagni hanno rivolto al sindaco di Torino per protestare contro l’iniziativa dell’Immobiliare Carlina di intitolare ad Antonio Gramsci l’hotel che la società intende aprire nel vecchio edificio ristrutturato di sua proprietà dove, ai tempi dell’Ordine Nuovo, egli aveva, per breve periodo, abitato. E, nei giorni scorsi, sulle pagine del manifesto, un violento articolo di Angelo d’Orsi in cui attacca l’Istituto Gramsci Torinese per aver deciso di fornire volumi di Gramsci, in italiano e in lingue estere, che andranno collocati in una sala di lettura del nuovo albergo.
Confesso di non capire il senso della polemica.
Certo, anche io, al primo momento, quando ho saputo la cosa, mi sono sentita colpita. Subito dopo ho però pensato che se c’erano tanti alberghi intitolati a Mazzini, Massimo d’Azeglio, Cavour, Garibaldi, non si capisce perché non dovrebbe essercene uno intitolato a Gramsci. Perché Gramsci è comunista e gli altri no? Ma non è forse che è proprio perché Gramsci è comunista che fino ad oggi non c’è stato nessun albergo a lui intitolato? Non è forse bene che anche Gramsci sia ricordato come un protagonista della storia d’Italia, sia pure per via del nome di un albergo?
Vi dirò che l’idea che un turista straniero in visita a Torino arrivi in quel luogo e domandi chi mai era questo Gramsci e ci sia qualcuno che gli risponda che si tratta del più grande leader comunista a me fa piacere. Parere analogo a quello, mi pare, espresso del resto dal nipote, Antonio Gramsci jr, in una recente intervista. Il guaio sarebbe che l’albergo è di lusso? Andiamo! Andrebbe invece meglio se si trattasse di una brutta gargotta?
Che poi ci vorrebbe ben altro per ricordare la figura e l’opera di Gramsci, che né le istituzioni pubbliche e nemmeno quelle politiche di sinistra fanno quanto è necessario, questo è un altro discorso. E forse la storia dell’albergo potrebbe essere una buona occasione per una campagna seria intesa a insistere perché Antonio Gramsci venga ricordato in Italia come si dovrebbe. Questo sarebbe utile, assai più di questa un po’ ridicola crociata.
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In questa brutta vicenda fatta di accuse rivolte a chi vorrebbe sbarazzarsi di un nume tutelare, la finezza e l'eleganza dello stile starebbero
nel rispettare Gramsci per quello che era senza perdersi dietro il culto di una reliquia. Ed è quanto sostiene Luciana Castellina, mi pare. Poi sul destino futuro di Gramsci nella sua Torino ci
sarebbe ancora molto da dire. L'hotel di lusso in tutto questo c'entra assai poco. Si tratta di andare oltre il nome che adorna una facciata, e anche oltre le stanze riservate al museo o alle manifestazioni culturali all'interno di un albergo. Qui la sinistra potrebbe dar prova di slancio progettuale, anziché consumarsi in uno scontro fratricida sull'uso sacrilego di un nome la cui risonanza mondiale per fortuna non è legata alle sorti di un edificio storico - il Regio Albergo di virtù - situato in piazza Carlina a Torino. C'è una statua di Cavour sulla stessa piazza. L'hotel poteva anche chiamarsi Cavour. Si chiamerà - forse - Gramsci. Tanto meglio, per chi apprezza Gramsci.
Giovanni Carpinelli
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* GadLernerblog, 10 aprile 2014
Al Sindaco di Torino Piero Fassino
Un articolo di Repubblica del 6 aprile annuncia che nel palazzo di Piazza Carlina, dove Gramsci visse due anni nel periodo in cui fondò il Partito Comunista, si stanno terminando i lavori di un albergo di lusso, vista Mole Antonelliana. E’ sempre motivo di dolore quando un luogo che custodisce un pezzo del nostro passato diventa il contenitore di qualche altra cosa banale, anziché spazio dove coltivare la memoria collettiva. Ma questa volta il dolore è atroce, perché la banalizzazione investe direttamente uno dei nostri padri, un uomo che ha scritto pagine che ci parlano ancora oggi, un martire che ha pagato con la vita la libertà delle sue idee. In un tempo dove accettiamo che la parola “valorizzazione” da “dare valore” diventi ” ricavare guadagno”, non sappiamo quanti ancora sapranno indignarsi per la possibilità che “Antonio Gramsci” diventi il nome di un Hotel a cinque stelle, ormai troviamo normale qualunque cosa. E ci sembra assai misero il ragionamento di chi regala il suo volto e il suo nome – l’immagine che ci resta di chi non c’è più – per averne in cambio uno spazio dove “organizzare delle piccole riunioni” e “una biblioteca con tutte le opere del filosofo”, di chi considera “una possibilità importante quella data dall’hotel” “che mira a salvaguardare la memoria di Gramsci”.
Ci auguriamo che non la pensino così a Reggio Emilia, dove qualcuno potrebbe proporre di costruire un centro commerciale intitolandolo ai Fratelli Cervi, o ad Amsterdam, dove potrebbero inaugurare una casa di moda dedicandola ad Anna Frank.
E comunque né gli eredi né tantomeno il professore Sergio Scamuzzi,direttore dell’Istituto Piemontese Antonio Gramsci, hanno il diritto di stabilire se intitolare un albergo con piscina a Antonio Gramsci sia un’occasione da non perdere. Gramsci non è loro. Gramsci è di una moltitudine di persone, a partire da quelli che hanno dato la vita per permettere a noi di vivere liberi. Anche se forse non ce lo meritiamo.
Sindaco di Torino, città di lotte operaie e di Resistenza, difendi il nome di uno dei più grandi dei nostri padri.
Edoardo Salzano, Nicola Tranfaglia, Piero Bevilacqua, Vittorio Emiliani, Vezio De Lucia, Paolo Maddalena, Maria Pia Guermandi, Chiara Sebastiani, Giorgio Nebbia, Flavia Martinelli, Paolo Cecchi, Lodovico Meneghetti, Marcello Paolozza, Anna Maria Bianchi Missaglia, Sandro Roggio, Maria Paola Morittu, Stefano Fatarella, Paola Bonora, Franco Mazzetto, Raffaele Radicioni, Giorgio Nebbia [bis], Maria Cristina Gibelli, Giorgio Todde, Piergiorgio Lucco Borlera, Ida Carpano, Guido Viale, Marco Revelli, Ilaria Boniburini, Giuliana Beltrame, Tonino Perna, Tomaso Montanari, Oscar Mancini, Salvatore Settis, Pancho Pardi, Luciano Vecchi, Fabrizio Bottini, Francesco Indovina, Luigi Piccioni, Paolo Ciofi, Domenico Rafele, Gianna Molisani, Erica D’Anna, Paolo Cova, Alberto Ziparo, Paolo Baldeschi
Un articolo di Repubblica del 6 aprile annuncia che nel palazzo di Piazza Carlina, dove Gramsci visse due anni nel periodo in cui fondò il Partito Comunista, si stanno terminando i lavori di un albergo di lusso, vista Mole Antonelliana. E’ sempre motivo di dolore quando un luogo che custodisce un pezzo del nostro passato diventa il contenitore di qualche altra cosa banale, anziché spazio dove coltivare la memoria collettiva. Ma questa volta il dolore è atroce, perché la banalizzazione investe direttamente uno dei nostri padri, un uomo che ha scritto pagine che ci parlano ancora oggi, un martire che ha pagato con la vita la libertà delle sue idee. In un tempo dove accettiamo che la parola “valorizzazione” da “dare valore” diventi ” ricavare guadagno”, non sappiamo quanti ancora sapranno indignarsi per la possibilità che “Antonio Gramsci” diventi il nome di un Hotel a cinque stelle, ormai troviamo normale qualunque cosa. E ci sembra assai misero il ragionamento di chi regala il suo volto e il suo nome – l’immagine che ci resta di chi non c’è più – per averne in cambio uno spazio dove “organizzare delle piccole riunioni” e “una biblioteca con tutte le opere del filosofo”, di chi considera “una possibilità importante quella data dall’hotel” “che mira a salvaguardare la memoria di Gramsci”.
Ci auguriamo che non la pensino così a Reggio Emilia, dove qualcuno potrebbe proporre di costruire un centro commerciale intitolandolo ai Fratelli Cervi, o ad Amsterdam, dove potrebbero inaugurare una casa di moda dedicandola ad Anna Frank.
E comunque né gli eredi né tantomeno il professore Sergio Scamuzzi,direttore dell’Istituto Piemontese Antonio Gramsci, hanno il diritto di stabilire se intitolare un albergo con piscina a Antonio Gramsci sia un’occasione da non perdere. Gramsci non è loro. Gramsci è di una moltitudine di persone, a partire da quelli che hanno dato la vita per permettere a noi di vivere liberi. Anche se forse non ce lo meritiamo.
Sindaco di Torino, città di lotte operaie e di Resistenza, difendi il nome di uno dei più grandi dei nostri padri.
Edoardo Salzano, Nicola Tranfaglia, Piero Bevilacqua, Vittorio Emiliani, Vezio De Lucia, Paolo Maddalena, Maria Pia Guermandi, Chiara Sebastiani, Giorgio Nebbia, Flavia Martinelli, Paolo Cecchi, Lodovico Meneghetti, Marcello Paolozza, Anna Maria Bianchi Missaglia, Sandro Roggio, Maria Paola Morittu, Stefano Fatarella, Paola Bonora, Franco Mazzetto, Raffaele Radicioni, Giorgio Nebbia [bis], Maria Cristina Gibelli, Giorgio Todde, Piergiorgio Lucco Borlera, Ida Carpano, Guido Viale, Marco Revelli, Ilaria Boniburini, Giuliana Beltrame, Tonino Perna, Tomaso Montanari, Oscar Mancini, Salvatore Settis, Pancho Pardi, Luciano Vecchi, Fabrizio Bottini, Francesco Indovina, Luigi Piccioni, Paolo Ciofi, Domenico Rafele, Gianna Molisani, Erica D’Anna, Paolo Cova, Alberto Ziparo, Paolo Baldeschi
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