Caro nonno,
il 25 aprile si avvicina, e come ogni anno ripenso alla tua
storia di operaio comunista, ai tuoi libri con il visto della censura
carceraria che ancora abbiamo in casa, e a quello che è capitato poi
nelle Valli di Lanzo. Mentre molti scappavano, tu sei andato lassù
perché volevi fare "qualcosa di buono nella vita”, come hai scritto in
una bellissima lettera alla nonna. E ci sei riuscito, perché per qualche
mese quelle valli sono state un piccolo pezzo di libertà nell’Italia
devastata dai tedeschi e dai fascisti, e qualcuno ancora si ricorda di
te e della tua speranza di tornare un giorno a Torino per costruire un
mondo nuovo.
Dicevi
ai giovani garibaldini che sareste scesi in città di sabato. Ma quel
sabato non l’hai visto, nonno, perché ti hanno fucilato prima. E oggi io
sono qui a chiedermi che ne è stato del paese libero che tu e tanti
altri ci avete regalato, e che avremmo dovuto conservare con la cura
che si riserva alle cose preziose.
La
nostalgia non c’entra. Oggi sappiamo che la realizzazione pratica del
socialismo in un solo paese era costata troppe lacrime e troppo sangue
per poterla considerare un valido modello. Ci consideriamo fortunati per
essere nati al di qua del muro. Possiamo permetterci di rileggere la
storia ad uso e consumo delle nostre ben pasciute esistenze, con quel
senno di poi che è un lusso permesso soltanto ai ricchi della Terra. A
me piace pensare che già allora tu avessi qualche dubbio, visto che un
solerte burocrate dell’apparato comunista aveva provveduto ad annotare
sulla tua scheda, accanto agli elogi per l’ attività di comandante
partigiano, un velenoso appunto sulla tua simpatia per Trotsky, l’uomo
che, dopo aver fatto la rivoluzione, era stato anche capace di vederne i
limiti e i pericoli. Ma la sostanza non cambia, nonno. E la sostanza è
che nel momento decisivo, quando si trattava di scegliere da che parte
stare, tu hai scelto, e hai scelto bene, perché dall’altra parte c’erano
Hitler, Mussolini e quei “ragazzi di Salò” che piacciono tanto ad
alcuni presunti saggi dell’attuale sinistra, ma non per questo erano
meno efferati nel deportare, nel torturare e nell’uccidere.
A
volte mi chiedo che cosa avrei fatto io al tuo posto. Se avrei avuto il
tuo stesso coraggio. Se me la sarei sentita di abbandonare casa e
famiglia per salire in montagna a combattere. E la risposta è sempre
la stessa: non lo so, un po’ per colpa mia, e molto perché sono figlio
di questa società, dove le alternative sembrano meno radicali e i
contrasti, che pure esistono, meno violenti. Un paese dove la
irresponsabilità è diventata sistema e nessuno paga per le sue scelte,
anche quando sono ignobili. Un paese dove tutto è diventato spettacolo, i
comportamenti non contano e le parole hanno perso il loro significato,
tanto che siamo arrivati a chiamare la guerra “missione umanitaria”.
Dunque non c’e’ da stupirsi se il palcoscenico appartiene ai guitti, a
chi è in grado di ammaliare una opinione pubblica sempre più
frastornata e incapace di distinguere il bene dal male.
Non
eri andato oltre la scuola elementare, nonno, ma da autodidatta avevi
scoperto i classici della letteratura, l’astronomia, la musica.
L’avresti detto che nell’Italia del ventunesimo secolo due terzi dei
cittadini non sarebbero stati in grado di capire un semplice testo
scritto? Ai tuoi tempi era anche peggio, però nella classe dirigente
uscita dalla guerra, forgiata da anni di opposizione al fascismo e dai
pericoli della clandestinità, non c’erano nani e ballerine. Lo sappiamo:
qualcuno usava i dollari degli americani, qualche altro l’oro di
Mosca. Ma alla fine tutti insieme, comunisti, democristiani, socialisti,
azionisti, liberali, con la forza della passione e delle idee, seppero
costruire un edificio comune che adesso sta andando in frantumi sotto
il peso degli interessi individuali, delle ambizioni personali, della
volgarità e del profitto fine a se stesso.
Per ricostruire quell’edificio, nonno, ci vorrebbe gente come te. Ma oggi, forse, non saresti persona gradita.
Battista, che porta con orgoglio il tuo nome.
Battista Gardoncini
Giornalista. Si occupa di scienza e di montagna. Ama i cani, la vela e
gli scacchi. Gli piacciono le vecchie macchine fotografiche, e ha una
passione non corrisposta per la politica
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