venerdì 3 maggio 2013

Lucrezio, De rerum natura

  







La fede nella ragione


 nam vel uti pueri trepidant atque omnia caecis
Infatti come i fanciulli nelle tenebre temono
in tenebris metuunt, sic nos in luce timemus
e hanno paura di tutto, così nella luce noi talvolta
inter dum, nihilo quae sunt metuenda magis quam
temiamo cose che non sono affatto più spaventose
quae pueri in tenebris pavitant finguntque futura.
di quelle che i fanciulli paventano nelle tenebre immaginandole imminenti.
Hunc igitur terrorem animi tenebrasque necessest 
Questo terrore dell’animo, dunque, e queste tenebre occorre
non radii solis neque lucida tela diei 
che siano dissipate non dai raggi del sole o dai lucenti
discutiant, sed naturae species ratioque. 
dardi del giorno, ma dalla visione e dalla scienza della natura.



De rerum natura, libro II, 54-61
(traduzione di Luca Canali)

E come i fanciulli vedon di notte atterriti
nel vuoto dell'ombra fantasmi di gelide ali
e ne fingono altri in cammino per l'aria,
così nella luce tremano gli uomini
di cose più esigue dell'ombre. Né valgono
i raggi del sole a sperder le tenebre
e questo terrore dell'animo, ma solo 
lo studio del vero, ma solo la luce 
della ragione.
(traduzione di Enzio Cetrangolo)

Lucrezio razionalista? Non proprio, o non solo. Lucrezio ha in sé qualcosa di arcaico e barbarico, pur nella spregiudicata rivoluzione razionalista che il De rerum natura rappresenta sulle orme di Epicuro: questo pensa Luca Canali in particolare. L’importanza che il poeta assegna al tema della morte, la capacità sua di suscitare il sentimento del sublime, la stessa cura nel delineare la possibilità del clinamen, con l’atomo che non segue una traiettoria obbligata, e ancora la rappresentazione dell’amore nel De rerum natura sono segni di un atteggiamento più aperto verso la molteplicità del reale e verso l’intreccio costitutivo della vita. (Giovanni Carpinelli)







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