UNA TESTIMONIANZA
Nel momento in cui si sprecano sui media le commemorazioni di Giulio Andreotti, ci può essere posto anche per un piccolo, ma a mio parere emblematico, ricordo personale del “divo Giulio”. Alcuni anni fa ero venuto a conoscenza del fatto che l’ex leader democristiano possedeva nel suo mitico archivio personale alcuni documenti di provenienza vaticana di grande interesse ai fini di una mia ricerca su Umberto Terracini che muoveva allora i suoi primi passi. Si trattava di una documentazione attestante una trattativa risalente all’autunno del 1927 tra lo Stato sovietico e il governo italiano, con la mediazione del Vaticano, volta ad ottenere la liberazione di Terracini e Antonio Gramsci dalle carceri fasciste.
Ben sapendo quanto fosse
difficile accedere agli archivi vaticani, decisi di rivolgermi direttamente al
senatore a vita, pur non avendo mai avuto in precedenza alcun rapporto con lui,
sperando che la sua fama di persona abituata a rispondere a qualsiasi
interlocutore fosse vera.
Gli scrissi pertanto una
lettera, indirizzata direttamente a Palazzo Madama, nella quale gli chiedevo se
sarebbe stato così cortese da inviarmi una copia di questi documenti. Dopo poco
più di una settimana ricevetti un plico contenente le carte che avevo
richiesto, accompagnate da un breve messaggio personale scritto a mano, nel quale il più volte presidente del Consiglio si
dichiarava felice di potermi aiutare e mi augurava buon lavoro.
Va detto che analoghe
sollecitazioni rivolte ad ambienti riconducibili alla sinistra siano andate o
del tutto a vuoto, o si siano concretizzate solo dopo l’intervento dei soliti
“amici degli amici” (forse sarebbe più corretto definirli “compagni dei
compagni”…).
In questa occasione Giulio
Andreotti mi ha dato una piccola ma significativa lezione su come si gestisce
un sistema di potere, qualità nella quale eccelleva più di ogni altro: mai
ritenersi troppo in alto da non degnarsi di dare udienza a chiunque…
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