Giulia Ferrario
Come tigre in gabbia: prosegue la mobilitazione dei bibliocooperativisti torinesi
Nuova Società, 20 maggio 2013
Terzo giorno di sciopero "selvaggio, ma pacifico", come loro stessi tengono a sottolineare, dei lavoratori e le lavoratrici che si sono organizzati contro i licenziamenti decisi da Coop Culture di Torino. In giornata odierna alle 11 i bibliocooperativisti si sono dati appuntamento nell'atrio Palazzo Nuovo per un'assemblea nella quale hanno ribadito le ragioni della mobilitazione e hanno deciso e annunciato le prossime mosse. Dopodiché si sono mossi in corteo fino alla sede della cooperativa, in via Sant'Anselmo 6, per esporre nuovamente le proprie rivendicazioni.
Filo conduttore di tutti gli interventi in assemblea, il rifiuto categorico di quella che nel volantino intitolato "Like a tiger in a cage" ("Come tigre in gabbia"), definiscono brutalità del licenziamento, affiancata alla brutalità dell'essere lavoratori esternalizzati, e a quella dello smantellamento dei servizi universitari, dal taglio delle borse di studio alle oggettive deficienze strutturali e organizzative del nuovo campus universitario. L'intervento di Franco Bungaro, bibliotecario organico dell'Università, fornisce ulteriori strumenti per comprendere la situazione. Interpreta la posizione dell'ente accademico: «La proroga decisa in sede di CdA è una proroga effettiva, per cui di fatto i licenziamenti non avrebbero alcun fondamento. Oltretutto – aggiunge - alla domanda postale dai responsabili dell'Università se intenda proseguire o meno nel rapporto di appalto, Coop Culture ha risposto positivamente, in netta contraddizione con i licenziamenti!».
Università e cooperativa, in buona sostanza, si rimpallano le responsabilità. «Ma se quelle della Coop Culture - secondo il rappresentante sindacale Stefano Capello - sono evidenti, e stanno nell'aver deciso arbitrariamente e senza concertazione il licenziamento in tronco di 33 lavoratori che in quanto tali sono anche soci della cooperativa stessa, a fronte di un contratto d'appalto che invece è stato ufficialmente rinnovato, non bisogna sottovalutare le responsabilità dell'Università – ribadisce Andrea Guazzo, uno dei biblocooperativisti licenziati - da anni non vengono indetti concorsi per permettere l'assunzione di bibliotecari, ma la quasi totalità del servizio è esternalizzata, delegata alle cooperative che sostanzialmente funzionano da mediatori, per cui i lavoratori si vedono costretti a una condizione precaria e a essere per questo continuamente ricattabili».
La solidarietà già raccolta nei giorni scorsi tra studenti e dipendenti di altre cooperative si sta estendendo a tutto il personale universitario e agli utenti, che si vedono depauperati di un servizio indispensabile. Interviene Germana Berlantini, studentessa di Palazzo Nuovo: «siamo solidali con i lavoratori in lotta perché non condividiamo l'atteggiamento di Coop Culture e Università nei loro confronti, ma anche perché ci sentiamo direttamente coinvolti, anche noi vittime del progressivo smantellamento e della riduzione della dei servizi per cui continuiamo a pagare le tasse. Ci troviamo costretti a gestire noi stessi le biblioteche chiuse dall'Università, come la Ruffini, e a rinunciare a ore di studio o ricerca perché quelle aperte hanno orari ridotti rispetto al passato, come la Bobbio, nel nuovo campus, che chiude al pubblico alle 18». Dello stesso segno gli interventi successivi, di studenti e di lavoratori del sociale, anch'essi assunti tramite cooperativa e perciò precari e in mobilitazione quasi perenne.
Il prossimo appuntamento è per domani alle 11 per un corteo che partirà dal novo campus e arriverà in Rettorato dove si trasformerà in un presidio in occasione della riunione del Senato Accademico, «in cui - ci dice il professor Enrico Pasini, rappresentante del Dipartimento di Filosofia che incontriamo prima dell'inizio dell'assemblea - mi preoccuperò di portare la questione all'attenzione del Senato, in modo che esca una posizione chiara e univoca per voce del Prorettore che possa sollecitare la risoluzione della faccenda». «L'Università – aggiunge – deve lavorare nell'ottica di ampliare il servizio e quindi la richiesta di personale o monte ore, non certo in senso opposto».
Resta da augurarsi che si trovi il modo di non far pagare ai lavoratori le questioni tra cooperativa e università.
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... i licenziamenti sono stati poi ritirati.
Alessandro Ferretti
I licenziati sono soci di una delle due cooperative che forniscono il servizio di reference delle 49 biblioteche dell’Università di Torino: stanno al bancone, accolgono gli utenti e porgono i libri. UniTo ha da anni appaltato il servizio (rimettendoci dei soldi): oltre ai 33 dipendenti di CoopCulture ci sono altri 39 esternalizzati.
Tra i licenziati ci sono persone che lavorano per la cooperativa da 15 anni: hanno famiglie, spese e affitti da pagare. Nella lettera di licenziamento si legge che le “condizioni economiche … attuali non consentono all’azienda l’equilibrio economico della gestione”. Una storia simile si ripete ogni anno, al rinnovo dell’appalto. Il lavoratore esternalizzato è il vaso di coccio tra un’azienda che vuole massimizzare i profitti e un’università che vuole risparmiare, ma stavolta è peggio: mai si era arrivati al licenziamento in tronco di massa.
La notizia è una mazzata violenta, ma stavolta cade su un’incudine davvero dura. I bibliocoop in anni di precarietà hanno imparato che, rimanendo uniti e agendo insieme, sopravvivere alle incertezze della loro condizione è possibile. Due anni fa si sono mobilitati in massa contro i licenziamenti di tre colleghi e sono riusciti a sventarli con scioperi partecipati, coinvolgendo la comunità universitaria ed evitando la riduzione degli orari di apertura delle frequentatissime biblioteche.
E così, alla mazzata fa seguito una reazione decisa e immediata. Giovedì stesso viene indetto uno sciopero a oltranza, fino al ritiro di tutti i licenziamenti. Il giorno dopo, venerdì 17, c’è il tracollo del sistema: le biblioteche sono praticamente tutte chiuse. Oltre a tutti i 33 licenziati hanno scioperato anche la grande maggioranza dei lavoratori dell’altra cooperativa; i bibliotecari dipendenti diretti dell’università sono solidali e non estendono le loro mansioni per mettere una toppa sui disservizi. Pure le copisterie intorno alle sedi universitarie notano che è successo qualcosa di strano: nessuno è andato a fare fotocopie!
Gli scioperanti non stanno però certo a casa a far flanella. Si ritrovano alle 9 alla sede CUB (molti dopo una notte in bianco), discutono e decidono di dirigersi, con un corteo improvvisato, alla sede torinese della Coop Culture. Contattata sul posto, la sede centrale veneziana rifiuta di ritirare i licenziamenti. I bibliocoop si dirigono quindi alla divisione bibliotecaria di UniTo, l’altra morsa della tenaglia, che si dice subito disponibile a cercare ogni soluzione per garantire la continuità lavorativa.
I bibliocoop fanno il punto in un’assemblea nei locali della divisione. A parlare sono persone comuni, che hanno imparato sulla loro pelle la vulnerabilità della condizione di esternalizzato, ma sono consapevoli della propria professionalità e dell’importanza del lavoro che svolgono. Arrivano anche studenti dei collettivi e altri solidali: dopo un po’ il locale non contiene tutti e si va a parlare in strada. Alla fine si conferma lo sciopero, discutendo la situazione in assemblea il lunedì seguente insieme a ricercatori, precari e studenti.
Dopo un inquieto weekend, alla fine dell’assemblea gli scioperanti vanno in corteo al Rettorato dove è in corso una seduta del Senato Accademico. Viene diffusa la notizia che CoopCulture avrebbe ritirato i licenziamenti, ma non c’è nessuna comunicazione ufficiale al riguardo. Le biblioteche rimangono chiuse o con orari fortemente ridotti; ogni giorno i bibliocoop diffondono aggiornamenti della situazione. Studenti, docenti e precari non se la prendono con gli scioperanti per il disservizio e in molti si mostrano partecipi.
Il giorno dopo nuovo corteo dal Campus Einaudi fino in Rettorato per “intervenire” dall’esterno alla seduta del CdA. Finalmente arriva una notizia positiva: il CdA decide che i prossimi appalti del servizio avranno durata triennale, dando più continuità al servizio e più serenità ai lavoratori. Spunta anche l’ipotesi di cancellare subito 30 licenziamenti e mantenerli solo per 3 persone, ma il rifiuto è netto: tutti al lavoro o nessuno al lavoro.
Mercoledì i precari del CPUniTo, che conoscono appieno il dramma della precarietà, mostrano la loro solidarietà in modo tangibile: devolvono 500 euro (prendete esempio!) al fondo cassa di solidarietà per gli scioperanti. Infine, la perseveranza viene premiata: al quinto giorno di sciopero, ieri pomeriggio Coop Culture ritira tutti e 33 i licenziamenti.
Don Gallo se n’è andato più o meno in quello stesso momento. Penso che gli avrebbe fatto piacere conoscere questa piccola storia piena di voglia, di lotta, di speranza e di dignità. Questo articolo è dedicato a lui e a Beppe Ambare: un grazie per tutto e un abbraccio, spero che stiate già facendo amicizia.
Torino, l’Università che resiste: bibliotecari rispediscono i licenziamenti al mittente
Il Fatto quotidiano, 23 maggio 2013
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