La Francia volta pagina
Con una semplice mossa, Jean-Luc Mélenchon ha dato scacco matto all'inquilino dell'Eliseo. La Quinta repubblica non è più quella di una volta. Il baricentro del sistema politico sembra ormai essere l'Assemblea nazionale, il Palais Bourbon. Con buona pace dei presidenzialisti più ingenui.
Mélenchon politico: una abile mossa tattica
Nathalie Segaunes, Nomination du premier ministre : Emmanuel Macron pris au piège de sa propre stratégie face à la gauche, Le Monde, 26 agosto 2024
Tel est pris qui croyait prendre. En accueillant, vendredi 23 août, les
forces politiques à l’Elysée, Emmanuel Macron, au-delà de l’image
d’œcuménisme républicain qu’il entendait donner à sa rentrée politique,
avait un objectif : s’assurer que Lucie Castets, candidate du Nouveau
Front populaire (NFP) pour Matignon, nommerait des ministres issus de La
France insoumise (LFI). Ce qu’elle lui a confirmé, sans surprise. Puis
faire dire à chacune des autres forces politiques représentées au
Parlement qu’elles censureraient immédiatement un gouvernement Castets
comprenant des ministres « insoumis ».
... Conditionner la nomination de Lucie Castets à l’absence de ministres LFI était ... une erreur, que le leader de la gauche radicale n’a pas tardé à exploiter. L’ancien premier ministre Edouard Philippe, qui avait refusé, vendredi, dans un premier temps, de censurer un gouvernement Castets du simple fait de la présence de ministres LFI, au motif qu’on ne « censure pas un parti sur son étiquette, mais sur ses propositions », ne l’aurait sans doute pas commise.
Embarrassés, ni l’Elysée ni le parti présidentiel n’ont répondu à Jean-Luc Mélenchon durant le week-end. Alors qu’il pensait pouvoir lever l’hypothèque du gouvernement Castets en deux journées de consultations, Emmanuel Macron devra justifier auprès des Français plus sérieusement qu’il n’avait envisagé de le faire la mise à l’écart du NFP, arrivé en tête aux élections législatives des 30 juin et 7 juillet. L’affaire est d’autant plus délicate pour lui qu’il n’a pas su faire émerger, depuis le mois de juillet, une alternative à Lucie Castets. Des noms ont été donnés en pâture par l’Elysée pour faire patienter l’opinion, des personnalités ont fait campagne en coulisse pour se signaler à l’attention du chef de l’Etat, mais aucune démarche sérieuse n’a été entreprise.
Giansandro Merli, Piano C di Mélenchon: «Rinuncio ai ministri». Macronisti spiazzati, il manifesto
C’è uno spettro che si aggira nell’anfiteatro strapieno dove Lucie Castets sta per intervenire davanti al popolo insoumis per la prima volta da candidata del Nuovo fronte popolare (Nfp): davvero Jean-Luc Mélenchon è disposto a sostenere un governo delle sinistre senza la partecipazione diretta della sua forza politica?
Un paio d’ore prima – a pochi metri da qui sempre nell’ambito di Amfis, l’università estiva del partito – il «tribuno» è andato in diretta tv su Tf1 e ha lanciato una sfida a macronisti e destra. Ha chiesto loro se si impegnerebbero a non votare la sfiducia di un esecutivo guidato da Castets senza ministri della France Insoumise (Lfi), permettendo così di applicare il programma del Nfp.
La dichiarazione è stata immediatamente rilanciata dagli altri leader della coalizione – Olivier Faure per i socialisti, Marine Tondellier per i verdi e Fabien Roussel per i comunisti – che hanno attaccato il campo presidenziale: il pretesto della presenza degli insoumis non c’è più, attendiamo la risposta di chi vuole sbarrare a ogni costo la strada al Nfp, Macron è davanti alle sue responsabilità. Le parole di Mélenchon hanno colto di sorpresa molti dirigenti e militanti insoumis, che infatti hanno espresso opinioni divergenti sulla proposta.
IL DUBBIO SE SIA una mossa per far scoprire le carte agli avversari o un’offerta concreta resta. Non viene chiarito neanche durante l’evento con Castets: con maestria la questione è nominata ma senza approfondirla. A condurre c’è Manon Aubry, eurodeputata Lfi e presidente del gruppo della Sinistra europea a Strasburgo. Vestita rosso fuoco, si comporta da mattatrice: per la determinazione con cui mette i concetti sul tavolo, anche quelli controversi, ma soprattutto per il modo di coinvolgere la platea.
Questo non è solo un comizio di Castets, è il modo di saldare un legame tra la candidata del Fronte e gli insoumis. Da un lato facendo conoscere meglio l’attuale direttrice delle finanze del Comune di Parigi ai militanti: vengo da una famiglia di sinistra ma «non tutta di funzionari statali», dice lei. «Da piccola volevo fare il pompiere, non conoscevo Sciences Po, né l’École nationale d’administration», aggiunge quasi a giustificare di aver seguito il percorso formativo della classe dirigente francese.
Dall’altro lato, però, l’evento serve anche a vincolare Castets a un patto di fiducia con la base della sinistra radicale. Facendole sentire il calore di cui è capace, quando Aubry invita il pubblico ad alzarsi e scandire il suo nome, e chiamandola a rispondere a una delle domande anonime che arrivano su dei foglietti di carta, non si sa quanto casualmente, che dice: «Possiamo contare su di te?». La risposta è scontata.
MENO SCONTATA è la nettezza con cui Castets racconta di aver affrontato il presidente della Repubblica Macron nell’incontro con i partiti dell’altro ieri. «Gli ho ricordato che 34 dei suoi deputati sono stati eletti grazie alla desistenza nei collegi del Nfp. Gli ho detto che il nostro metodo è la fedeltà al programma con cui ci siamo presentati agli elettori. Gli ho spiegato che il suo disprezzo brutale verso l’esito del voto, il parlamento e i corpi intermedi fa il gioco dell’estrema destra». Piovono applausi.
Castets dice chiaramente che non esistono ipotesi di coalizioni di governo più larghe del Nfp: sinistra, centro e destra non sono uguali; vogliamo ristabilire la «divisione ideologica» tra gli schieramenti perché abbiamo obiettivi diversi. Parla di quella «divisione» che in altri paesi si è persa con i governi tecnici, di grande coalizione o con l’adesione del centro-sinistra all’agenda neoliberale. La candidata promette che l’allargamento alle altre forze politiche sarà cercato sui temi, sulle proposte di legge. «Chi non vuole il ritiro della riforma delle pensioni? Chi non è d’accordo ad aumentare i salari di infermieri e insegnanti? Chi è contrario a tassare i super ricchi? Vogliamo chiederlo ai parlamentari. Qualcuno voterà con noi, gli altri ne risponderanno davanti agli elettori».
È questo il cuore della strategia del Fronte per governare in minoranza: scoprire le carte degli avversari su provvedimenti che hanno un consenso sociale molto ampio. Il «programma di rottura» è anche lo strumento con cui contano di togliere terreno all’estrema destra. Ed è quello che le altre forze politiche non possono accettare.
Il primo a rispondere a Mélenchon è Bruno Retailleau, capo dei senatori dei Repubblicani, che dichiara: «Per noi è no ai ministri Lfi e no a un programma ispirato da Lfi». Nel campo macronista, per ora, tutto tace. «Rifiuteranno, noi siamo il pretesto, il loro problema è il programma», dichiara l’importante deputato insoumis Éric Coquerel che, interrogato dal manifesto, non chiarisce cosa farebbe il suo partito se il campo presidenziale accettasse davvero di non votare la sfiducia a un governo senza melenchoniani.
INTANTO LA MOSSA del leader della sinistra radicale è quasi uno scacco matto per le correnti minoritarie del Partito socialista che vorrebbero rompere il Fronte e allearsi con il centro: farlo adesso significherebbe tradire esplicitamente il programma, senza scuse sulla presunta «irresponsabilità» della France insoumise.
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