Qual è la prima e più vistosa conseguenza della “prevalenza del cretino”?
F&L Sono saltati i normali parametri del giudizio:
politici, metodologici, settoriali. Nessuno funziona più. Si è costretti
a fare aggiustamenti tutti i giorni. La misurazione della gente è la
base della vita quotidiana, ma adesso come si fa? Che cosa collega
questa serie di disastri che ci stanno intorno? Noi rispondiamo che è il
cretino, il quale ha finalmente assunto il suo volto autentico di
cretino orizzontale, nel senso che attraversa indiscriminatamente ogni
categoria sociale.
A parte quelli che nascono cretini, c’è anche un modo per diventarlo?
F&L Finché uno sta nei suoi limiti, non è mai un
cretino. Purtroppo, accade come per i peccatori: se non c’è tentazione,
non peccano. Invece il mondo si è organizzato in modo che la tentazione
di diventare cretini sia perpetua. Non c’è più selezione, non c’è più
senso del limite, e il cretino è uno che non vede i suoi limiti.
Stupido e cretino sono la stessa cosa?
F&L Assolutamente no. Per lo stupido vale la
definizione di Schopenhauer: è colui che non sa riconoscere la relazione
fra causa ed effetto. Invece il cretino, il “post stupido”, nega che ci
sia relazione tra causa ed effetto.
Esistono diverse tipologie di cretino?
F&L Il nostro volume tenta una classificazione per
temi della vasta materia: il cretino nella scuola, il cretino in viaggio
e in vacanza, il cretino nella pubblica amministrazione, il cretino in
politica, il cretino intellettuale, il cretino mass-medianico, il
linguaggio del cretino, ecc. Un capitolo riservato alle donne ci ha
portati alla curiosa scoperta semantica che dire: “è una cretina” non
ha, misteriosamente, lo stesso significato sferico, irrevocabile, che
dire: “è un cretino”.
Un sinonimo per “cretino”?
F&L Per definire gl’imbecilli, non certo rari
neanche allora, i vecchi piemontesi usavano un vivace accoppiamento di
parole: quello, dicevano, è una fiera ciula. Dove “fiera” stava
per “cospicua”, “eccezionale”, “ammirabile nel suo genere”, come
registra il Tommaseo. Nessuno poteva immaginare che col tempo sarebbe
cresciuta una varietà di ciula letteralmente, impudicamente,
disastrosamente fiera di esserlo.
Il contrario di “cretino”?
F&L Pensiamo a volte che il contrario di cretino non sia “intelligente” ma “sobrio”, nel senso di non ubriaco.
Ritenete esaurito il vostro compito?
F&L E come sarebbe possibile? Il terreno è
vastissimo e in gran parte inesplorato, i meccanismi sono ancora ignoti.
Bisognerebbe studiare il cretino come Konrad Lorenz studia le sue oche.
Per la comune salvezza s’impone una nuova branca del sapere: la
cretinologia.
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Massimiliano Panarari, Perché è scomparsa la razionalità e l'opinione pubblica è diventata emotiva, La Stampa, 19 agosto 2024
... l'overdose mediale generata dal web ha sostituito l'"emozione pubblica" all'opinione pubblica ...
Denis Collin, Libre comme Spinoza. Une introduction à la lecture de l’Éthique (Max Milo Éditions, 2014)
«Si può vedere in questo pensiero dell’impotenza umana una traccia
dell’idea greca che sottomette l’uomo all’ordine dell’universo e
condanna le pretese umane di sfuggire a tale ordine, condanna la
dismisura, ciò che i Greci consideravano come il solo vero peccato –
ricordiamo che il ’conosci te stesso’ significa prima di tutto: ’conosci
la tua propria misura’. Qui si può anche vedere una prefigurazione di
alcune correnti del pensiero moderno, le quali condannano la folle
pretesa umana di dominare la natura».
Carlo Invernizzi Accetti, Così la politica delle emozioni può vincere su paura e rabbia, La Stampa, 22 agosto 2024
Un registro emotivo alquanto inusuale per
la politica odierna permea la campagna elettorale di Kamala Harris per
la presidenza degli Stati Uniti: la gioia. Già nel suo primo comizio da
candidato vicepresidente, l'attuale governatore del Minnesota Tim Walz
esordiva ringraziando Harris per aver «riportato la gioia» in questa
competizione.
Successivamente, nelle
loro molteplici apparizioni congiunte, i due si sono spesso descritti
come «guerrieri gioiosi» ["guerriera gioiosa" è stata anche definita Kamala dal marito Douglas] determinati ad aprire nuovi orizzonti alla
politica americana. E il clima alla convention del partito democratico
di questi giorni è quello di una festa, come se la coscienza di aver
riaperto i giochi in vista delle elezioni di novembre costituisse già di
per sé una vittoria.
Il contrasto
con i sentimenti a cui fa appello la campagna di Donald Trump non
potrebbe essere più netto. La paura, prima di tutto. Paura
dell'immigrazione, della criminalità, di un presunto radicalismo del duo
Harris-Walz, ma anche di un percepito declino nel prestigio
internazionale degli Stati Uniti a cui fa riferimento lo slogan Make
America Great Again.
E poi la rabbia.
Rabbia nei confronti delle élite liberali, considerate colpevoli di
questo declino, ma anche per un loro presunto atteggiamento sprezzante
verso gli strati della popolazione che costituiscono lo zoccolo duro del
trumpismo: i cosiddetti forgotten men delle zone periurbane e lontane
dalle due coste, di cui JD Vance tesse le lodi nella sua elegia del
mondo rurale statunitense, la Hillbilly Elegy.
Sembra
quindi che queste elezioni si giocheranno sul piano delle emozioni,
prima ancora che su quello delle politiche di governo. Ci sono
ovviamente anche differenze significative nei programmi dei due
principali contendenti. Trump promette di abbassare le tasse, di far
scendere i prezzi rilanciando l'estrazione petrolifera e di dispiegare
l'esercito per riportare ordine al confine e nelle zone più degradate
del Paese.
Harris punta invece su
un'estensione dei programmi di redistribuzione sociale, attraverso aiuti
diretti alle famiglie bisognose, e addita le grandi imprese come
responsabili principali dell'inflazione, promettendo implicitamente
regolamentazioni più stringenti.
Ma è
noto che gli elettori americani sono poco e male informati rispetto a
queste differenze, soprattutto laddove conta. Coloro che si interessano
dei contenuti delle policies proposte, nella maggior parte dei casi,
hanno comunque già deciso per chi voteranno – e si dividono grosso modo
in due campi di uguale dimensione. Sono invece gli elettori più
suscettibili alla mobilitazione emotiva, e che hanno bisogno di uno
stimolo in più per andare a votare, quelli che potrebbero fare la
differenza.
Vale quindi la pena
riflettere sui punti di forza e di debolezza della "strategia della
gioia" di Harris e Walz contro la politica della paura e della rabbia di
Trump e Vance. Nella parte del suo trattato sull'Etica dedicata agli
affetti, Baruch Spinoza sostiene che le passioni umane possono essere
contrastate solo da altre passioni, in quanto la ragione è impotente
contro questa parte della nostra anima.
Questo
è stato senz'altro uno dei punti di debolezza della campagna per la
rielezione di Joe Biden, inizialmente incentrata sui successi della
Bidenomics e in seguito ricaduta su una difesa dell'ordine istituzionale
dalla minaccia autoritaria inerente al trumpismo. Se l'intuizione di
Spinoza è corretta, ragione e sobrietà possono poco contro la paura e la
rabbia.
Lo confermano anche i primi
risultati positivi dell'iniezione di ottimismo operata da Harris e Walz:
secondo la maggior parte dei sondaggi, i due avrebbero già recuperato
il distacco di cui godeva Trump nei confronti di Biden. In alcune
circoscrizioni cruciali – come per esempio il Michigan, il Wisconsin e
la Pennsylvania – sarebbero addirittura in vantaggio di qualche punto.
Con
il cambio di registro emotivo c'è quindi stato anche un cambiamento
reale nelle prospettive di successo del partito democratico. Ma mancano
mesi alle elezioni di novembre e quanto può durare una mobilitazione
collettiva basata sulla gioia?
Se lo
chiedeva già implicitamente Niccolò Machiavelli, nel suo trattato Il
Principe, quando poneva la famosa domanda se fosse più opportuno per
colui che aspira a governare gli altri essere da loro amato o temuto.
Dovendo scegliere, Machiavelli consiglia di optare per il timore, perché
le emozioni "affermative" – come per esempio l'amore o la gioia – sono
effimere e quindi meno affidabili.
Spinoza
è meno pessimista, in quanto concepisce la gioia come "coscienza del
proprio potere" e quindi come ingrediente essenziale per rendere
efficace ogni azione. La paura e la rabbia sono invece per lui passioni
"tristi", che tendono più all'annichilimento che alla mobilitazione.
Del
resto, nemmeno la storia permette di prevedere con certezza quale
registro emotivo abbia più probabilità di successo in uno scontro
diretto tra gioia e speranza da un lato e paura e rabbia dall'altro. Nel
passato remoto e recente troviamo esempi di grandi mobilitazioni
collettive basate su entrambe i registri: le rivoluzioni liberali e
democratiche d'inizio modernità, ma anche i movimenti studenteschi e per
i diritti civili degli anni sessanta e settanta del secolo scorso, dal
lato della gioia e della speranza. Dal lato della paura e della rabbia,
invece, le contro-rivoluzioni conservatrici che hanno fatto seguito alla
maggior parte di queste mobilitazioni.
Forse
allora il risultato alle prossime elezioni presidenziali statunitensi
non dipenderà tanto dal contenuto delle emozioni messe in campo ma dalla
loro intensità, cioè dalla capacità di ciascun candidato di far
prevalere il suo registro emotivo su quello dell'altro.
Ciò significa che è ancora troppo presto per prevedere chi vincerà, ma almeno ora si combatte ad armi pari. —
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