Un guscio spinto dal vento, finito,
ma la luce canta eterna
fuoco fatuo su paludi
dove l’alga sussurra al mutar della marea.
°°°
Eugenio Montale, Barche sulla Marna, Le Occasioni 1928-1939
alla corrente
Voci sul fiume, scoppi dalle rive,
interminato giorno che rifonde
era silenzio altissimo nel grido
La sera è questa. Ora possiamo
scendere fino a che s’accenda l’Orsa.
Il pessimismo è trasparente, la poesia è marcata, nelle sue strutture portanti, da un richiamo al vuoto, non ci sono dubbi. Questo è forse il Montale più leopardiano che è dato incontrare ("il momento di leopardismo più organico in Montale", Mengaldo). Il viaggio in barca o lo scorrere del fiume sono metafore della vita che va verso il nulla. Non è però questo l’unico filo conduttore del discorso. C’è uno splendido idillio iniziale e in chiusura della terza strofa prende forma una immagine della felicità niente affatto giocata sull’esplosione del desiderio, come avveniva in Baudelaire, ma più contemplativa e estatica. “Il sogno è questo”… è una espressione perfetta dell’armonia con il mondo: occorre di rado, nella vita, ma quando si palesa converte il presente immediato nell’eterno. (Giovanni Carpinelli)
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