Alessandra Farkas
Ci salveranno i camionisti
intervista a Camille Paglia
Corriere della Sera, La Lettura, 3 novembre 2013
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Sta dicendo che la nostra arte è minacciata e che nessuno si sta organizzando per difenderla?
«L’Occidente molle e relativista si sta trasformando nella Roma
imperiale e, come allora, rischia di essere sopraffatto dall’assalto di
fanatici che lo vogliono distruggere. I fondamentalisti di Al Qaeda sono
gli unni e i vandali che premono alla periferia dell’impero e non
impiegheranno molto prima di paralizzare la sua rete elettrica,
disintegrando la nostra cultura. Quando ciò accadrà non saranno i nostri
politici laureati ad Harvard a difenderci ma gli uomini veri:
camionisti, muratori e cacciatori, come i miei zii. Per fortuna, la
maggioranza».
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In effetti il suo modello di femminismo ha trovato molte seguaci.
«Rappresento un’ala del movimento perseguitata e messa a tacere per
anni. Femministe come me e Susie Bright eravamo pro-sesso,
pro-pornografia, pro-arte e pro-cultura popolare quando in America
imperava la crociata di Andrea Dworkin e Catharine MacKinnon contro
“Playboy” e “Penthouse” e a favore delle leggi antipornografiche. A
salvarci è arrivata per fortuna la rivoluzione di Madonna».
Madonna Louise Ciccone?
«Sì. Quando nel 1990 scrissi un’editoriale sul “New York Times” in cui
la descrivevo come il futuro del femminismo, le leader storiche mi
risero dietro, ma nelle librerie il mio libro Sexual Personae
cominciò ad andare a ruba. Il responsabile della pagina dovette litigare
con il direttore per non cambiare il mio linguaggio slang, mai usato
prima in un editoriale. Fui io a spianare la strada allo stile
discorsivo di Maureen Dowd, con cui presto condividerò il palcoscenico».
Dove?
«Il prossimo 15 novembre alla Roy Thomson Hall di Toronto terremo un
dibattito sulla presunta fine dell’uomo. A sostenere questa tesi saranno
Hannah Rosin e la Dowd; con Caitlin Moran, io difenderò invece il
testosterone, perché sono stanca di vederlo demonizzato come la fonte di
ogni male. Anche se Rosin possiede l’orecchio della working class,
il padre era tassista, il suo libro parla all’alta borghesia bianca.
Donne ossessionate da diete e ginnastica, circondate da uomini
addomesticati che hanno imparato a comportarsi secondo il canone
femminista. Non è un caso se non ci sono mai stati tanti uomini gay come
oggi».
Come lo spiega?
«Mancanza di interesse per l’avvocatessa o la dirigente bianca laureata a
Yale e Harvard, che non ha più nulla di femminile e vive in totale
controllo di tutto, ma senza gioia e piacere. E spesso anche senza
uomini, perché molti di loro rifiutano di essere burattini. È un
fenomeno globale che spiega il successo planetario di Sex and the City. Perché se è vero che alla nascita siamo tutti bisessuali, in questa cultura è molto meglio essere gay».
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