mercoledì 6 aprile 2022

Questione di scala sociale

 
 
 

Alessandro Ferretti
 
Possiamo ormai dire che l'imbarbarimento di gran parte della piccola borghesia italiana è un fatto compiuto. Mentre i bassi strati della popolazione rimangono in qualche modo consapevoli che nessuno ha da guadagnare dall'acuirsi del conflitto, man mano che si sale nella scala sociale l'adesione ad una guerra punitiva nei confronti della Russia aumenta a dismisura. Persone un tempo ragionevoli e posate ora si scagliano con violenza inusitata non solo contro Putin, ma anche contro coloro che osano associarsi alla richiesta ONU di un'indagine indipendente sui fatti di Bucha: "cosa c'è da capire?", urlano dalle loro bacheche di guerra, additando chi chiede indagini come un collaborazionista putiniano.
Anche qui, niente di nuovo sotto il sole: questa isteria di massa è l'inevitabile prodotto di 40 giorni di scientifica pornografia del dolore a reti pressochè unificate. Eppure non è sempre stato così, come ci spiega J.F.C. Fuller, storico militare, in un passaggio di un suo libro. Tutto iniziò con la prima guerra mondiale:
"Nelle guerre napoleoniche e franco-prussiane, lungi dal fomentare la rivolta nei paesi nemici, i belligeranti si prendevano cura di non istigarla. Napoleone avrebbe potuto scatenare a suo vantaggio l '"animosità repressa" dei servi della gleba russi e degli Ucraini nel 1812, e avrebbe potuto suscitare una rivoluzione in Francia durante i Cento giorni, ma si astenne dal farlo. Il duca di Wellington, come lui stesso ci racconta, aveva orrore di fomentare rivoluzioni in qualsiasi paese; e, nel 1871, Bismarck non strinse amicizia con la Comune di Parigi. Il motivo era che, in passato, la guerra veniva condotta per cambiare la politica del nemico, e non per cambiare il suo governo - il decisore politico. Lo scopo della guerra era quello di far cambiare idea al governo: se il governo fosse stato rovesciato, non ci sarebbe stata un'autorità stabile con cui negoziare la pace. Il mondo era allora ancora sano di mente, e l'idea di creare anarchia sociale in un paese nemico sarebbe stata considerata contraria al buon senso.
La guerra tramite propaganda è lo strumento democratico per eccellenza, modellato per dominare la mente delle masse [mass-mind]- la "volontà generale" di Rousseau. I suoi obiettivi sono: (1) stimolare la coscienza collettiva sul fronte interno; (2) guadagnare il supporto della mente delle masse di nazioni neutrali; e (3) sovvertire la mente delle masse nel fronte interno del nemico.
Il primo si ottiene risvegliando gli istinti tribali latenti nell'uomo, trasformando il nemico in un demonio in modo da focalizzare tali istinti.
Lo scopo del secondo è portare nazioni neutrali ad accettare e a credere nella realtà di questa mostruosità, come la propaganda britannica fece con successo negli Stati Uniti.
Eccitato da notizie del tipo che i soldati tedeschi tagliavano le mani ai bambini belgi e crocifiggevano i loro prigionieri, il popolo americano si lanciò in guerra con un'isteria emotiva che può essere capita solo comprendendo il potere della propaganda nel generare azioni collettive in nazioni in situazione di guerra. L'estasi quasi primitiva che attanagliò il popolo americano è stata recentemente riassunta in modo indimenticabile: “Odiavamo con un odio comune che era esilarante. Ricordo di aver partecipato a un grande incontro nel New England, tenutosi sotto gli auspici di una Chiesa cristiana - rendiamoci conto! Un oratore chiese che il Kaiser, quando fosse stato catturato, venisse bollito nell'olio e l'intero pubblico si alzò in piedi sulle sedie gridando la sua isterica approvazione. Questo era il nostro stato d'animo. Questo era il tipo di follia che ci aveva colto."
"Una delle rivelazioni più spaventose dell'intera guerra", scrivono Morison e Commager, 'era la facilità con cui la tecnica moderna e la suggestione di massa consentono a un governo di far credere qualsiasi cosa desideri alla sua gente, anche se tale gente è ragionevolmente intelligente e con un background individualistico e democratico.""
Tratto da "The Conduct of War 1789-1961: A Study of the Impact of the French, Industrial and Russian Revolutions on War and Its Conduct", di J.F.C. Fuller

 

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