mercoledì 24 luglio 2024

Kamala Harris a Milwaukee

 

 


Paola Peduzzi
, Harris in Wisconsin, Il Foglio, 24 luglio 2024

Milano. La vicepresidente americana Kamala Harris è arrivata ieri a Milwaukee, in Wisconsin, per il suo primo evento elettorale (in uno stato cruciale) forte di 58 mila nuovi volontari disposti a lavorare per la sua campagna presidenziale, di 100 milioni di dollari raccolti in 24 ore da 1,1 milioni di piccoli finanziatori (un record nella storia, ha detto Harris), e di un numero sufficiente di delegati (secondo il conteggio dell’associated Press) per blindare la propria nomina come candidata alle elezioni di novembre alla convention del Partito democratico a Chicago, che inizia il 19 agosto e che nessuno più vuole “aperta”. Anzi, è stata definita una nuova procedura che dovrebbe permettere di chiudere i calcoli entro il 7 agosto. Secondo un’esclusiva del Financial Times, che si basa su conversazioni avute con alcuni grandi finanziatori del Partito democratico, anche la rosa dei possibili vicepresidenti in ticket con Harris si è ristretta a tre nomi: il governatore della Pennsylvania Josh Shapiro, il senatore dell’Arizona Mark Kelly e il governatore della Carolina del nord Roy Cooper (la geografia elettorale è chiara). A gestire il processo di vetting per la selezione finale del ticket sarà Eric Holder, ex ministro della Giustizia dell’amministrazione Obama: il coinvolgimento di Holder illumina – e anche la notizia data da Politico sul coinvolgimento dell’obamiano David Plouffe nella campagna di Harris – in modo più nitido il ruolo che ha avuto l’ex presidente Barack Obama nelle pressioni che hanno infine portato Joe Biden a non tentare più la rielezione. E’ stato un processo brutale ed esplicito, un tradimento secondo i bideniani, una missione necessaria secondo tutti gli altri – di certo un’operazione senza cuore, e ci voleva uno potente e cinico come Obama per governarla e portarla a termine.

Harris è arrivata in Wisconsin – stato vinto da Donald Trump nel 2016, riconquistato da Biden nel 2020 e ora indicato come uno stato che chi vuole diventare presidente deve vincere per forza – per il suo primo appuntamento elettorale da candidata alla presidenza con una nuova strategia da far funzionare fin da subito e qualche sondaggio che inizia a muoversi a suo vantaggio (Reuters-ipsos dà Harris al 44 per cento, Trump al 42, ma c’è ancora un 8 per cento di Robert F. Kennedy che potrebbe dare il suo endorsement a Trump): c’è poco tempo per ricostruire la campagna elettorale e in ogni caso i margini di vittoria per entrambi i partiti sono da sempre molto piccoli. Harris ha detto di conoscere bene “i tipi come Trump”, ha avuto a che fare con “predatori” e “truffatori” quando lavorava come procuratrice a San Francisco e poi per lo stato della California (“il poliziotto contro il criminale”, ha sintetizzato il New York Magazine), e ha deciso di attaccare anche il Project 2025, il piano di governo dell’heritage Foundation, centro studi che fu reaganiano e che ora è trumpiano, che spiega come le istituzioni americane, guidate da nuovi amministratori scelti sulla base della loro lealtà a Trump, rivoluzioneranno il funzionamento delle agenzie che si occupano di immigrazione, di criminalità, di ambiente e di molto altro. Trump ha disconosciuto questo progetto e lo stesso direttore dell’heritage, Kevin Roberts, è stato cauto durante la convention repubblicana e ha detto che sarà il presidente a scegliere che cosa, di questo piano, applicare oppure no. Harris insiste sull’intento eversivo di Trump, e parla di futuro per la middle class, che “quando è forte, è forte l’America”.

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