La sinistra non ha propriamente vinto le elezioni legislative in Francia. Ha ottenuto solo un terzo dei voti e non è in grado di dettare le condizioni di una resa al partito di Macron. Eppure le forze in gioco sono queste e non altre: il Rassemblement National è il terzo escluso, è stato l'avversario da battere e in tal senso ha perso, pur ottenendo un maggior numero di seggi in parlamento. Il Nuovo Fronte Popolare con la France Insoumise al suo interno ha fatto meglio degli altri, certo, ma non rappresenta neppure una forza omogenea. Il chiarimento voluto dal presidente Macron ha condotto in tal senso a una situazione confusa. Il paese sembra ingovernabile. "Una vittoria di Pirro", è questa la conclusione cui giunge Marc Lazar dopo aver riconsiderato il quadro attuale delle forze in campo.
Molti danno già per morta la Quinta repubblica. Macron allora diventa quasi irrilevante. Ma così non è, il presidente ha perso il suo ruolo dominante di monarca senza corona, non è più quel Giove incarnato che pretendeva di essere, ma è pur sempre un primus inter pares. Può esercitare un ruolo di arbitro a patto di dialogare con i partiti associati in parlamento da un destino comune. La desistenza ha prodotto questo risultato e i vincitori sono condannati a intendersi tra loro. Il vecchio capo della sinistra ribelle, Mélenchon, si muove come se fosse il solo protagonista dell'intera vicenda e sbaglia: "è ... facile bersaglio di macroniani e destrorsi che provano a demonizzare la sinistra. Il leader presta il fianco a queste strumentalizzazioni quando opera in modo dispotico nel suo stesso partito: aver purgato le voci critiche dalle liste ha irritato pure i più leali" (Francesca De Benedetti, Domani, d'ora in poi FDB). Insomma il tribuno occupa una posizione marginale nel quadro che si viene delineando.
Per fortuna nell'Assemblea Nazionale ci sono altre presenze più aperte al dialogo. Il leader del Parti socialiste Olivier Faure "si risparmierebbe volentieri un Mélenchon premier ma non abdicherebbe a una sinistra alla guida" (FDB). Da non tralasciare il ruolo di François Ruffin: giornalista prestato alla politica, inizialmente con gli Insoumis, ha rotto con Mélenchon" (FDB). Marine Tondelier, segretaria degli ecologisti, "si è proiettata a nome di punta per un motivo: lei parla con tutti, e con lei tutti parlano". Infine troviamo la presidente della regione Occitania, Carole Delga, tanto ostile a Nupes [la vecchia alleanza della sinistra] e Mélenchon, quanto estimatrice di Glucksmann [astro ascendente dell'area socialista]: è l'ala centrista che coi macroniani dialogherebbe meglio; in quest'area va incluso l'ex presidente François Hollande" (FDB). Insomma i punti luminosi nel buio di una situazione bloccata non mancano.
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