Carlo Rovelli, Helgoland, Adelphi, Milano 2020
Nel 1909, quattro anni dopo la fallita Rivoluzione del 1905 e otto anni prima della vittoriosa Rivoluzione d’Ottobre, Lenin, firmandosi con lo pseudonimo «V. Il’in», pubblica Materialismo ed empiriocriticismo. Note critiche su una filosofia reazionaria, il suo testo più filosofico. Bersaglio politico implicito contro cui è indirizzato il testo è Aleksandr Bogdanov, fino a quel momento suo amico e alleato, con lui fondatore e principale testa pensante dei bolscevichi.
Negli anni che precedono la Rivoluzione Aleksandr Bogdanov aveva pubblicato un lavoro in tre volumi per offrire una base teorica generale al movimento rivoluzionario. Faceva riferimento a una prospettiva filosofica chiamata empiriocriticismo. Lenin inizia a vedere in Bogdanov un rivale e ne teme l’influenza ideologica. Nel suo libro critica ferocemente l’empiriocriticismo, «filosofia reazionaria», e difende quello che chiama materialismo.
Empiriocriticismo è un nome con cui Ernst Mach designava idee come le proprie. Ernst Mach, ricordate? La fonte d’ispirazione filosofica per Einstein e Heisenberg.
Mach non è un filosofo sistematico e talvolta manca di chiarezza, ma ha avuto un’influenza sulla cultura contemporanea che credo sia sottovalutata. Ha ispirato l’inizio di entrambe le grandi rivoluzioni della fisica del XX secolo, relatività e quanti. E' “stato al centro del dibattito politico-filosofico che ha portato alla Rivoluzione russa. Ha avuto un’influenza determinante sui fondatori del Circolo di Vienna (il cui nome pubblico era «Verein Ernst Mach»), l’ambiente filosofico dove è germogliato l’empirismo logico, radice di tanta filosofia della scienza contemporanea, che eredita da Mach la retorica «antimetafisica». La sua influenza arriva al pragmatismo americano, altra radice della filosofia analitica odierna.
La sua zampata arriva alla letteratura: Robert Musil, fra i massimi romanzieri del Novecento, ha svolto la tesi di dottorato su Ernst Mach. Le agitate discussioni del protagonista del suo primo romanzo, I turbamenti del giovane Törless, ripercorrono i temi della tesi sul senso della lettura scientifica del mondo. Le stesse questioni attraversano in filigrana la sua opera maggiore, L’uomo senza qualità, fin dalla prima pagina, che si apre con una sorniona doppia descrizione, scientifica e quotidiana, di una giornata di sole.
L’influenza di Mach sulle rivoluzioni della fisica è stata quasi personale. Mach era amico di lunga data del padre e lui stesso padrino di Wolfgang Pauli, l’amico con cui Heisenberg discuteva di filosofia. Mach era filosofo preferito di Schrödinger, che da ragazzo aveva letto praticamente ogni sua riga. Einstein aveva come amico e compagno di studi a Zurigo Friedrich Adler, figlio del cofondatore del Partito Socialdemocratico austriaco, promotore di una convergenza di idee fra Mach e Marx. Adler diverrà dirigente del Partito Socialdemocratico Operaio; per protestare contro la partecipazione dell’Austria nella Grande Guerra assassinerà il primo ministro austriaco Karl von Stürgkh, e in prigione scriverà un libro su… Mach. Insomma Ernst Mach sta a un impressionante crocevia fra scienza, politica, filosofia e letteratura. E pensare che oggi qualcuno vede scienze naturali, scienze umane e letteratura come ambiti impermeabili l’uno all’altro…
Obiettivo polemico di Mach è stato il meccanicismo settecentesco: l’idea che tutti i fenomeni siano prodotti da particelle di materia che si muovono nello spazio. Secondo Mach, i progressi della scienza indicavano che questa nozione di «materia» è un’assunzione «metafisica» ingiustificata: un modello utile per un po’, ma dal quale bisogna imparare a uscire perché non diventi pregiudizio metafisico. Mach insiste che la scienza si deve liberare da ogni assunzione «metafisica». Basare la conoscenza solo su ciò che è «osservabile».
Ricordate? Questa è esattamente l’idea di partenza del magico lavoro di Heisenberg concepito sull’isola di Helgoland. Il lavoro che ha aperto la strada alla teoria dei quanti e il racconto di questo libro. Ecco come si apre l’articolo di Heisenberg: «L’obiettivo di questo lavoro è gettare le basi per una teoria di meccanica quantistica basata esclusivamente su relazioni fra quantità che siano in linea di principio osservabili», quasi una citazione di Mach.
L’idea che la conoscenza si fondi su esperienza e osservazioni non è certo originale: è la tradizione dell’empirismo classico che risale a Locke e Hume, se non ad Aristotele. L’attenzione alla relazione fra soggetto e oggetto della conoscenza e il dubbio sulla possibilità di conoscere il mondo «come veramente è» avevano portato, nel grande idealismo classico tedesco, alla centralità filosofica del soggetto che conosce. Mach, scienziato, riporta l’attenzione dal soggetto all’esperienza stessa – che Mach chiama «sensazioni». Studia la forma concreta con cui la conoscenza scientifica cresce sulla base dell’esperienza. Il suo lavoro più conosciuto esamina l’evoluzione storica della meccanica. La interpreta come sforzo di sintetizzare nel modo più economico i fatti noti sul movimento rivelati dalle sensazioni.
La conoscenza non è quindi vista da Mach come dedurre o indovinare un’ipotetica realtà al di là delle sensazioni, ma come la ricerca di un’organizzazione efficiente del nostro modo di organizzare queste sensazioni. Il mondo che ci interessa, per Mach, è costituito da sensazioni. Qualunque assunzione su cosa si nasconda «dietro» le sensazioni è sospetta di «metafisica».
La nozione di «sensazione» in Mach è tuttavia ambigua. È la sua debolezza, ma anche la sua forza: Mach prende questo concetto dalla fisiologia delle sensazioni fisiche e lo fa diventare una nozione universale indipendente dalla sfera psichica. Usa il termine «elementi» (in un senso simile alle dhamma della filosofia buddhista). «Elementi» non sono solo le sensazioni che prova un essere umano o un animale. Sono qualunque fenomeno che si manifesti nell’universo. Gli «elementi» non sono indipendenti: sono legati da relazioni, che Mach chiama «funzioni», e sono queste che la scienza studia. Anche se imprecisa, quella di Mach è dunque una vera e propria filosofia naturale che sostituisce il meccanicismo della materia che si muove nello spazio con un insieme generale di elementi e funzioni. L’interesse di questa posizione filosofica è che elimina tanto ogni ipotesi su una realtà dietro le apparenze, quanto ogni ipotesi sulla realtà del soggetto che ha esperienza. Per Mach non vi è distinzione fra mondo fisico e mondo mentale: la «sensazione» è egualmente fisica e mentale. È reale. Così descrive Bertrand Russell la stessa idea: «Il materiale primo di cui è fatto il mondo non è di due tipi, materia e mente; è soltanto arrangiato in strutture differenti dalle sue inter-relazioni: alcune strutture le chiamiamo mentali, altre fisiche». Sparisce l’ipotesi di una realtà materiale dietro ai fenomeni, sparisce l’ipotesi di uno spirito che conosce. Chi ha conoscenza, per Mach, non è il «soggetto» dell’idealismo: è la concreta attività umana, nel concreto corso della storia, che impara a organizzare in forma via via migliore i fatti del mondo con cui interagisce.
Questa prospettiva storica e concreta entra facilmente in risonanza
con le idee di Marx e Engels, per i quali la conoscenza è pure calata
nella storia dell’umanità. La conoscenza viene svestita di ogni
carattere astorico, di ogni ambizione di assoluto o pretesa di certezza,
e calata nel processo concreto dell’evoluzione biologica, storica e
culturale dell’uomo sul nostro sul nostro pianeta. Viene interpretata in
termini biologici ed economici, come strumento per semplificare
l’interazione con il mondo. Non è acquisizione definitiva, ma processo
aperto. Per Mach il sapere è la scienza della natura, ma la sua
prospettiva non è lontana dallo storicismo del materialismo dialettico.
La consonanza fra le idee di Mach e quelle di Engels e Marx è sviluppata
da Bogdanov e trova consensi nella Russia prerivoluzionaria.”
La reazione di Lenin è tagliente: in Materialismo ed empiriocriticismo
attacca violentemente Mach, i suoi discepoli russi, e implicitamente
Bogdanov. Lo accusa di fare filosofia «reazionaria», il peggiore degli
insulti. Nel 1909 Bogdanov è espulso dal comitato editoriale del
«Proletario», il giornale underground dei bolscevichi, e poco dopo dal
Comitato Centrale del Partito.
La critica di Lenin a Mach e la risposta di Bogdanov ci interessano. Non perché Lenin sia Lenin, ma perché la sua critica è la reazione naturale alle idee che hanno portato alla teoria dei quanti. La stessa critica viene naturale anche a noi e la questione dibattuta da Lenin e Bogdanov ritorna nella filosofia contemporanea ed è una chiave per comprendere la valenza rivoluzionaria dei quanti.
Lenin accusa Bogdanov e Mach di essere «idealisti». Un idealista, per
Lenin, nega l’esistenza di un mondo reale fuori dallo spirito e riduce
la realtà al contenuto della coscienza.
“Se esistono solo «sensazioni», argomenta Lenin, allora non esiste una
realtà esterna, vivo in un mondo solipsistico dove ci sono solo io con
le mie sensazioni. Assumo me stesso, il soggetto, come unica realtà.
L’idealismo è per Lenin la manifestazione ideologica della borghesia, il
nemico. All’idealismo Lenin oppone un materialismo che vede l’essere
umano, la sua coscienza, lo spirito, come aspetti di un mondo concreto,
oggettivo, conoscibile, fatto soltanto di materia in moto nello spazio.”
“Comunque si giudichi il suo comunismo, Lenin è stato senza dubbio un
politico straordinario. Anche la sua conoscenza della letteratura
filosofica e scientifica è impressionante; se oggi eleggessimo politici
così colti, forse sarebbero più efficaci anche loro. Ma come filosofo
Lenin non è un granché. L’influenza del suo pensiero filosofico è dovuta
più al suo lungo dominio della scena politica che alla profondità dei
suoi argomenti. Mach merita di meglio.
Bogdanov risponde a Lenin che la sua critica sbaglia il bersaglio. Il pensiero di Mach non è idealismo, ancor meno solipsismo. L’umanità che conosce non è un soggetto trascendente isolato, non è l’«io» filosofico dell’idealismo: è l’umanità reale, storica, parte del mondo naturale. Le «sensazioni» non sono «dentro la nostra mente». Sono fenomeni del mondo: la forma nella quale il mondo si presenta al mondo. Non arrivano a un io separato dal mondo: arrivano alla pelle, al cervello, ai neuroni della retina, ai percettori dell’orecchio, tutti elementi della natura.
Lenin nel suo libro definisce «materialismo» la convinzione che esista un mondo fuori dalla mente. Se è questa la definizione di «materialismo», Mach è certo materialista, siamo tutti materialisti, anche il papa è materialista. Ma poi per Lenin l’unica versione del materialismo è l’idea che «non c’è null’altro nel mondo che materia in moto nello spazio e nel tempo», e che noi possiamo arrivare a «verità certe» nel conoscere la materia. Bogdanov mette in luce la debolezza tanto scientifica quanto storica di queste affermazioni perentorie. Il mondo è fuori dalla nostra mente, certo, ma è più sottile di questo materialismo ingenuo. L’alternativa non è soltanto fra l’idea che il mondo esista solo nella mente, oppure che sia fatto unicamente di particelle di materia in moto nello spazio.”
Mach non pensa certo che non ci sia nulla fuori dalla mente. Al contrario, gli interessa proprio ciò che sta fuori dalla mente (qualunque cosa sia la «mente»): la natura, nella sua complessità di cui siamo parte. La natura si presenta come un insieme di fenomeni, e Mach raccomanda di studiare i fenomeni, costruire sintesi e strutture di concetti che ne rendano ragione, non postulare soggiacenti realtà.
La proposta radicale di Mach è di non pensare ai fenomeni come manifestazioni di oggetti, ma pensare agli oggetti come nodi di fenomeni. Non è una metafisica dei contenuti della coscienza, come la legge Lenin: è un passo indietro rispetto alla metafisica degli oggetti-in-sé. Mach è sferzante: «La concezione del mondo [meccanicista] ci appare mitologia meccanica [come] la mitologia animistica delle religioni antiche».
Einstein ha riconosciuto più volte il suo debito verso Mach. La
critica all’assunzione (metafisica) dell’esistenza di uno spazio fisso
reale «entro cui» si muovono le cose ha aperto le porte alla sua
relatività generale.”
“Nello spazio aperto dalla lettura della scienza che fa Mach, che non dà
per scontata la realtà di qualcosa se non nella misura in cui ci
permette di organizzare i fenomeni, si infila Heisenberg, per togliere
all’elettrone la sua traiettoria e reinterpretarlo solo nei termini
delle sue manifestazioni.
In questo stesso spazio si apre la possibilità dell’interpretazione relazionale della meccanica quantistica, in cui gli elementi utili per “descrivere il mondo sono manifestazioni di sistemi fisici gli uni agli altri, non proprietà assolute di ciascun sistema.
Bogdanov rimprovera Lenin di fare della «materia» una categoria assoluta e astorica, «metafisica» nel senso di Mach. Gli rimprovera soprattutto di dimenticare la lezione di Engels e Marx: la storia è processo, la conoscenza è processo. La conoscenza scientifica cresce, scrive Bogdanov, e la nozione di materia propria della scienza del nostro tempo potrebbe rivelarsi solo una tappa intermedia nel cammino della conoscenza. La realtà potrebbe essere più complessa dell’ingenuo materialismo della fisica settecentesca. Parole profetiche: pochi anni dopo Werner Heisenberg apre le porte al livello quantistico della realtà.
Altrettanto impressionante è la risposta politica di Bogdanov a Lenin. Lenin parla di certezze assolute. Presenta il materialismo storico di Marx ed Engels come qualcosa di acquisito per sempre. Bogdanov osserva che questo dogmatismo ideologico non solo non coglie la dinamica del pensiero scientifico, ma porta anche al dogmatismo politico. La Rivoluzione russa – argomenta Bogdanov nei turbolenti anni che seguono questa Rivoluzione – ha creato una struttura economica nuova. Se la cultura è influenzata dalla struttura economica, come ha suggerito Marx, allora la società post-rivoluzionaria deve poter produrre una cultura nuova, che non può più essere il Marxismo Ortodosso concepito prima della Rivoluzione.
Il programma politico di Bogdanov era lasciare potere e cultura al popolo, per nutrire la cultura nuova, collettiva, generosa auspicata dal sogno rivoluzionario…
“Il concetto chiave della produzione teorica di Bogdanov è la nozione di «organizzazione». La vita sociale è organizzazione del lavoro collettivo. La conoscenza è organizzazione dell’esperienza e dei concetti. Possiamo comprendere la realtà come organizzazione, struttura. L’immagine del mondo che Bogdanov propone è nei termini di una scala di forme di organizzazione via via più complesse: da elementi minimi che interagiscono direttamente, attraverso l’organizzazione della materia nel vivente, lo sviluppo biologico dell’esperienza individuale organizzata in individui, fino alla conoscenza scientifica, che è, per Bogdanov, esperienza organizzata collettivamente. Attraverso la cibernetica di Norbert Wiener e la teoria dei sistemi di Ludwig von Bertalanffy, queste idee avranno un’influenza poco riconosciuta ma profonda sul pensiero moderno, sulla nascita della cibernetica, sulla scienza dei sistemi complessi, fino al realismo strutturale contemporaneo.”