sabato 16 ottobre 2021

Tre piani, il film di Nanni Moretti

 


Simone Lorenzati

Tre piani è l’ultimo film di Nanni Moretti. Doveva uscire un anno e mezzo fa, ossia ad aprile 2020, ma, com’è noto, si era in piena pandemia covid. E così tutto è inevitabilmente slittato. Ma viene da pensare, malignamente forse, che si sarebbe ancora potuto attendere altro tempo. Già perché, Tre piani, è una pellicola piuttosto deludente. Lo sarebbe in generale ma, trattandosi di Moretti, la delusione risulta ancora più accentuata. Il film è tratto dall’omonimo libro dello scrittore israeliano Eshkol Nevo – si passa semplicemente da Tel Aviv a Roma – e ci mostra tre famiglie che vivono all’interno dello stesso palazzo. E già dalla prima scena, un incidente automobilistico inquadrato in tutta la sua crudezza, le vite delle tre famiglie cominciano ad intrecciarsi. Famiglie cupe, scure, rigidissime. Ed incapaci di cambiare, fosse pur solo minimamente, per poter affrontare il susseguirsi degli eventi. Nanni Moretti si perde in storie accennate e mai davvero approfondite, in una sequenza di eventi che si potrebbero tranquillamente già ipotizzare di volta in volta, per tacere di un sentimentalismo da telenovela che, talvolta, fa capolino. Con l’intento, probabilmente, di alleggerire la cupezza delle tre storie. E rendendole così, invece, pure ridicole. Intendiamoci. Ci sono spunti anche interessanti, c’è un voler creare una sorta di psicanalisi collettiva. Ma, per l’appunto, mai un approfondimento, mai un guizzo, mai un colpo di scena. Che ne è del Moretti che non lasciava adito a dubbi? Quello che creava personaggi approfondendone ogni minimo particolare? E la sua pungente ed amata ironia? Nulla, assolutamente nulla di tutto ciò. La storia, di cinque anni dopo in cinque anni dopo, si perde nella rigidità e nella fissità dei suoi protagonisti. Per poi arrivare ad un melodrammatico finale, con momenti alla Cento Vetrine, di mediasettiana memoria. Che poi, in effetti, ben rispecchia la recitazione di certi giovani protagonisti dell’opera. Ed a proposito di attori. Aleggia dietro di loro una psicologia che tinteggia di sensi di colpa, di sospetti, di solitudini, di attese e di speranze svanite nel nulla. Alba Rohrwacher è bravissima nei panni di una mamma bipolare in perenne attesa del marito Adriano Giannini (buona la sua parte), mentre Margherita Buy, giudice e moglie dello stesso Moretti, è ormai una solida certezza. Bene anche la coppia anziana Anna Bonaiuto – Paolo Graziosi, così come Elena Lietti, moglie di Riccardo Scamarcio. Ecco, Riccardo Scamarcio. Se ancora oggi, nel 2021, il bel ragazzo pugliese viene considerato un attore, beh allora vi sono speranze per ognuno di noi davvero in qualsivoglia campo. Lo stesso Nanni Moretti, infine, convince piuttosto poco pure nelle vesti di attore. La speranza è che Nanni Moretti abbia preso un abbaglio affidandosi ad una storia scritta da altri. La certezza, invece, è che di piano ne sarebbe stato ampiamente sufficiente uno.

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