Cesare De Seta
Il disastroso viaggio di Mark Twain in Italia
la Repubblica, 5 marzo 2012
Quando
Mark Twain, nel 1866, intraprende una crociera per l' Europa che lo
porta per sei mesi in Francia, Italia e vicino Oriente ha poco più di
trent' anni: non è ancora il celebre autore delle Avventure di Tom
Sawyer, ma un letterato e giornalista affermato. Si prende una vacanza e
senza alcun timor panico si diverte un mondo, con ironia e sarcasmo,
nel mettere alla berlina usi e costumi dell' antico continente. Le
pagine sull'Italia, ora proposte In questa Italia che non capisco,
Mattioli 1885, nella traduzione di Sebastiano Pezzani, sono tratte da
The Innocent Abroad (1869) e fanno pelo e contropelo alla letteratura
di viaggio. In questa tradizione ci sono due cerniere essenziali: la
fine del Grand Tour con le guerre napoleoniche, e l' irrompere di uno
stuolo di viaggiatori dal Nuovo continente a partire almeno dalla metà
dell' Ottocento. Twain non è certo il primo, ma il piglio delle sue
notazioni sul Bel Paese sono una novità ed esse, dico subito, sono agli
antipodi da quelle dei "pellegrini appassionati" alla Henry James.
Twain non è affatto "innocente", ma ostenta un candida ignoranza di
arte, architettura e storia italiana. Anzi è come infastidito da
questo fardello della storia che affonda un paese che giudica senza
veli: «Questo paese è in bancarotta. Non c' è una solida base per opere
grandiose», e si riferisce alla rete ferrata e alla pomposità delle
stazioni. Il suo spirito puritano lo fa gioire per la confisca dei beni
della Chiesa, ma sulla folla di preti che incontra ovunque è feroce e
tale sua indignazione è motivata dal fasto delle chiese e dei conventi.
Ovviamente a Roma il suo anticlericalismo tocca l'acme, così come sul
culto dell'Antico scrive pagine esilaranti sul Colosseo e i giochi
gladiatori. La demistificazione dei luoghi comuni sembra essere la
ricorrente cifra stilistica di queste pagine: inveisce contro le guide
parlanti ("il pappagallo umano") e scritte, non risparmiando nessuna
delle consacrate icone del viaggio in Italia. Ha un occhio vigile,
spregiudicato, che gli consente d' apprezzare il modo di vivere delle
classi agiate italiane, assai meno operose di quanto non siano quelle
del suo paese. «In America andiamo di fretta». Sbarcato a Genova s'inoltra a notte fonda nei carrugi: «le case strette ai nostri fianchi
sembravano più protese che mai verso il cielo» e la voce del silenzio
lo affascina. Quando scrive di paesaggi i suoi sensi vibrano e le
pagine sono sempre seducenti: sul lago di Como «ville sontuose
imbiancate dal chiaro di luna risaltavano dal nutrito fogliame che
giaceva nero e informe»; quando sale sul Vesuvio la città, illuminata
dalle lampade a gas, gli appare come «un collier di diamanti che
scintillano nell' oscurità lontana» ai margini dello «splendido
golfo». Ma quando s' inoltra nel ventre della città la sua analisi è
spietata, ma con autoironia aggiunge: «Qualcuno potrebbe pensare che io
abbia dei pregiudizi. Forse è vero. Mi vergognerei di me stesso se
non li avessi». S' indigna per "l' impostura" del miracolo di San
Gennaro. Venezia è «finita preda della povertà, della trascuratezza e
di una triste decadenza». Ma al chiaro di luna appare «ancora un volta
la più sontuosa tra tutte le nazioni della terra». È infastidito dai
chilometri di dipinti che attraversa a Firenze, dove tutto, gli vien
detto, è opera di Michelangelo. Si vergogna di non avere un'educazione
artistica, ma si giustifica dicendo che in America non è contemplata.
Twain guarda all' Italia e alla sua civiltà con sentimenti
contraddittori: l' attrae il contesto paesistico naturale e urbano che
incontra di città in città, ma sente che queste sprofondano di giorno
in giorno in un immobile passato; è infatti sgomento per lo spettacolo
di decadenza, la diffusa miseria, l' alterigia delle classi dirigenti
divise dal popolo e chiuse nel loro privilegio. Un senso sincero d'
angoscia lo pervade per quanto cade sotto i suoi occhi: il marciume che
invade i Fori a Roma, a Venezia l' olfatto è offeso dai fetori che
salgono dai canali, lo spettacolo di Pompei lo affascina, ma anche l'
avvilisce. Un paese l' Italia per il quale non c'è redenzione
possibile, né riesce a vedere un futuro. Viaggio contropelo quello
dell'americano, in taluni casi persino urticante, in pagine
letterariamente raffinate che oscillano tra sarcasmo, ironia e comico.
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