L'archetipo della
Traviata nel melodramma popolare del Novecento
Maurizio Porro
Addio a Yvonne Sanson diva del dopoguerra in coppia con Nazzari
Corriere della Sera, 24 luglio 2003
Dopo un lungo silenzio, a 77 anni, è morta per un aneurisma a Bologna, dove viveva da anni con la figlia architetto, l'attrice di origine greca Yvonne Sanson. Fu, nei primi 50, la diva del cinema popolare e populista. Era arrivata da Salonicco a Roma per studiare, figlia di genitori di origine russa, francese, turca e polacca. Bruna e altera, bella, giunonica e timida, sembrava una sfinge mediterranea in cui si identificassero virtù e peccati classici. Divenne la regina del neo realismo d' appendice, fatto di sentimenti primordiali ma autentici, che la vide, in coppia fissa con Amedeo Nazzari baciato appassionatamente nell' ultima sequenza, star di una celebre trilogia strappalacrime diretta da Raffaello Matarazzo. L'autore sapeva come far piangere le platee domenicali: ecco allora che, tra il 1949 e il 1951, Catene, Tormento e I figli di nessuno (nel ' 55 ci fu un seguito con Angelo bianco in cui la Sanson si sdoppia addirittura in due: peccatrice redenta e suora) totalizzarono, grazie a superbi meccanismi di fascinazione emotiva, l' imbattuto record di 37 milioni di spettatori. Il pubblico era soprattutto femminile, quello che divorava i fotoromanzi dell' Italia del dopoguerra e gradiva il melò strappalacrime erede del feuilleton e anticipatore degli sceneggiati. Yvonne Sanson fece carriera con 35 titoli che si riassumono nel dramma passionale, che prevedeva il peccato completo di redenzione, l'ingiustizia sociale riparata, il colpo basso del destino amnistiato dalla costanza e dalla verità, emozioni ammesse dal Centro cattolico. La Sanson lavorò anche con Freda (nel Cavaliere misterioso fu la regale Caterina con Gassman Casanova), con Coletti fu Wanda la peccatrice, due volte recitò con Lattuada (la fatale Ginevra nel dannunziano

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Traviata, atto secondo
VIOLETTA (poi, piangendo, a Germont)
Ah! dite alla giovine sì bella e pura
ch'avvi una vittima della sventura,
cui resta un unico raggio di bene -
che a lei il sacrifica e che morrà!
GERMONT
Piangi, piangi, o misera, supremo, il veggo,
è il sacrifizio che ora ti chieggo.
Sento nell'anima già le tue pene;
coraggio e il nobile tuo cor vincerà!
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