Elias Canetti, Masse und Macht,
Claassen Verlag, Hamburg 1960 tr. it. di F. Jesi, Massa e potere,
Adelphi, Milano 1981
Valentina Sperotto, Scheda di lettura, Giornale Critico di Storia delle Idee
Elias Canetti scriveva nel primo volume
della sua straordinaria autobiografia «Le nostre paure non vanno mai
perdute, anche se i loro nascondigli sono misteriosi.» La paura è anche
il punto di partenza di Massa e potere: «tutte le distanze che
gli uomini hanno creato intorno a sé sono dettate dal timore di essere
toccati.» La massa rappresenta l’unica situazione in cui viene meno il
timore di essere toccati da qualche cosa di estraneo. La massa è segnata
dal capovolgersi del timore originario, i corpi si avvicinano e si
serrano l’uno all’altro per formare una massa densa che si
costituisce come un unico corpo formato da molti. Canetti analizza in
questo testo la massa in tutte le sue forme e caratteristiche, la
esamina nella sua evoluzione storica e nei suoi aspetti psicologici,
infine si sofferma lungamente ad approfondire il suo rapporto con il
potere (rapporto in cui entra in gioco, nuovamente, la paura). La massa
secondo Canetti presenta alcune caratteristiche fondamentali: essa è
naturalmente tesa ad accrescersi, questo comporta che la sua naturale
configurazione sia quella della massa aperta, sulla quale però
pende il rischio della disgregazione; viceversa la massa chiusa è
la massa che si serra e s’insedia, trova una propria sede, uno spazio
cioè che riempirà, guadagnando in durata ciò che perde in possibilità di
accrescimento.
Il momento della scarica è
l’evento più rilevante che avviene all’interno della massa. Esso
consiste nella liberazione di ogni differenza tra i componenti della
massa che si sentono da quell’istante in poi uguali tra loro
indipendentemente dalle differenze che esistevano tra loro in
precedenza. Alla scarica sono legati i fenomeni della distruzione delle
immagini, come le statue simboliche esposte nelle piazze, ma anche della
distruzione di porte e vetri degli edifici, atti volti a distinguere i
segni esteriori delle gerarchie. La distruzione dei limiti imposti si
estende velocemente alla massa stessa che, dominata dalla spinta
all’accrescimento, nel momento dello scoppio si trasforma da
massa chiusa a massa aperta tentando di raggiungere e coinvolgere il
maggior numero di persone possibile. Lo scoppio è legato alla
caratteristica della concentrazione, ovvero della tendenza della
massa ad espandersi senza essere interrotta da nulla. Ultimo elemento
fondamentale che la caratterizza è la necessità di una direzione,
poiché la presenza di una meta porta al movimento collettivo
scongiurando il pericolo della disgregazione che pende sempre su di
essa. Crescita, eguaglianza, concentrazione e direzione sono le
caratteristiche fondamentali che caratterizzano le masse. Canetti
introduce un’ultima distinzione fondata sul ritmo: esistono masse
statiche, ovvero masse che attendono qualche cosa, mancando ancora la
certezza della propria unità la massa statica rimane calma il più
a lungo possibile, salvo poi scaricare l’eccesso della statica nelle
grida che sono la voce stessa della massa, e masse dinamiche,
ovvero masse in movimento.
[...] Fondamentale per il mantenersi della massa nel tempo è
l’esistenza di una seconda massa a cui contrapporsi, si creano così le
masse doppie in cui la tensione fra i due gruppi genera pressione
all’interno di ciascuno che ne assicura la compattezza e la
conservazione, poiché, come si è visto, l’impulso più profondo di una
massa è proprio quello di non disgregarsi e l’esistenza di una minaccia
funge da elemento aggregante. Nel caso delle guerre le masse doppie sono
tra loro doppiamente intrecciate: da un lato l’esistenza di ciascun
gruppo dipende dalla minaccia che l’altro gruppo costituisce, d’altra
parte però la meta di ciascuno dei due gruppi è la distruzione
dell’altro gruppo. La paura della morte vissuta come condanna collettiva
è un elemento chiave per la comprensione dei meccanismi di massa che
entrano in gioco nelle guerre: «lo scoppio di una guerra è innanzitutto
lo scoppio di due masse. Una volta costituita, ciascuna di tali
masse si preoccupa essenzialmente di durare nell’atteggiamento e
nell’azione, il cui abbandono significherebbe una rinuncia alla vita
stessa. La massa bellica agisce sempre come se tutto all’esterno
di essa fosse morte».
Esiste un tipo particolare di massa, il
cristallo di massa, che è costituito da un gruppo durevole di
persone addestrate nelle loro attività e nel loro modo di concepire le
cose. Il cristallo di massa è diverso dalla massa chiusa
poiché mentre quest’ultima, come si è detto, è spontanea e solitamente
limitata spazialmente (raggruppata in una piazza ad esempio), il limite
del cristallo di massa è costituito dagli stessi membri che lo
compongono, ciascuno avente una propria funzione (laddove evidentemente
in una massa spontanea non è possibile ripartire alcuna funzione tra i
membri). Il cristallo di massa da un lato è duraturo, in quanto gruppo
irrigidito esso può sempre riaffiorare ed essere riattivato, inoltre
esso ha, in alcuni casi, la capacità di contribuire alla formazione
delle masse.
Elementi non secondari dell’analisi di
Canetti sono i simboli della massa, vale a dire quelle unità collettive
che non sono costituite da uomini e che tuttavia vengono sentite come
masse. La ragione per cui Canetti si sofferma su questi simboli è che
essi gettano una nuova luce sulla nostra capacità di comprendere le
masse. Così Canetti parla del fuoco che «è dappertutto uguale;
dilaga rapidamente; è contagioso e insaziabile; esso può nascere
ovunque, fulmineamente; è molteplice; è distruttore; ha un solo nemico;
si estingue: agisce come se fosse vivo, e così viene trattato», tutte
queste sono anche caratteristiche proprie della massa. Così sono simboli
delle masse il mare, la pioggia, il fiume, la
foresta, il grano, il vento, la sabbia, i
mucchi, il mucchio di pietre e il tesoro, ciascuno con
caratteristiche proprie che rispecchiano quelle della massa.
[...] La ricchezza del materiale da cui attinge Canetti e
che ci viene riferito in questo come nei capitoli precedenti e
successivi è il segno della lunga maturazione dell’opera, della
riflessione e dell’indagine sul tema della massa e del potere ad ampio
raggio, a partire da quelle esperienze significative della massa da lui
vissute nel 1922 a Francoforte e nel 1924 a Vienna (entrambe descritte
nella sua autobiografia) e che gli rivelarono l’enigmatico potere che la
massa ha rispetto al singolo, oltre che l’insufficienza di tutte le
riflessioni e le indagini fino ad allora condotte sul tema.
La parte seguente, intitolata Massa e
storia, è dedicata alle nazioni che Canetti tratta e considera come
se fossero religioni, poiché come queste ultime «esse hanno la tendenza
ad acquistare veramente, di tempo in tempo, quella condizione.
Un’attitudine in questo senso è sempre latente; in tempo di guerra le
religioni nazionali si acutizzano in modo particolare.» Il tratto
principale che rende tali le nazioni è il fatto che gli appartenenti ad
una nazione non si considerino mai soli, essi infatti si rapportano a
una maggiore unità e questa è sempre una massa o un simbolo di massa.
Così se il simbolo legato agli inglesi è il mare, simbolo dei tedeschi
è l’esercito che a sua volta è la foresta che cammina, così per i
francesi è la Rivoluzione e così via.
[...] L’analisi poi prosegue prendendo in
considerazione il sistema parlamentare bipartitico, caratterizzato dalla
rinuncia alla morte come strumento di decisione, e al problema della
giustizia, considerata dal punto di vista della ripartizione e della
produzione, che a sua volta è legata alla muta di accrescimento. «L’uomo
moderno» scrive Canetti riflettendo su questo tema «ha oggi con la
produzione questo stesso rapporto. Le macchine sono in grado di produrre
più di quanto chiunque avrebbe potuto sognare in passato. Esse
permettono a ogni moltiplicazione di crescere in modo terrificante. […]
Ci sono sempre più cose che si sa come adoperare; e mentre le si usa,
nascono nuovi bisogni.» [...]
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