Massimo Soumaré
recensione per L'Indice
Il cartone animato nipponico UFO Robot Goldrake (in originale UFO Robo Gurendaizâ),
creazione del fumettista Go Nagai, trasmesso dalla Rai per la prima
volta nel 1978, ha rappresentato per tutta una generazione o forse, a
ben riflettere, per almeno tre generazioni d’italiani una folgorante
novità rispetto al passato. Un cambiamento radicale i cui effetti si
sono incominciati ad analizzare solo di recente. Esistono, infatti,
attualmente diversi saggi sull’argomento, ma merito di Davide Tarò è
quello di aver trasposto per la prima volta questo tema in forma di
romanzo.
Emina OrfaniRobot
(pp. 256, €16, Torino 2012) edito dalla 001 Edizioni è l’opera prima
nel campo della narrativa dell’autore, già noto per saggi sul cinema e
sull’animazione giapponesi quali Oshii Mamoru, le affinità sotto il guscio, Morpheo Edizioni, 2006, e Satoshi Kon, il cinema attraverso lo specchio scritto con Enrico Azzano ed Andrea Fontana, Ass. Culturale Il Foglio, 2009.
Forte delle sue conoscenze nel settore, Tarò è
riuscito a creare un romanzo dall’impianto narrativo di estremo
interesse il quale non si limita a una mera forma d’imitazione di una
storia fantascientifica rielaborata da qualche manga o anime,
ma descrive le speranze e le delusioni di varie generazioni d’italiani
che hanno visto man mano frantumarsi le speranze della propria
fanciullezza. S’innesta inoltre abilmente sugli eventi politici e
sociali che hanno turbato la nostra penisola a partire dagli anni
sessanta fino ad oggi.
La fantascienza, per l’appunto, è un altro degli
elementi chiave di quest’opera ambientata in una Torino attuale ma al
contempo ucronica, in cui l’autore riesce anche ad analizzare le radici
dei miti della genesi di quella che è definita la “generazione mille euro”.
Protagonista di Emina OrfaniRobot
è il trentenne Nataniele Tandro, un alter-ego dello scrittore, il quale
rappresenta al contempo il meglio e il peggio degli individui prodotti
da una società che aveva promesso loro un futuro radioso e che invece ha
finito per erigergli intorno un muro di disperazione. Sostanzialmente
leale e sostenitore d’ideali positivi, Tandro è però privo di carattere e
apatico, divenendo perciò vittima della società. Il suo riscatto sembra
arrivare quando è assunto dalla Emina, una multinazionale che
inevitabilmente richiama alla mente certe note grandi industrie, per
pilotare una specie di robot gigante chiamato Simulacrum. Il
sogno avuto da bambino guardando Goldrake e gli altri cartoni animati
del Sol Levante sembra avverarsi, ma il protagonista scoprirà amaramente
che c’è una grande differenza tra gli ideali immaginati
nell’adolescenza e la cruda realtà del mondo dell’economia e della
politica.
Si tratta di un romanzo inconsueto, con una storia
affascinante dalle forti componenti sociali. Alcuni brani sono davvero
ispirati e capaci di coinvolgere profondamente il lettore. Certo, come
ci si può aspettare da un’opera prima, è innegabile che presenti dei
difetti. Alcune parti risultano prolisse e finiscono per appesantire la
scorrevolezza del testo senza, però, apportare elementi di rilievo alla
storia. Sembra quasi si sia tentato, troppo forzatamente, di voler
trasformare un buon romanzo di genere in uno di letteratura alta. Anche
gli eccessivi riferimenti agli anime giapponesi possono
confondere il lettore non esperto di questo genere. I brani tratti dalle
sigle italiane di varie serie animate che fungono da incipit all'inizio
di ogni capitolo non sono così necessari, giacché non hanno una vera
attinenza con i contenuti stessi. In ultimo, tutta la parte cronologica
in appendice avrebbe potuto tranquillamente essere eliminata.
Probabilmente un altro tipo di editing da parte dell’editore avrebbe
maggiormente giovato al volume.
Nonostante questi difetti, Emina OrfaniRobot
resta comunque un libro che vale la pena leggere e la cui originalità
non si può negare. Simbolo di una creatività sempre più presente al di
fuori dei prodotti della grande editoria e che meriterebbe una maggiore
considerazione anche da parte della critica letteraria.
Il volume è impreziosito da un’introduzione del saggista e sociologo Marco Pellitteri.
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