lunedì 29 luglio 2013

Una rivista, uno stile: Carlo Ferdinando Russo

 

 


Il comunicato della Scuola Normale
 
E’ scomparso oggi Carlo Ferdinando Russo, filologo classico, grande umanista, allievo della Scuola Normale dal 1939 al 1943 (Corso ordinario) e dal 1945 al 1946 (Perfezionamento). Direttore dal 1961 della rivista “Belfagor”, Carlo Ferdinando Russo è stato per generazioni di studiosi una coscienza critica di grande respiro e ha lasciato una traccia durevole negli studi di greco: soprattutto Aristofane, Giuliano, Omero. A lungo docente di Letteratura greca all’Università di Bari (di cui era docente emerito), Carlo Ferdinando era figlio di Luigi Russo, critico letterario e italianista che diresse la Scuola Normale negli anni Quaranta.

Pisa, 26 luglio 2013
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La chiusura della rivista

Mirella Appiotti
La Stampa, 8 settembre 2012

La Olschki, Costanza prima di tutti, ci ha provato in ogni modo, a fare «resistenza».
La più aristocratica editrice italiana lo tiene tra i suoi gioielli. Il mondo degli studi lo annovera tra i suoi sinora irrinunciabili punti di riferimento. A diversi livelli, il mondo della cultura (quel che ne resta nel nostro Paese) ha già dimostrato il proprio dispiacere. Perché, da Bari, la decisione di Carlo Ferdinando Russo è irrevocabile: Belfagor, la «rassegna di varia umanità» fondata da suo padre, l’italianista princeps Luigi Russo (con Adolfo Omodeo) e poi lungamente guidata dal grande «Lallo», filologo classico, instancabile, vulcanico, geniale-rigorosissimo maieuta che l’ha mantenuta sino a oggi alla massima tensione, chiude con il numero del 28 novembre, dopo 66 anni e 400 fascicoli bimestrali (maniacalmente puntuali), abbonamenti in 80 nazioni, «fascia A» nella valutazione internazionale.

Un addio meditato, reo il tempo «che fugge» (non i «conti», buoni persino nella crisi, né certo la mancanza di interlocutori), mentre intatto resta quell’«aroma infernale» (machiavellico) ampiamente gustato da Garin nei Novanta ma che già, dalla prima uscita il 15 gennaio 1946, con la sua testata irrispettosa («mi pare che come titolo laico possa andare sempre»: Luigi Russo a Croce), laica alla maniera di chi non ha bisogno dell’accademia, ha attratto i maestri e i futuri leader del sapere a cominciare da Cantimori e Pampaloni, Natta, Carlo Levi, Ragghianti, poi Ceserani, Terracini sino a Segre, a Mario Isnenghi, in questi ultimi tempi condirettore della rivista, a Antonio Resta, cui si deve anche la curatela, recentissima, degli Indici 1946-2010 aperti dalla «voce» di Carlo Ferdinando Russo.

Il suo Congedo è una vitalissima summa dell’avventura che nei decenni ha esplorato italianistica e letterature straniere, filosofia e cinema, filologia, educazione, politica - fuori dalla politica, nessun moralismo, funambolismo mai gratuito, con la miriade di documenti (e la parabola si chiude come era iniziata: l’ultimo Belfagor porta una lettera inedita di Croce), le famose rubriche al vetriolo, Minima personalia, frutto non di malizia ma di totale libertà, «un rempart contre les abus de l’industrie culturelle», come sigillava Le Monde nel ’69. Un viatico, non un «congedo».

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