mercoledì 2 ottobre 2024

Dove sta la sinistra


 

Si sente dire spesso che la sinistra non c'è più. Da ultimo è tornato sull'argomento Marco Revelli in una intervista alla Repubblica. Certo, la sinistra reale da alcuni decenni ormai sembra aver smarrito la rotta, adotta politiche lontane dalla sua ispirazione originaria e risulta poco riconoscibile. Che vi sia un problema di aggiornamento programmatico è evidente. E il problema non si risolve certo tornando indietro per riprendere le scelte proprie di un passato più o meno recente. Fatto sta che, senza addentrarsi troppo nei particolari, c'è sempre modo di stabilire dove sta la sinistra. Anche qui e ora. Basta riandare ai riferimenti più alti, perché al di là delle ideologie ci sono sempre gli ideali a indicare la strada maestra. Vale sempre l'antica lezione del pensiero illuminista.  

Roger-Pol Droit
Cosa significa esattamente essere di sinistra? Per diverse generazioni, spiega la filosofa americana Susan Neiman, è stata un'adesione intima ai principi dell'Illuminismo. Tre convinzioni fondanti li costituiscono. Universalismo: l'umanità è una, idee e valori comuni possono federarla, al di là delle tribù, dei generi, delle culture e di altri punti di vista particolari. Giustizia: a poco a poco, l'uguaglianza e la dignità devono diventare una realtà, gli ideali della morale e del diritto non sono vani, e i giochi del potere e del dominio non sono gli unici padroni del gioco. Progresso: la condizione umana può migliorare, la storia si costruisce, il peggio non è fatale.
« La gauche n’est pas woke » (Left Is Not Woke), de Susan Neiman, traduit de l’anglais (Etats-Unis) par Cécile Dutheil de La Rochère, Climats, 250 p., 22 €, numérique 15 €.

Gianfranco Pasquino, Norberto Bobbio, Treccani 2013

A partire dal 1976, Bobbio iniziò l’intensa attività di editorialista per «La Stampa». Le raccolte di tutti i suoi articoli sono disponibili in diversi volumi. Rivelano come la ricchezza del suo pensiero e della sua cultura politica si ripresenti e trasferisca con grande successo nella chiarezza e nella linearità dei commenti riguardanti fatti politici nazionali e internazionali. A più stretto contatto con l’attualità, Bobbio accentuò la sua riflessione sulla storia e sulla politica italiana, sulla Costituzione, da difendere e da attuare, non da riformare in maniera episodica e improvvisata, sui valori della Repubblica.

Appartiene a questa fase la pubblicazione di un vero e proprio libro non preceduto da elaborazioni preliminari, dedicato alla possibilità o meno di definire destra e sinistra e di distinguerle con criteri univoci e convincenti, Destra e sinistra. Ragioni e significati di una distinzione politica (1994), il quale ebbe un successo immediato in termini di vendite e di critiche che, con grande sorpresa dell’autore, si sarebbe rivelato duraturo (riedizioni nel 1995, 1999, 2004). Gli echi del dibattito internazionale, segnato dalle preoccupazioni di molti intellettuali sull’incerto futuro della sinistra, ripetutamente sconfitta in molte elezioni nelle più importanti democrazie occidentali, giungevano fievoli nel contesto italiano. Il quesito «What is Left?», al tempo stesso, «che cosa è sinistra» e «che cosa è rimasto», era, comunque, politicamente e analiticamente importante.

Sollecitato dalle numerose dichiarazioni di irrilevanza e indeterminatezza della distinzione, Bobbio procedette con il suo abituale metodo diadico o dicotomico alla ricerca dei criteri che consentissero un’effettiva differenziazione fra destra e sinistra. La sua proposta dell’eguaglianza come criterio distintivo suscitò un dibattito intenso e aspro, sia nella destra sia nella sinistra a riprova, sottolineò ironicamente Bobbio, dell’esistenza di entrambe.

Il criterio più frequentemente adottato per distinguere la destra dalla sinistra è il diverso atteggiamento che gli uomini viventi in società assumono di fronte all’ideale dell’eguaglianza (p. 119).

La sinistra, sostiene Bobbio, mira a ridurre le diseguaglianze e a perseguire e conseguire l’eguaglianza, mentre la destra prende atto dell’esistenza di diseguaglianze e può giungere a valutarle positivamente come premessa e come esito della competizione sociale ed economica. Bobbio aggiunge che il concetto di eguaglianza chiama in causa tre variabili: «a) i soggetti tra i quali si tratta di ripartire i beni o gli oneri; b) i beni o gli oneri da ripartire; c) il criterio in base al quale ripartirli» (p. 120). Bobbio non procederà nella direzione dell’approfondimento delle modalità con le quali i beni e gli oneri sono ripartiti, compito precipuo degli economisti e dei politologi. Non si chiederà neppure quali criteri (tentativamente: merito, bisogno, lavoro, rango, talento) utilizzare per soddisfare le esigenze dell’eguaglianza: «eguaglianza fra chi, eguaglianza in che cosa, eguaglianza con quale criterio?» (introduzione all’edizione del 1999, p. 43). Con forza sottolineerà, collocando Jean-Jacques Rousseau al polo dell’eguaglianza e Friedrich Nietzsche a quello della diseguaglianza, che l’egualitarismo è la stella polare della sinistra. Con una leggera forzatura, dichiarò di aderire anche lui, liberalsocialista, a questa concezione-aspirazione.

Pur senza rinunciare ai suoi frequenti e puntuali interventi giornalistici sullo stato della politica in Italia, Bobbio, l’intellettuale pubblico, conclude, con Destra e sinistra, la sua riflessione sui grandi temi della politica. L’ultima parte della sua vita la dedicò alla stesura dell’Autobiografia e alla considerazione filosofica, lucida e amara, sulla vecchiaia, quella fase della vita nella quale non si possono più fare progetti. Nella quale persino i migliori bilanci, e certamente quello di Bobbio non poteva non essere tale, vengono turbati dalla consapevolezza che si poteva fare di più, si poteva fare meglio.

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A Bobbio piacevano le dicotomie. Era poi un amante della chiarezza e questo rendeva i suoi scritti assai gradevoli. Ciò detto, la distinzione tra destra e sinistra si prestava a qualche critica. La destra era definita in termini negativi, come se non avesse avuto valori propri in cui credere. Era inoltre assimilata al conservatorismo e questo magari in Italia poteva funzionare. Non sembrava esserci posto per il liberalismo che pure aveva prodotto altrove figure come Keynes e Beveridge. (Giovanni Carpinelli)  

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