mercoledì 28 novembre 2018

Ebbene, Signore, vi amo


Arlecchino.
Ah! Signora, non fosse entrato lui vi avrei detto cose splendide, e invece adesso troverò solo idee banali, a parte il mio amore che è straordinario. Ma riguardo al mio amore quand'è che il vostro gli farà compagnia?
Lisette.
C'è da sperare che questo accada.
Arlecchino.
Ma voi credete che possa accadere?
Lisette.
La domanda è piccante; mi mettete in imbarazzo: vi rendete conto?
Arlecchino.
Che volete? Brucio e grido al fuoco.
Lisette.
Se mi fosse permesso di spiegarmi così, rapidamente...
Arlecchino.
Per me, in coscienza potete farlo.
Lisette.
Il riserbo del mio sesso non vuole.
Arlecchino.

Adesso il riserbo non sembra tanto forte; lascia intravedere ben altre concessioni.
Lisette. 
Ma voi cosa mi chiedete?
Arlecchino.
Ditemi giusto un po' che mi amate. Insomma vi amo, fate eco, ripetete, Principessa.
Lisette.
Insaziabile! Ebbene, Signore, vi amo.
Arlecchino.
Ebbene, Signora, mi sento morire; sono confuso da tanta felicità, ho paura di dare i numeri. Mi amate! Che meraviglia!
Lisette.
 
Potrei essere a mia volta sorpresa dalla rapidità del vostro omaggio. Forse vi piacerò di meno quando ci conosceremo meglio.
Arlecchino.
Ah, Signora, quando avverrà sarò io a rimetterci; ci sarà molto da sottrarre.
Lisette.
Mi supponete più qualità di quelle che realmente posseggo.
Arlecchino.
E voi, Signora, non sapete nulla dei miei difetti, mi dovrei solo inginocchiare per parlarvi.
Lisette.
Ricordate che non siamo padroni del nostro destino.
Arlecchino.
I padri e le madri fanno tutto di testa loro.
Lisette.
Per me, il mio cuore vi avrebbe scelto in qualunque stato vi foste trovato.
Arlecchino. 
E' libero di scegliermi ancora.
Lisette.
Posso lusingarmi che fareste lo stesso con me?
Arlecchino.
Ahimè! Quand'anche foste una qualsiasi Mariella o Rosetta, quand'anche vi vedessi scendere in cantina con la candela in mano, sareste sempre la mia Principessa.
Lisette.
Potessero durare sentimenti così belli!
Arlecchino.
Per fortificarli da entrambi i lati, giuriamo di amarci per sempre, nonostante tutti gli
errori di ortografia da voi commessi sul mio conto.
Lisette.
Ho più interesse che voi a fare quel giuramento, e lo faccio con tutto il cuore.
Arlecchino si inginocchia.
La vostra bontà mi abbaglia e mi prosterno davanti ad essa.
Lisette.
Smettetela. Non posso soffrirvi in quella postura, sarei ridicola se vi lasciassi stare così.  Alzatevi. Ecco di nuovo qualcuno.




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Arlequin. Ah ! Madame, sans lui j’allais vous dire de belles choses, et je n’en trouverai plus que de communes à cette heure, hormis mon amour qui est extraordinaire. Mais à propos de mon amour, quand est-ce que le vôtre lui tiendra compagnie ?

Lisette. Il faut espérer que cela viendra.

Arlequin. Et croyez-vous que cela vienne  ?

Lisette. La question est vive; savez-vous bien que vous m’embarrassez ?

Arlequin. Que voulez-vous? Je brûle et je crie au feu.

Lisette. S’il m’était permis de m’expliquer si vite…

Arlequin. Je suis du sentiment que vous le pouvez en conscience.

Lisette. La retenue de mon sexe ne le veut pas.

Arlequin. Ce n’est donc pas la retenue d’à présent; elle donne bien d’autres permissions.

Lisette. Mais que me demandez-vous ?

Arlequin. Dites-moi un petit brin que vous m’aimez. Tenez je vous aime moi, faites l’écho, répétez Princesse.

Lisette. Quel insatiable ! Eh bien, Monsieur, je vous aime.

Arlequin. Eh bien, Madame, je me meurs; mon bonheur me confond, j’ai peur d’en courir les champs. Vous m’aimez ! Cela est admirable !

Lisette. J’aurais lieu à mon tour d’être étonnée de la promptitude de votre hommage. Peut-être m’aimerez-vous moins quand nous nous connaîtrons mieux.

Arlequin. Ah, Madame, quand nous en serons là, j’y perdrai beaucoup; il y aura bien à décompter.

Lisette. Vous me croyez plus de qualités que je n’en ai.

Arlequin. Et vous, Madame, vous ne savez pas les miennes, et je ne devrais vous parler qu’à genoux.

Lisette. Souvenez-vous qu’on n’est pas les maîtres de son sort.

Arlequin. Les pères et mères font tout à leur tête.

Lisette. Pour moi, mon cœur vous aurait choisi dans quelque état que vous eussiez été.

Arlequin. Il a beau jeu pour me choisir encore.

Lisette. Puis-je me flatter que vous soyez de même à mon égard ?

Arlequin. Hélas ! Quand vous ne seriez que Perrette ou Margot, quand je vous aurais vue le martinet à la main descendre à la cave, vous auriez toujours été ma Princesse.

Lisette. Puissent de si beaux sentiments être durables !

Arlequin. Pour les fortifier de part et d’autre, jurons-nous de nous aimer toujours, en dépit de toutes
les fautes d’orthographe que vous aurez faites sur mon compte.

Lisette. J’ai plus d’intérêt à ce serment-là que vous, et je le fais de tout mon cœur.

Arlequin, se met à genoux. Votre bonté m’éblouit et je me prosterne devant elle.

Lisette. Arrêtez-vous ; je ne saurais vous souffrir dans cette posture-là, je serais ridicule de vous
y laisser ; levez-vous. Voilà encore quelqu’un.




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Marivaux, Pierre Carlet de Chamblain de narratore e commediografo francese (Parigi 1688-1763). Fece i suoi primi studi a Limoges, dove il padre, magistrato, era stato trasferito, e a Parigi si dedicò ai corsi di diritto, frequentando in pari tempo i salotti letterari. Marivaux cominciò la sua attività con romanzi di valore assai modesto: Pharsamond ou Les folies romanesques (1714), Homère travesti ou l'Iliade en vers burlesques (1716), parodia che mostrò la sua scelta per i moderni nella “Querelle des Anciens et des Modernes”. Dopo aver satireggiato, cominciò a mostrare notevoli doti psicologiche in articoli sul Nouveau Mercure e trovò la sua strada nel teatro, in particolare coi comici italiani. L'avvio, tentato nel dramma Annibal (1720) fu infelice, mentre miglior esito ebbe l'Arlequin poli par l'amour (Arlecchino educato dall'amore) dello stesso anno. Era la premessa ai capolavori che in breve seguirono: La surprise de l'amour (1722), La double inconstance (1727), Le jeu de l'amour et du hasard (1730), Les fausses confidences (1737), Epreuve (1740). Marivaux nella sua opera volle staccarsi dal teatro di  Molière e trattò l'amore non come il tema necessario all'intrigo, ma da protagonista assoluto, analizzandolo. Marivaux è il poeta dell'amore nascente, il cantore dei turbamenti dell'animo, del dominio del cuore in ogni suo palpito più nascosto. Nel complesso si può dire che Marivaux è un moralista, una specie di Teofrasto moderno, dietro il grande esempio di La Bruyère e di altri osservatori del cuore umano. Nelle sue commedie la donna ha quasi sempre la parte principale e la prima eccellente interprete delle sue finezze amorose fu Silvia Baletti, forse a lui legata sentimentalmente. L'amore nel teatro di Marivaux nasce quasi sempre all'insaputa dei protagonisti. Così è nel primo capolavoro, La surprise de l'amour, tra Lelio e la contessa, così è ne Le jeu de l'amour et du hasard dove Silvia e Dorante finiscono per ritrovarsi attratti dal cuore nonostante i travestimenti, così è ne Les fausses confidences tra il barone e la baronessa. La perennità del tema e la sottigliezza della trattazione fanno di Marivaux un autore intramontabile. Il suo stile delicato, vicino al preziosismo, ma ai limiti di esso, stabilisce quel confine che gli imitatori non hanno saputo rispettare abbandonandosi a quel marivaudage spesso sinonimo di leziosismo. Se come romanziere Marivaux fu infelice nelle prime prove, notevole fu invece nella Vie de Marianne (1731-41) e nel Paysan parvenu (1735-36). Il primo, rimasto incompleto, storia delle avventure della protagonista narrate in età avanzata a un'amica, è però guastato da un moralismo troppo facile nel proclamare il trionfo del bene sul male; il secondo, storia di Jacob, in parallelo alla vita di Marianne, è lo specchio di un secolo dove per trionfare occorre piacere alle dame. Anche questo secondo romanzo subì aggiunte da parte di altri autori, vivente Marivaux, e gode di una rinnovata attenzione della critica. Accolto all'Accademia nel 1743, Marivaux visse dimenticato gli ultimi anni della sua vita. (sapere.it)

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