venerdì 16 febbraio 2018

Casa di bambola, un dramma


Jeanne Perego, Diritti e drammi delle donne. Il dramma di Ibsen senza tempo, La Nuova Ferrara, 15 febbraio 2018

... Ibsen, norvegese, scrisse Casa di bambola nel 1879 durante un soggiorno in Costiera amalfitana. L’intento era quello di puntare il dito contro i tradizionali ruoli maschili e femminili nell’ambito del matrimonio nel XIX secolo: «Ci sono due tipi di leggi morali, due tipi di coscienze, una in un uomo e un’altra completamente differente in una donna – scrisse il drammaturgo in una nota preliminare al dramma –, l’una non può comprendere l’altra; ma nelle questioni pratiche della vita, la donna è giudicata dalle leggi degli uomini, come se non fosse una donna, ma un uomo». Tale presupposto a lungo ha fatto leggere il testo in chiave femminista, come un inno alla liberazione dal patriarcato, anche se c’è chi ha sostenuto che l’intenzione ibseniana fosse quella di richiamare l’attenzione non solo sui diritti femminili ma, in generale, sui “diritti civili”.

La lettura fatta dalla regia dello spettacolo, che proviene come tutti i dvd della serie dalle preziosissime Teche della Rai, rispetta la chiave di lettura femminista, quella che solleva il velo sulla vita in gabbie dorate di tantissime donne del XIX secolo. Situazioni in cui erano vezzeggiate, coccolate proprio come le bambole del titolo della pièce, ma in realtà poco amate. Ma anche, finalmente, capaci di prendere la porta di casa e chiudersela alle spalle come fa Nora, la protagonista.

La trama è semplice, quasi una non trama, così come minimali sono i protagonisti. Per dirla come James Joyce: «L’opera drammatica di Ibsen non polarizza l’attenzione sull’azione o sugli avvenimenti. Persino i personaggi, per quanto perfetti, non sono l’essenza delle sue opere. Quello che per lui conta è il nudo dramma». Nora si presenta come una donna/bambina capricciosa che gioca con la vita e che viene trattata dal marito Torvald come l’uccellino che si tiene in gabbia per contemplarne la bellezza e ascoltarne il canto. Il cambiamento per lei arriva quando capisce che Torvald non è l’adorabile persona che ha sempre creduto, che il suo ruolo nel matrimonio è sempre stato quello del giocattolino. Nora è ricattata da Krogstad per il prestito illecito che era stata costretta a contrarre per salvare la vita di suo marito. Quando questi scopre il fatto, viene travolto dall’angoscia di perdere la propria reputazione. In preda a tale disperata idea, dichiara a Nora che la ritiene una persona indegna per la crescita dei loro figli e che l’allontanerà di casa. Non c’è traccia di comprensione per l’amore che l’aveva spinta a quell’atto illegale.

Grazie all’intervento di un’amica di Nora, il ricatto vien meno. Torvald, accoglie la notizia esclamando «sono salvo!», e subito perdona la moglie. Ma lei non può tornare a essere quella di prima. la magia della vita da bambola fragile e delicata è svanita. Con grande sofferenza prende la decisione di chiudersi la porta di casa alle spalle abbandonando il marito e il passato alla ricerca della propria identità di creatura umana e per – come dice a Torvald – «...ragionare col mio cervello». 


https://palomarblog.wordpress.com/2017/12/14/ho-atteso-invano-il-prodigio/

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