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| Alberto Nagel |
Giovanni Pons
Nagel, le accuse e l’inchiesta: la partita Generali cambia verso
la Repubblica, 28 novembre 2025
È almeno dal 2019 che le mosse della Delfin, la cassaforte della famiglia Del Vecchio, e quelle di Francesco Gaetano Caltagirone, imprenditore romano, vanno in parallelo e si incrociano nei momenti cruciali, come le assemblee di Mediobanca e Generali. Una sfida piena di accuse reciproche con l’ex ad di Piazzetta Cuccia, Alberto Nagel, che ora l’inchiesta di Milano rimette in discussione. Del Vecchio ha cominciato a comprare azioni Mediobanca nel 2018 dopo che la sua proposta di sviluppo dello Ieo (Istituto europeo di oncologia) non è stata accolta dagli altri soci che volevano restare fedeli all’idea originaria di Enrico Cuccia e Umberto Veronesi. L’affronto è stato tale che il patron di Luxottica si mise a scalare la stessa Mediobanca per prenderne il controllo ed estrometterne i manager che avevano opposto il gran rifiuto, Alberto Nagel e Renato Pagliaro. Il malcontento sulla centralità del potere di Mediobanca, sia Caltagirone che Del Vecchio lo avevano già riscontrato in Generali, dove entrambi erano azionisti al 2% fin dalla seconda parte del decennio 2010. I due, senza alcun accordo scritto, si erano però spartiti i compiti: Del Vecchio su Mediobanca mentre Caltagirone si sarebbe occupato di Generali. E in effetti è stato così, la Delfin dopo aver acquisito un pacchetto di azioni da Unicredit che aveva smobilizzato il suo 7% di Mediobanca, continuò negli acquisti arrivando fino al 20%. Caltagirone seguiva a ruota comprando piccoli quantitativi di azioni Generali e Mediobanca stando ben attento a non spendere troppo e a reinvestire i succosi dividendi che incassava grazie alla gestione di Nagel e Philippe Donnet.
La prima conta dei voti avviene nella primavera 2022, sotto la bora triestina, con Caltagirone che con il 10% presenta per la prima volta una lista di maggioranza per il rinnovo del board in antitesi a quella di Mediobanca. Del Vecchio, Benetton, fondazione Crt la votano ma non basta, il mercato segue Nagel e vince la lista del cda uscente presentata da Donnet. Dopo appena un mese Del Vecchio muore e sul letto dell’ospedale sembra si sia raccomandato con i famigliari più stretti di abbandonare le guerre di potere come quella che aveva appena devastato Generali. Ma il suo delfino, Francesco Milleri, a cui ha lasciato le redini manageriali del gruppo Essilux e anche della Delfin, continua imperterrito nella battaglia contro Mediobanca. Nell’ottobre 2023 Delfin presenta una lista di minoranza lunga dopo aver trattato con Nagel per mettere alla presidenza Vittorio Grilli. La lista del board vince ancora grazie ai voti dei fondi internazionali che premiano la buona gestione del management e Milleri deve accontentarsi di soli due posti in cda.
A questo punto Caltagirone e Milleri si rendono conto che l’unico modo per vincere la partita è quello di prendere il controllo di Mediobanca, che a cascata si porta dietro anche Generali, avendo la prima in pancia il 13% della seconda. Ma non possono farlo direttamente perché la Bce impone requisiti di capitale molto alti per le imprese non bancarie che vogliono controllare il credito. Così scatta la manovra sul Monte dei Paschi da usare come ariete per sfondare il fortino di Cuccia e conquistare la filiera. Così in poco tempo Caltagirone e Delfin, acquistando dal Tesoro e sul mercato, arrivano ad avere il 10% a testa di Mps, il 30% complessivo di Mediobanca e il 17% di Generali. Un filotto mai visto prima che allontana il sogno delle public company all’italiana.
È almeno dal 2019 che le mosse della Delfin, la cassaforte della famiglia Del Vecchio, e quelle di Francesco Gaetano Caltagirone, imprenditore romano, vanno in parallelo e si incrociano nei momenti cruciali, come le assemblee di Mediobanca e Generali. Una sfida piena di accuse reciproche con l’ex ad di Piazzetta Cuccia, Alberto Nagel, che ora l’inchiesta di Milano rimette in discussione. Del Vecchio ha cominciato a comprare azioni Mediobanca nel 2018 dopo che la sua proposta di sviluppo dello Ieo (Istituto europeo di oncologia) non è stata accolta dagli altri soci che volevano restare fedeli all’idea originaria di Enrico Cuccia e Umberto Veronesi. L’affronto è stato tale che il patron di Luxottica si mise a scalare la stessa Mediobanca per prenderne il controllo ed estrometterne i manager che avevano opposto il gran rifiuto, Alberto Nagel e Renato Pagliaro. Il malcontento sulla centralità del potere di Mediobanca, sia Caltagirone che Del Vecchio lo avevano già riscontrato in Generali, dove entrambi erano azionisti al 2% fin dalla seconda parte del decennio 2010. I due, senza alcun accordo scritto, si erano però spartiti i compiti: Del Vecchio su Mediobanca mentre Caltagirone si sarebbe occupato di Generali. E in effetti è stato così, la Delfin dopo aver acquisito un pacchetto di azioni da Unicredit che aveva smobilizzato il suo 7% di Mediobanca, continuò negli acquisti arrivando fino al 20%. Caltagirone seguiva a ruota comprando piccoli quantitativi di azioni Generali e Mediobanca stando ben attento a non spendere troppo e a reinvestire i succosi dividendi che incassava grazie alla gestione di Nagel e Philippe Donnet.
La prima conta dei voti avviene nella primavera 2022, sotto la bora triestina, con Caltagirone che con il 10% presenta per la prima volta una lista di maggioranza per il rinnovo del board in antitesi a quella di Mediobanca. Del Vecchio, Benetton, fondazione Crt la votano ma non basta, il mercato segue Nagel e vince la lista del cda uscente presentata da Donnet. Dopo appena un mese Del Vecchio muore e sul letto dell’ospedale sembra si sia raccomandato con i famigliari più stretti di abbandonare le guerre di potere come quella che aveva appena devastato Generali. Ma il suo delfino, Francesco Milleri, a cui ha lasciato le redini manageriali del gruppo Essilux e anche della Delfin, continua imperterrito nella battaglia contro Mediobanca. Nell’ottobre 2023 Delfin presenta una lista di minoranza lunga dopo aver trattato con Nagel per mettere alla presidenza Vittorio Grilli. La lista del board vince ancora grazie ai voti dei fondi internazionali che premiano la buona gestione del management e Milleri deve accontentarsi di soli due posti in cda.
A questo punto Caltagirone e Milleri si rendono conto che l’unico modo per vincere la partita è quello di prendere il controllo di Mediobanca, che a cascata si porta dietro anche Generali, avendo la prima in pancia il 13% della seconda. Ma non possono farlo direttamente perché la Bce impone requisiti di capitale molto alti per le imprese non bancarie che vogliono controllare il credito. Così scatta la manovra sul Monte dei Paschi da usare come ariete per sfondare il fortino di Cuccia e conquistare la filiera. Così in poco tempo Caltagirone e Delfin, acquistando dal Tesoro e sul mercato, arrivano ad avere il 10% a testa di Mps, il 30% complessivo di Mediobanca e il 17% di Generali. Un filotto mai visto prima che allontana il sogno delle public company all’italiana.
I due armano il generale Luigi Lovaglio che in due anni ha riportato Mps sulla retta via e a fine gennaio 2025 Siena, con le spalle coperte da Roma, lancia l’Ops su Mediobanca. Il tempio milanese viene così violato da una banca grande la metà che per 15 anni è stata sull’orlo del fallimento e che è stata salvata con i miliardi dei contribuenti.
Nagel e il suo cda alzano le barricate e ad aprile, dopo l’ennesima vittoria per i vertici Generali, mettono in pista un’operazione concorrente: l’acquisto di Banca Generali. Il mercato apprezza e fa salire i titoli di tutte le società coinvolte, ma le casse di previdenza, Enpam, Enasarco, Forense, molto sensibili alle sirene romane, scendono in campo. Acquistano titoli Mediobanca e si schierano a fianco di Caltagirone e Delfin, un fronte che con la famiglia Benetton e Unicredit fa fallire l’operazione di Nagel. La strada per il successo dell’Ops del Monte è così spianata e a fine settembre le adesioni arrivano all’86%. Nagel e l’intero cda si dimettono e finalmente Caltagirone e Milleri possono piazzare i loro uomini al comando: Grilli va alla presidenza (Delfin) e Melzi d’Eril (Caltagirone) prende il posto di Nagel. Un passo decisivo verso la vittoria finale di Roma contro Milano che prevede la presa di Generali. Ora, procura permettendo.

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