Marco Di Giovanni
La guerra che cambia e le sue nuove asimmetrie
Marco Di Giovanni
Ecco un evento televisivo che ha trovato molti oppositori. Come mai? Guardiamo alla composizione del fronte contrario a un intervento destinato a durare due minuti in tutto. Questo fronte è composto da personaggi che hanno qualcosa in comune. Hanno tutti, in qualche occasione o sempre, votato a favore di un aiuto militare all'Ucraina. E tutti vogliono rendere nota una riserva mentale. Hanno votato per l'invio di armi all'Ucraina, ma non erano del tutto convinti. Queste persone continuano a cosiderarsi dei pacifisti, in realtà. La presenza di Zelensky è per loro intollerabile in quanto fa emergere una contraddizione. Sostenendo l'invio delle armi all'Ucraina, questi sedicenti pacifisti si sono schierati da una parte sola in un conflitto militare. Zelensky richiama una scelta ai loro occhi discutibile. Vade retro Satana! Ma questa non è gente cha resistito a Satana. È gente che ha ceduto alla tentazione e ora mostra un qualche pentimento. A questo punto è utile introdurre nel discorso un altro elemento. I sondaggi. Ci sono stati dei sondaggi riguardo all'invio delle armi all'Ucraina. Un sondaggio di Euromedia Research illustrato da Alessandra Ghisleri su La Stampa dice che la maggioranza degli italiani è contraria all’invio di armi all’Ucraina. Il campione si schiera anche contro un eventuale intervento della Nato
nel conflitto. E la maggioranza relativa pensa che la guerra finirà con
un cessate-il-fuoco negoziato con la Russia che poi sarà imposto a Kiev. Gli italiani sentono il conflitto lontano. Tranne i giovani: il 15,8% sente vicine le ostilità della guerra, il 51%
le sente addirittura prossime. Ghisleri spiega che la percentuale di
contrari all’invio di armi è aumentata rispetto a dicembre. Mentre i
favorevoli sono leggermente in calo. Tra questi ci sono gli elettori di Partito Democratico, Azione e Italia Viva. Ora l'enigma trova la sua soluzione. Che cosa accomuna Carlo Calenda, Matteo Salvini, Giuseppe Conte e Gianni Cuperlo? La volontà di ostentare un certo pacifismo. Dove sta il crimine di Zelensky? Lasciamo parlare gli intellettuali (Carlo Freccero, Franco Cardini, Moni Ovadia e altri) contrari alla esibizione di Zelensky a Sanremo: "l'Italia ha rinunciato a svolgere l'importante ruolo di mediazione
geopolitica che corrisponde alla sua vocazione storica, abdicando al
contempo al proprio interesse nazionale e al proprio ruolo di fondatrice
del processo di unificazione europea, come struttura per assicurare la
pace fra le nazioni". Ecco il crimine: l'Italia avrebbe dovuto svolgere un ruolo di mediazione, tenendosi fuori della guerra. Questo non è avvenuto. Si è scelta l'Ucraina. Siamo un paese cattolico. Zelensky rappresenta la mela che, nel racconto biblico, ha fatto crollare la resistenza di Eva al peccato. C'è sempre posto per un pentimento.
Tutto molto semplice, alla fine. Tutto molto penoso, anche. La politica si fa spettacolo a buon mercato. Non c'è un voto parlamentare di mezzo. C'è una esibizione televisiva. Chi è contrario e strepita spera di guadagnare consensi. Scordiamoci il passato, diceva una vecchia canzone canzone napoletana: chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato.
Alessandro Ferretti
Il ricordo dell’attrice scomparsa a 95 anni, uno dei volti italiani del mondo del cinema: girò molti film negli Usa, al fianco dei più importanti attori americani. Ma i suoi personaggi, più di altri, raccontano il tempo in cui gli italiani tornavano a gustare la vita
Il primo film interpretato da Gina Lollobrigida
è del 1946. Recitava il ruolo della cortigiana in «Aquila nera» di Riccardo Freda.
Bisogna soffermarsi sulla data, più che sul ruolo, per comprendere cosa abbia rappresentato l’attrice per il senso comune di generazioni di italiani.
Suo padre era un ricco produttore di mobili ma perse tutto per un
bombardamento alleato. E così, nella grande confusione di quel tempo la
sua famiglia si trasferì da Subiaco a Roma, dalla provincia alla città,
secondo il flusso migratorio delle povertà antiche e repentine di quei
giorni.
La sua famiglia perse quello che aveva ma Gina aveva quello che l’Italia aveva perso: la bellezza.
Partecipò a vari concorsi per miss e arrivò sempre nelle prime
posizioni, ma mai ne vinse uno. Le gare di bellezza nell’Italia
squarciata dalle bombe e dalla divisione possono apparire un ossimoro.
Ma non è così.
Il paese che aveva pianto i figli e i mariti morti al fonte,
contemplato le case distrutte dalle bombe e sofferto la dittatura, la
fame e l’occupazione straniera aveva finalmente voglia di luce e di
sorriso. Alla pesantezza della morte e del nero voleva opporre
l’allegria del sorriso e la gioia della leggerezza. La bellezza contro il dolore.
L’allegria contro la paura. Gina Lollobrigida incarnò, il verbo non è
scelto a caso, questo desiderio di rinascita. Era esageratamente bella,
trasmetteva una gioia di vivere che era estranea al lungo inverno
italiano. Era a colori, in un mondo in bianco e nero.
L’Italia, finito il mito dell’impero, si riscopriva piccola,
ritrovava il fascino delle storie minute come rifugio alle promesse
fallaci di grandezza. Il piccolo comune di Sagliena, luogo immaginario,
somigliava al paese intero. È lì che Luigi Comencini decise di
ambientare «Pane amore e fantasia» che diventerà uno dei primi prodotti
seriali della nostra cinematografia. La Lollobrigida e De Sica costituirono una coppia irresistibile. Lui ha cinquantadue anni, lei ventisei. Lui è un mondo che declina, lei il nuovo che avanza.
La Lollobrigida sarà poi uno dei volti italiani nel mondo.
Girerà molti film negli Usa, al fianco dei più importanti attori
americani: Burt Lancaster, Humphrey Bogart, Frank Sinatra, Steve Mc
Queen, Tony Curtis. In un paese abituato agli antagonismi, da Romolo e
Remo a Coppi e Bartali, la Lollobrigida venne immediatamente messa in
competizione con l’altra star mondiale del nostro cinema: Sophia Loren. E
nonostante anche la «Bersagliera»
avesse avuto la fortuna di essere diretta da maestri come Mario
Monicelli, Carlo Lizzani, Luigi Zampa, negli Usa, da King Vidor o John
Houston e in Francia da Jules Dassin o Agnès Varda le restò sempre la
sensazione che alla Loren fosse riconosciuto, dal cinema italiano di
qualità, un peso diverso.
La Lollo era una bravissima attrice.
Io la ricordo così in un film della fine degli anni sessanta, «Un
bellissimo novembre» di Bolognini e, soprattutto, nella magnifica
interpretazione della Fata Turchina nel «Pinocchio» di Comencini. I suoi
personaggi, più di altri, raccontano l’incanto di quel tempo, la
seconda metà degli anni quaranta e l’inizio dei cinquanta, in cui gli
italiani tornavano a vivere una vita normale, a sperare, a gustare la
vita. La vita normale. Senza guerre, dittature, fame. La vita normale,
fatta di pane, di amore e di fantasia.
Giuseppe Sciara
Consiglio di lettura alla luce della recente polemica e dell'ondata di indignazione per le parole di Sangiuliano. Certi autori non sono né di destra né di sinistra, ma vengono usati politicamente e strumentalizzati nelle maniere più diverse. Vale per Dante, come per Machiavelli, Alfieri e altri. Nel bel libro di Fabio Di Giannatale, "Specchi danteschi" (ETS, 2020) troverete un Dante riformatore, uno "giacobino", uno nazionalista, uno "esoterico". E ancora: precursore di Mazzini, cattolico per eccellenza, profeta del primato italiano... E questo solo per l'Ottocento italiano.
https://www.academia.edu/30616138/Il_Dante_reazionario_di_Sanguineti_1992_
Mariolina Bertini, Su Liala, sl, Nuova editrice Berti 2022, 80 pp.
Questo piccolo libro è per me una sorpresa. Conoscevo in parte gli scritti di Mariolina Bertini su Liala e, francamente, mi ero fatto un'idea diversa. A una lettura più attenta e completa, la rivalutazione o l'apologia di Liala si rivela un aspetto secondario. Per me questa doveva essere una irruzione nel dominio della letteratura rosa, una stravaganza proveniente dalla natura birichina dell'autrice, abitata da uno spiritello diabolico che non si arrende e che, anzi, si manifesta volentieri, in modo gioioso e noncurante. Illustrare il fascino di Liala poteva essere un modo per andare contro corrente. E l'autrice va contro corrente quando mette in luce il lato frivolo dei romanzi scritti da Liala e al tempo stesso vede nello splendore del culto riservato agli oggetti che simboleggiano la riuscita un fattore di fascino: fascino quasi ipnotico, fascino irresistibile, scrive. Camilla Cederna introduce nel testo il tema del kitsch. Questa è una prima particolarità che va oltre il repertorio delle stranezze. Alla fine l'opera di Liala mostra la persistenza del kitsch nell'epoca del disincanto. Una seconda particolarità è legata all'attenzione per il perturbante. Pur tra tante cianfrusaglie colpisce il mutamento nel ruolo della donna. Cambia il rapporto della donna con il desiderio. Parola chiave per Lacan, come è noto. Parola antica, che percorre l'intero episodio di Paolo e Francesca nella Commedia. Desiderio condiviso in quel caso. Qui invece siamo al tempo di lady Chatterley. Liala approda a un riconoscimento e a una esaltazione del desiderio femminile. Intanto nello spazio attribuito all'attesa e all'idoleggiamento del corpo maschile. E poi c'è l'esplosione: le donne diventano macchine desideranti di inaudita potenza. Siamo ben lontani dalla banalità dilagante nel romanzo rosa.