domenica 12 dicembre 2021

Valérie Pécresse, presidenziabile


 
 
Valérie Pécresse punta all’Eliseo e alla rivincita del gaullismo
Al ballottaggio? La candidata dei Républicains supera nei sondaggi Marine Le Pen e diventa un’avversaria temibile per Emmanuel Macron

«Effet primaire». «Effetto primarie»: la Francia lo conosce bene. Anche in questa occasione, tutto è cambiato. La vittoria finora certa di Emmanuel Macron alle presidenziali di aprile è ora in dubbio; e l’elemento dirompente non è stata la discesa in campo di Éric Zemmour, il polemista radicale che imita De Gaulle, ma la vittoria alle primarie dei Républicains di Valérie Roux Pécresse che del generale può considerarsi un' erede politicamente “legittima”.

I sondaggi, soprattutto se letti in successione temporale, sono abbastanza chiari. La presidente della regione parigina dell’Ile de France non ha goduto nei mesi precedenti le primarie di un consenso superiore al 10%. Altri candidati della sua stessa area sembravano più popolari, a cominciare da Xavier Bertrand, il presidente della regione degli Hauts de France che, con una fuga in avanti, si era candidato ufficialmente nell’agosto 2020. Dopo la proclamazione degli iscritti al partito - quel partito da cui lei era uscita criticandone il tradimento della sua cultura repubblicana - Pécresse è “esplosa”: il suo consenso - nei sei sondaggi finora effettuati - ha superato i livelli più alti, e ormai dimenticati, di cui godeva a inizio 2021, e hanno raggiunto il 20%, contro il 24% stabile di Emmanuel Macron, che dopo cinque anni di presidenza non sembra essere riuscito ad aumentare i suoi potenziali voti (24% fu il risultato dl primo turno del 2017). Il calo simultaneo dei consensi di Marine Le Pen, insidiata nel suo stesso bacino elettorale da Zemmour, porta a uno scenario del tutto nuovo. Al ballottaggio è molto probabile che si assista a uno scontro tra Macron e Pécresse, e l’esito non è scontato. Dei due sondaggi effettuati sul secondo turno, uno prevede la vittoria del presidente uscente, l’altro quello della sfidante gollista: nella sfida, Macron non potrebbe più contare sul sostegno della destra repubblicana al quale ha potuto attingere, e che ha potuto coccolare, nei momenti di difficoltà.

Basta questo per fare di Valérie Pécresse, in ogni caso, la vera novità di queste elezioni. Tutto può ancora cambiare, ma Pécresse potrebbe segnare la rivincita dei gaullisti, travolti nel 2017 dallo scandalo che colpì il candidato François Fillon (aveva “assunto” la moglie come assistente parlamentare) e poi alle europee del 2019 dalla svolta verso la destra radicale voluta da Laurent Wauquiez: +8,5% il tragico responso delle urne per un partito in realtà ancora molto radicato in Francia. Alle elezioni dipartimentali e regionali del 2021, Les Républicains sono risultati il primo partito con il 28% dei consensi (correttamente indicati dai sondaggi), oscurando un po’ il Rassemblement National che in quell’occasione non ha mantenuto le sue promesse.

Pécresse ha inoltre puntato molto sull’”ortodossia” repubblicana. Di fronte alla disinvoltura del partito nella sua collocazione politica, lei è apparsa più coerente. All’opposizione durante la leadership di Wauquiez, ha rinunciato alla possibilità di diventare presidente del partito dopo la débâcle alle europee, per rendere autonomo il proprio movimento, Soyons Libres (Siamo liberi), sposando un repubblicanesimo liberale, centrista, diverso dall’anima “sociale” di altre componenti del gaullismo. Anche oggi, Pécresse spiega di voler ispirarsi per un terzo a Margareth Thatcher - una scelta scomoda, in Francia, anche se ormai un po’ “antica” - e per due terzi a Angela Merkel.

Esterna al partito fino a ottobre, ha prevalso alle primarie di inizio dicembre, aperta ai soli iscritti superando Éric Ciotti, che rappresentava l’anima più radicale dei repubblicani, più vicina alle posizioni dei populisti (in Francia tutti, anche a sinistra, usano la retorica della “sovranità”). Eppure la nuova candidata è l’espressione di quel mondo francese che ama presentarsi, ed è considerato, come élite, ed è oggi disprezzato proprio per questo: nipote dello psichiatra Louis Bertagna, il medico di Henry Malraux, cattolico e resistente; figlia dell’economista Dominique Roux, ex presidente della Bolloré Telecom, Pécresse si è laureata in economia, ha frequentato l’Ena, e ha insegnato diritto costituzionale a Science Po. È stata ministro dell’Università e della Ricerca nei governi Fillon I, II, e II e ministro delegato del Budget, dei Conti pubblici e della Riforma dello Stato e portavoce dell’Esecutivo nel governo Fillon III. Suo marito Jérôme Pécresse è Pdg (Presidente-direttore generale) di Ge Renewable Energy (l’ex Alstom Renewable Energy) e vicepresidente di Alstom. È considerata una gran lavoratrice, molto metodica, conosce il russo, il giapponese, l’inglese.

«Sono una donna che vince», ha detto alla vigilia della sua vittoria alle primarie, in un confronto che ha riportato i Républicains a ragionare attorno ai valori fondanti del partito: la République, ovviamente, vista da destra, una destra che con De Gaulle rivendicava i valori di Liberté, egalité, fraternité a differenza di quanto avviene in genere nel mondo conservatore; lo Stato; la laicità (è una cattolica tiepida che considera la religione un fatto privato); l’istruzione; e soprattutto l’”ordine”, termine che le permette di distanziarsi dalla retorica sulla “sicurezza” ormai dominante in Francia. Consigliere regionale dell’Ile de France dal 2004 e presidente da dicembre 2015, Pécresse si è dovuta occupare di aree socialmente turbolente: è quindi favorevole all’uso dell’esercito nelle “zone-di-non-diritto”. Popolare tra i più anziani, Pécresse vuole un’Europa forte, mentre punta a diminuire le spese pubbliche e le imposte su imprese e successioni. Intende sopprimere 200mila posti di funzionari pubblici, portare l’età pensionabile da 62 a 65 anni, abrogare le 35 ore, ridimensionare i sussidi di disoccupazione e vendere le quote di minoranza possedute dallo Stato.

 

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