Laura Operti
Madiba
è il nome che ha dato a Nelson Rolihalahla Mandela la tribù Xhosa cui
apparteneva. Mandela se n’è andato, tutto il mondo lo piange e i
giornali ne ricordano le grandi qualità politiche
e umane che ha lasciato in dono al Sudafrica e all’umanità intera.
Presidente del Sudafrica dal 1994 al 1999, dopo 27 anni di detenzione,
premio Nobel per la pace nel 1993. La sua esperienza è stata
testimonianza tra le più alte del pensiero nonviolento, in particolare
per l’istituzione della Commissione per la Verità e la Riconciliazione,
TRC, Truth and Reconciliation Commission, presieduta dall’arcivescovo
Desmond Tutu, tra il dicembre 1995 e l’estate 1998.
I lavori della
Commissione svelano i crimini compiuti nel regime dell’Apartheid ai
danni della popolazione nera del Sudafrica per oltre cinquant’anni. Ma
si scongiura un bagno di sangue mettendo i colpevoli di fronte alle
vittime. Ai primi si chiede la verità sui crimini commessi, ai secondi
l’autorizzazione al perdono con conseguente amnistia per i colpevoli. Ci
furono ventimila vittime e ottomila richieste di amnistia per i
colpevoli. Il pensiero degli anni che seguirono una prima fase della
vita in cui Mandela non aveva rifiutato la lotta armata, fu che solo
l’armonia tra i cittadini può essere la base di un vero stato
democratico.
Perdono e riconciliazione, oltre la vendetta e il
dolore. Come ha scritto Zvetan Todorov sull’Avvenire del 7 dicembre
2013 “Mandela è stato un uomo capace di introdurre la saggezza nella
vita politica “.
La storia di questa Commissione è esemplarmente
raccontata nel libro Terra del mio sangue dalla giornalista
sudafricana Antjie Krog, Nutrimenti ed., Roma, 2006. Altro testo
fondamentale uscito nel 2010 è l’autobiografia, Io Nelson
Mandela, Conversazioni con me stesso, Sperling&Kupfer, Milano,
2010. La prefazione è di Barack Obama.
Non si può non fermarsi a
cogliere il legame tra queste due figure, Mandela e Obama , pur con
tutte le grandi distanze che li separano. Ha scritto su Repubblica il 7
dicembre 2013 Vittorio Zucconi “…Molto più di ogni legge o sentenza il
trionfo morale e poi politico di “Madiba”, aveva dato legittimità alla
sfida di un altro uomo nero verso la presidenza degli Stati Uniti. Aveva
dimostrato che tutte le miserabili equazioni del razzismo e della
discriminazione erano false e che il figlio di un villaggio
dell’Africa del Sud, poteva avere, come il più raffinato intellettuale
partorito dai college dei bianchi, forza e doti morali superiori “.
Molti i film su Mandela. Vorrei ricordarne uno, particolarmente
intenso, e molto ben realizzato che ha come tema proprio la profonda
convinzione che solo attraverso l’armonia, e il rispetto degli uni e
degli altri può nascere una nazione : Invictus di Clint Eastwood, 2009,
con protagonista l’attore Morgan Freeman. Il film è un adattamento
cinematografico del romanzo Playing The Enemy , Nelson Mandela and the
game that made a nation di John Carlin, ispirato ai fatti che ebbero
luogo in occasione della Coppa del mondo di rugby del 1995, tenutasi in
Sudafrica poco tempo dopo l’insediamento di Mandela a Presidente della
nazione. Scompaiono le differenze tra bianchi e neri, scompare il
razzismo, perché Mandela sostiene fino in fondo la Nazionale Springboks,
che era stato simbolo dell’orgoglio africaner e la conduce alla
vittoria in nome del Sudafrica unito, della “Rainbow nation”.
Il Sudafrica che ha lasciato Mandela rappresenta il compimento dei suoi sogni?
Così risponde a questa domanda il premio Nobel della letteratura Nadine
Gordimer a Johannesburg all’inviato della Stampa:”Quello della libertà
si. L’apartheid non esiste più e il paese è diventato per la prima volta
democratico. Tutto il resto però manca. Abbiamo fallito soprattutto
nell’obiettivo di garantire a tutti la possibilità di affermarsi e di
avere una vita decente. Le differenze sociali, il gap recente tra ricchi
e poveri, resta l’emergenza principale a cui il paese deve
necessariamente rispondere”.
Ancor più amaro l’artista sudafricano
William Kentridge secondo il quale ”…il paese [ha] voltato le spalle a
Mandela: erano tutti troppo avidi, troppo egoisti, per compiere i
sacrifici necessari a trasformare la società”. Il Sole 24 0re, 8
dicembre 2013.
L’odio razziale è vinto, ma la povertà la
diseguaglianza sociale, la corruzione rimangono da combattere e una
società armoniosa e giusta ancora è ancora un’utopia.
Ma noi crediamo nelle utopie.
Ancora un ricordo. L’ultima apparizione pubblica di Mandela fu in
occasione della Coppa mondiale di calcio che si svolse in Sudafrica nel
2010. Mandela fu accolto dall’abbraccio e dall’ovazione della folla.
Poco distante si consumava l’ultimo dramma. In un incidente d’auto
perdeva la vita una ragazzina: era una nipote di Mandela. I giornali ne
parlarono e ne parlano poco.
Non si sa molto, soltanto che ancora il dolore segna una grande vita.
Per Zenani Zanethemba Nomasonto Mandela, tragicamente scomparsa l’11
giugno 2010, a tredici anni. Questa è la dedica del libro Io Nelson
Mandela. Conversazioni con me stesso, di Nelson Mandela .
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