domenica 8 marzo 2020

Hemingway e Stendhal

Hemingway con Fernanda Pivano
Gian Luca Favetto racconta Ernest Hemingway, Gribaudo, Torino 1997

Di Hemingway, Pavese condivide l'idea della letteratura come vita, ama la "miracolosa immediatezza espressiva, quel nativo senso della terra e della realtà, quella cruda saggezza". Lo considera, ancora vivente, un classico. Il 14 marzo 1947 annota: "Hemingway è lo Stendhal del nostro tempo". E cinque giorni dopo: "Stendhal-Hemingway. Non raccontano il mondo, la società, non danno il senso di attingere a una larga realtà interpretando a scelta, a, volontà - come Balzac, come Tolstoj, come ecc... Hanno una costante di tensione umana che si risolve in situazioni sensorio-ambientali rese con assoluta immediatezza. Altre non ne saprebbero rendere, come invece i suddetti. Su questa costante hanno costruito un'ideologia, che è poi il loro mestiere di narratori: l'energia, la chiarezza, la non-letteratura... Sono i tipici narratori in prima persona". Il 22 marzo, definendo il Moby Dick di Melville puro ritmo, chiosa: "Narrerà ora non chi 'conasce la natura umana' e ha fatto scoperta di psicologie significative e profonde, ma chi possiede blocchi di realtà, esperienze angolari che gli ritmano e cadenzano e ricamano il discorso. Hemingway ha la morte violenta...".

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