mercoledì 26 aprile 2017

Lombroso a Jasnaja Poljana




Emiliano Vincenzo Toppi, Lombroso e Tolstoj, la prova del nuoto

Un segno della diffusione del nuoto tra gli uomini di lettere e di scienza può essere considerato il curioso episodio che coinvolse lo psichiatra italiano Cesare Lombroso e il grande scrittore russo Lev Tolstoj. I due si incontrarono infatti nell’agosto del 1897 presso la tenuta di Jasnaja Poljana, residenza e rifugio dello scrittore, posta nel governatorato di Tula (a circa duecento chilometri da Mosca). In quei giorni Lombroso si trovava a Mosca per il dodicesimo congresso internazionale di Medicina e venne ospitato, su invito personale dello zar Nicola II, presso un lussuoso appartamento al Cremlino. Le teorie lombrosiane, in estrema sintesi, ruotano attorno ad un nucleo fondamentale di idee secondo le quali i criminali sono contrassegnati da aspetti naturali, biologici, che li rendono tali. Le idee del medico italiano oggi ci appaiono assurde, ma del resto l’epistemologia novecentesca ci insegna che la scienza prosegue per tentativi ed errori.
Trovandosi a così poca distanza dalla residenza di quello che egli riteneva essere (ed in questo non era solo) il più grande scrittore vivente, un vero e proprio genio, Lombroso decise di fare visita a Tolstoj. Poteva quindi cominciare una sorta di esplorazione scientifico-naturalistica grazie alla quale lo psichiatra veronese sperava di trovare conferma (o quella che egli avrebbe ritenuto un’ulteriore conferma) alla sua teoria del rapporto tra genio e follia. Secondo lui genio e follia erano due aspetti della stessa realtà psicobiologica: una realtà malata, alterata, distorta e disturbata. Vigeva quindi una sorta di legge di compensazione, che portava alcuni malati, folli (ai quali la natura non aveva concesso le caratteristiche che avevano invece gli altri) ad avere delle qualità geniali. Non era quindi qualcosa di totalmente positivo essere considerati geni dall’eccentrico e vivace positivista italiano e questo lo aveva capito benissimo lo stesso Tolstoj, che era abbonato a riviste provenienti da mezzo mondo, leggeva di tutto ed era quindi certamente a conoscenza (sia pure in modo generico) delle teorie di Lombroso. Lo scrittore russo accolse cortesemente la richiesta dello scienziato italiano ed accettò quindi di incontrarlo e di ospitarlo presso la sua tenuta di Jasnaja Poljana.
Proprio durante la sua prima giornata di permanenza in quel luogo incantevole, Lombroso venne invitato dallo scrittore a tuffarsi nel laghetto della Voronka. I due nuotarono insieme per un quarto d’ora, poi l’italiano cominciò ad annaspare. Tolstoj proseguiva invece fresco come una rosa, contento di poter dimostrare che il proprio non era certamente un organismo degenerato, come invece le teorie lombrosiane avrebbero portato a pensare. Ad un certo punto, Lombroso rischiò di affogare e Tolstoj lo salvò afferrandolo per i capelli, per poi letteralmente gettarlo nella piscina che si trovava lì vicino. Alla fine della nuotata, lo psichiatra espresse al suo ospite tutto il suo stupore nel vederlo così prestante e questi allora lo sollevò e lo prese in braccio, come se si trattasse di un cagnolino.
Nei giorni successivi Lombroso continuò a spiegare le proprie teorie allo scrittore russo, ma i due non si trovarono d’accordo praticamente su nulla. Complessivamente, lo psichiatra italiano ebbe la sensazione che Tolstoj fosse una persona molto buona.
Nel romanzo Resurrezione, dove il protagonista Nechljudov si interroga in modo assai profondo sul tema della pena, il grande scrittore russo espresse attraverso i personaggi tutta la sua avversione verso le teorie criminologiche lombrosiane.

NOTA BIBLIOGRAFICA

Oltre ai saggi di Lombroso ed ai romanzi di Tolstoj, che non riporto per ragioni di spazio, ho avuto modo di consultare i seguenti testi. In essi, il lettore potrà trovare altri riferimenti.

S. Alfonsi, Nuoto, Giunti, Firenze 2008, pp. 95.
R. Catenacci, “Il genio e la follia. Quando Lombroso analizzò Tolstoj” (intervista a Paolo Mazzarello), la Provincia pavese, 10 febbraio 2015. Disponibile anche on line: http://laprovinciapavese.gelocal.it/tempo-libero/2015/02/10/news/il-genio-e-la-follia-quando-lombroso-analizzo-tolstoj-1.10841416
P. Mazzarello, Il genio e la follia. La strana visita di Lombroso a Tolstoj, Bollati Boringhieri, Torino 2005, pp. 123 (I edizione: Bibliopolis, Napoli 1998).

Mario Baudino, Quando Tolstoj salvò Lombroso da sicuro annegamento, La Stampa, 14 novembre 2019

Cesare Lombroso incontrò Lev Tolstoj, nella tenuta di Jasnaja Poljana, e per poco non finì annegato. Lo salvò l'ospite, con grande energia, tirandolo fuori da uno stagno infestato dalle ninfee dove gli aveva proposto una bella nuotata. Fu tutto sommato uno schiaffo al suo orgoglio, forse una inconsapevole vendetta dello scrittore: perché il fondatore dell'antropologia criminale non era stato affatto tenero con lui quando, nel suo bestseller, L'uomo di genio, ne aveva descritto l'abbondanza di «rughe del dolore», insieme al generale «aspetto cretinoso o degenerato»: che lo accomunava, bontà sua, ad altri geni alienati come Socrate, Ibsen e Dostoevskij.
Tolstoj probabilmente ne aveva notizia. Si sarebbe poi preso il piacere di rispondere in Resurrezione, dove un procuratore fa una lunga arringa in tribunale citando Lombroso e Charcot, e il presidente mormora a un giudice: «È un tremendo imbecille». Non erano fatti per capirsi. L'incontro avvenne nell'estate del 1897, quando il luminare torinese, all'apice della fama, sessantaduenne ma non particolarmente in forma, accettò l'invito a un convegno a Mosca – e fu, leggiamo nei ricordi delle figlia, una comica odissea, ivi compresa a Vienna una denuncia per furto del portafogli, salvo ricordarsi due giorni dopo di averlo lasciato al bureau dell'albergo - soprattutto per poter incontrare lo scrittore, per lui un oggetto interessantissimo di studio.
Superate non poche difficoltà, riuscì a raggiungerlo nella mitica tenuta agricola, dove fu accolto con distaccata cortesia e accadde il buffo episodio di un sessantenne tirato a riva per i capelli da un compagno che stava per tagliare il traguardo dei settanta: e che dopo l'impresa «eseguì qualche esercizio, sollevandosi robustamente sul trapezio; il Lombroso cercò d'imitarlo, ma per quanto si arrabattasse, rimase a terra», come raccontò Luciano Zuccoli, nel 1899 sull'Illustrazione Italiana. Tolstoj chiuse l'imbarazzante vicenda descrivendo nel diario l'ospite come «un vecchietto limitato, ingenuo».
È questa una storia, non delle più note, che circolò carsicamente fra gli studiosi fino a un libro di Paolo Mazzarello, Il genio e l'alienista (Bollati Boringhieri, 2005) da cui prende ora spunto Sergio Ariotti per una pièce teatrale, titolo L'incontro. Quando Tolstoj salvò Lombroso da sicuro annegamento, in prima nazionale fra oggi e sabato al Palazzo degli Istituti Anatomici di Torino, con Mauro Avogadro e Martino D'Amico; in occasione del decennale del Museo Lombroso, che fino al 6 gennaio espone alla Mole Antonelliana oltre 300 fotografie in dialogo con oggetti, strumenti, documenti e libri (sabato mattina è possibile una visita guidata con i curatori).

Il testo dello spettacolo è pubblicato – con lo stesso titolo - da Robin edizioni. Il lavoro teatrale è fedele alla storia, ma scava nella psicologa dei personaggi: due luminari, uno ferocemente positivista ma aperto a idee liberali, l'altro spiritualista e tormentato – per esempio dalla bulimia sessuale –, alfiere dell'amore cristiano e della solidarietà umana ma reazionario. Tutto sommato, al di là delle teorie lombrosiane e dei maldestri bagni, due tipi umani che ancora oggi si danno, per così dire, battaglia.








Nessun commento:

Posta un commento