Nella
favola di Cenerentola sono presenti i temi della rivalità fraterna,
con conseguenti angosce, della speranza di riscatto, e soprattutto
quello dell’identità femminile.
Per
quanto riguarda il tema della rivalità si hanno esempi biblici:
Caino/Abele, Esaù/Giacobbe, che evidenziano la distruzione di un
fratello ad opera di un altro.
Nella
Fiaba dei fratelli Grimm, come in quella di Perrault, questa
distruzione è rappresentata dall’umiliazione subita dalla
fanciulla ad opera delle sorellastre. Nella fiaba dei fratelli Grimm,
però, si colgono echi di un antico racconto in cui Aschenputtel
era un ragazzo “cenerentolo” in seguito divenuto re.
Vivere
in mezzo alla cenere è un’espressione che denota una condizione di
inferiorità, inadeguatezza e sottomissione a cui Cenerentola è
posta: essa fu costretta a vivere in mezzo alla cenere ma questo ha
un significato importante e non è un dettaglio di poco conto.
Se
ci fermiamo alla superficie allora non c’è complessità, perché
possiamo molto sbrigativamente risolvere la cosa dicendo che la cenere è il simbolo di umiliazioni, di declassamento da una posizione di
prestigio di cui essa beneficiava in una posizione di umile
sguattera. Ma se torniamo indietro nel tempo e operiamo una
equiparazione con il mito, occuparsi del focolare era una posizione
importante, addirittura desiderabile - custodi del focolare erano le
vergini vestali – era una carica prestigiosa cui una donna
potesse aspirare.
Un'altra
implicazione delle ceneri si collega al lutto: il giorno delle Ceneri
ci si cosparge il capo; nell’Odissea viene narrato l’atto di
sedersi fra le ceneri in segno di cordoglio ed era praticato da molti
popoli (James Hastings, Ashes, cit. in B.Bettelheim, Il
Mondo incantato), in seguito i richiami alla purezza, al lutto, si
sono trasformati nei significati di sporcizia e straccioneria.
Nei
racconti moderni, l’accento viene posto sulla rivalità/ostilità
nutrita dalle sorelle.
Le
diverse versioni aiutano a comprendere quanto il tema della rivalità
sia così presente nella vita del Bambino/a e quanto sia un archetipo
universale dell’inconscio collettivo: Armonia opposta ad Animosità
ed è per questo motivo che si assiste alla trasformazione delle
sorelle in sorellastre, dei fratelli in fratellastri, della madre in
matrigna o in strega, del padre in orco.
La
rivalità si riferisce a una costellazione complessa di sentimenti e
sulle loro cause espressione di come, nelle diverse epoche dello
sviluppo del bambino/a, le figure della madre e dei fratelli vengano
scisse, per proiezione di sentimenti ostili, anche se
appartengono alle stesse persone.
Solo
attraverso l’assimilazione degli aspetti negativi rimossi e degli
aspetti positivi giacenti nell’Ombra, il bambino/a può
ricongiungere le figure scisse in figure intere, in un processo
interiore che ha luogo ogni qualvolta l’energia psichica lotta per
superare ostacoli, difficoltà, per conquistare un
rinnovamento. Il/la
Bambino/a si trova ad esperire sentimenti opposti: talvolta si sente
spregevole e sporco, pieno di odio nei confronti dei genitori e dei
fratelli, immediatamente dopo è l’innocente maltrattato da
creature malvage.
Al
di là di quelle che possano essere le condizioni esterne, ciò che
importa è che questi anni si connettono ad un periodo di sofferenza
interiore, privazione, esperienze fatte di incomprensioni, di
solitudine, di emarginazione. L’infelicità
provata è talmente profonda che agli occhi del/della bambino/a
sembra durare all’infinito, e Cenerentola pare provare la stessa
intensità di dolore. Così,
gli anni trascorsi da Cenerentola in mezzo alla cenere suggeriscono
al bambino/a che nessuno può sfuggire a tale esperienza, anche se ci
sono momenti in cui sembrano prevalere forze ostili, il
sollievo ottenuto da Cenerentola grazie all’intervento di forze
benevole rassicura e tranquillizza il bambino/a.
Altri
temi centrali sono: il nocciolo, la scarpina,
il piedino, l’identità femminile, che esamineremo in
seguito.
Cenerentola è
nota principalmente in due forme diverse: una dovuta ai fratelli
Grimm e l'altra a Perrault, le due versioni hanno notevoli
differenze.
La fiaba presentata da
Perrault ha un inconveniente -peraltro comune a tutte le sue favole -
di essere stata in qualche misura "depurata" di contenuti a
suo avviso volgari, per rendere il racconto un prodotto più adatto a
corte. Egli prese spunto dal materiale tratto dalla tradizione orale,
forse anche da Basile, certamente ha
operato, però, tagli e aggiustamenti
inserendo elementi più raffinati, inventando particolari e
modificando altri in modo che la storia risultasse conforme ai suoi
concetti estetici, come ad esempio l'invenzione della "scarpina
di vetro". Questo è un dettaglio importante che si ritrova
esclusivamente nelle versioni derivate da quella di Perrault e che è
stato ed è ancora oggetto di controversie.
Sembra,
infatti, che Perrault udita la storia abbia scambiato il termine
vair (che
significa pelliccia variegata) per verre (che
significa vetro); in francese le due parole hanno la stessa pronuncia
e quindi è probabile che il favolista abbia scambiato una pantofola
foderata di pelliccia per una fatta di vetro. Ad
ogni modo, non vi è dubbio alcuno che la scarpetta di vetro sia una
deliberata invenzione di Perrault così come tutte le favole
di Cenerentola da lui derivate, si trascinano dietro questa
modifica.
La versione scozzese di
Rashin Coatie è
molto più antica della Gatta Cenerentola di Basile e di quella di
Perrault, è citata da Murray (1872); si racconta della pantofola di
pelliccia indossata dalle sorellastre di Rashin Coatie, dopo che la
madre le ha costrette ad amputarsi il tallone e le dita dei piedi. Se
la scarpetta fosse stata di vetro il sangue si sarebbe visto
immediatamente, mentre sembra che sia stato un uccello a rivelare
l'inganno.
La versione dei Fratelli
Grimm ha il pregio di rimanere fedele ai racconti tradizionali,
come d'altra parte lo sono tutte le fiabe da loro recuperate; le
storie raccolte dai fratelli, trattengono vivo il folklore locale
come è stato tramandato oralmente, le immagini sono più
vicine a persone reali, così ad esempio, in Cenerentola si evidenzia
l'assenza di autosvilimento della fanciulla che viene presentata non
come un'eroina melensa e sdolcinata, senza iniziativa che si auto
emargina, al contrario, ella è una ragazza che chiede, tanto per
portare un altro esempio, di partecipare al ballo, ubbidisce sì alle
richieste assurde della matrigna e delle sorellastre, ma non demorde
continua a chiedere, desidera partecipare al ballo.
E
va al ballo, se ne va spontaneamente e si nasconde al principe che
cerca di seguirla. Nella versione di Perrault, allo scoccare della
mezzanotte Cenerentola fugge non perché le sembra giusto farlo, ma
soltanto in ottemperanza all'ordine della fata madrina: ella rischia
che la carrozza si trasformi in zucca, i valletti in topini, i suoi
bellissimi abiti in stracci.
Un
altro aspetto che sottolinea le differenti versioni dei due autori si
presenta quando viene il momento di fare la prova della deliziosa
scarpetta: nella fiaba di Perrault, non è il principe che va alla
ricerca della fanciulla, egli invia il suo ciambellano alla ricerca
della proprietaria del prezioso oggetto. Prima che Cenerentola
incontri il principe, interviene la fata madrina che la veste con un
abito meraviglioso; qui si perde un particolare importante presente,
invece, nella versione dei Fratelli Grimm: è il principe che si
muove alla ricerca della ragazza, egli non si lascia influenzare
dall'aspetto trasandato, misero e cencioso di Cenerentola, egli
riconosce le qualità intrinseche della giovane a dispetto della sua
apparenza esteriore.
Il
principe porge la "scarpetta" a Cenerentola ed è lei ad
indossarla, dimostrandogli - come dice Bettelheim - che "sarebbe
stata in grado di determinare il suo destino e il suo piacere";
in termini di psicologia analitica Cenerentola presenta il suo
Animus,
la componente maschile della sua psiche, ma solo dopo che il
principe, nel porgerle la scarpetta, compie un gesto importante:il
riconoscimento della sua identità e della sua femminilità.
Nella
versione dei Fratelli Grimm quando il padre di Cenerentola parte,
chiede cosa desiderino come doni, le figliastre chiedono vestiti e
gioielli mentre Cenerentola un ramo di nocciolo. In alcune
versioni, invece del nocciolo è un Pero, in altre un albero di
datteri. Nel mondo della simbologia l'albero di nocciolo e il frutto hanno
grande rilevanza nella popolazione germanica e nelle popolazioni nordiche: Iduna, dea della vita e della fertilità è liberata da
Locki che, trasformatosi in Falco, la rapisce sottoforma di
Nocciola. Al
ritorno del padre Cenerentola ottiene il dono richiesto e va subito
sulla tomba della madre, pianta il ramo e lo innaffia di lacrime
unitamente alle preghiere più volte al giorno fin quando il ramo non
diventa albero.
La
nocciola, nei riti matrimoniali (ad Hannover in particolare) è
presente nel grido tradizionale della folla "nocciole, nocciole"
e il terzo giorno dopo le nozze, la sposa distribuisce nocciole
per indicare che il matrimonio è stato consumato. In seguito questo
albero della fertilità è stato trasformato dall'immaginario
collettivo - condizionato dal Cattolicesimo del Medioevo - in albero
della dissolutezza e in alcuni canti folkloristici il nocciolo è
opposto all'Abete considerato l'albero della costanza.
Nella Tradizione celtica il Nocciolo è da sempre collegato a
pratiche magiche: in tutti i testi celtici insulari, il nocciolo,
insieme al Sorbo, è considerato albero sacro dal carattere magico e,
a questo proposito, entrambi sono impiegati dai Druidi come supporto
di incantesimi. Sul suo legno vengono incisi Ogam o lettere
misteriose dal sapore magico. Per il tempo lungo impiegato dai suoi
frutti per giungere a maturazione, si associa il simbolo della
pazienza e della costanza nello sviluppo dell'esperienza mistica i
cui frutti si fanno attendere.
Il Pero in Cina era simbolo di lutto per i suoi fiori bianchi che
rappresenterebbero e significherebbero il carattere effimero
dell'esistenza; i fiori sono di estrema fragilità e durano poco. Il
suo frutto - la Pera - "è
un simbolo tipicamente erotico e pieno di sensualità, ciò è
probabilmente dovuto al suo sapore dolce, all'abbaondanza di succo,
ma anche alla sua forma che evoca qualcosa di femminile" (E.
Aeppli, I sogni e la loro interpretazione, 1949).
La simbologia della Scarpa è vasta e di questo oggetto di
abbigliamento se ne parla anche nella Bibbia. In lingua germanica
Skarpa,
significa "tasca di pelle" ed è facile la vicinanza a
"pantofola di pelliccia" invece che a "scarpetta di
vetro". Oggetto dell'evoluzione dallo stato selvaggio alla
civiltà, la scarpa è collegata allo spostamento e, se accostata al
forma mitica, ha proprietà magiche che permettono al possessore di
liberarsi delle leggi fisiche che lo ancorano alla terra, alla
materia.
Le origini
del simbolismo della scarpa vengono da lontano, forse a partire
dall'immagine del Potere (Re, Faraoni, Sacerdoti, Cavalieri,ecc.) i
cui piedi sono calzati come pure quelli di uomini liberi in contrasto
con gli schiavi che camminano a piedi nudi.
Anticamente
lo scambio o il dono delle scarpe assumeva il valore di firma di
patti e di contratti; questo rituale aveva particolare importanza nel
matrimonio. Nella Bibbia vi sono diversi accenni alla scarpa:
lanciando la scarpa della giovane sposa, il padre trasferisce la sua
autorità al futuro marito, gesto che allude simbolicamente
all'appropriazione, cioè che da quel momento in poi la moglie
"appartiene", diventa proprietà del suo sposo. Una
tradizione che si è perpetuata nel tempo, se ancora oggi in alcuni
paesi è in uso attaccare le scarpe al veicolo degli sposi.
Nella
favola di Cenerentola la scarpetta assicura il legame tra il principe
e la fanciulla oltre a chiarire il simbolismo sessuale della scarpa e
del piede. Esiste un'espressione popolare "trovare la giusta
scarpa per il proprio piede" indicante anche l'identità del
possessore.
Non c'è che un unico
piede al mondo che può calzare quella "scarpetta di vetro"
anzi, "quella preziosa pantofola di pelliccia", metafora
inequivocabile per dire che il cuore del principe non può che
battere per una sola fanciulla: Cenerentola, appunto.
Nella
lettura psicoanalitica il simbolismo della scarpa è la incarnazione
della vagina e il piede del pene. La penetrazione del secondo rivela
la necessità di un adattamento che può arrivare all'adeguamento
perfetto. In quanto oggetto che
contiene, la scarpa è simbolo del femminile, esattamente come lo
sono la matrice, la conchiglia, la coppa; il piede, di contro, per la
sua forma e in quanto parte del corpo che entra nella scarpa, è il
simbolo del maschile. Appartenendo
entrambi alla stessa persona si rappresentano i due lati della
personalità il lato maschile e femminile sia nella donna sia
nell'uomo.
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con adattamenti