domenica 16 marzo 2014

Cartesio, storia di un ritratto

Franco Giudice
René Descartes l'olandese
Gli anni in cui s'impegnò a «dimostrare le verità metafisiche con evidenza maggiore di quelle geometriche» sono quelli di Franeker, Amsterdam, Leida, Deventer, Utrecht, Alkm 

Il Sole 24 ore, 16 marzo 2014

R. Descartes, 1649 circa, København, Statens Museum for Kunst

 

... In un certo senso, quella di Nadler* (The Philosopher, the Priest, and the Painter: A Portrait of Descartes, Princeton University Press 2013) è la biografia di un ritratto. Ma a prendere forma dietro il ritratto è anche la biografia di Descartes, che s'intreccia con quelle di un prete cattolico e di un artista audace, sullo sfondo del mondo culturale, politico e religioso dell'epoca d'oro olandese. Un angolo visuale quanto mai appropriato, se consideriamo che il filosofo francese mise a punto e pubblicò le sue opere più importanti in Olanda. Così, Nadler ci offre un'inconsueta e avvincente presentazione di Descartes "privato". E lo fa con il suo stile narrativo fresco e cristallino, che privilegia sempre la leggibilità e l'accessibilità, due virtù spesso trascurate dagli accademici. 
Descartes si era trasferito in Olanda nella primavera del 1629 e vi rimase per i vent'anni successivi.
... nella storia raccontata da Nadler,  Descartes non è tanto l'ambizioso pensatore che persegue i suoi progetti filosofici e scientifici in assoluta solitudine, come lui stesso amava rappresentarsi. A emergere è un Descartes che intrattiene relazioni personali e professionali con filosofi, matematici, scienziati, diplomatici e teologi. Ed è questa la parte più originale del libro: un Descartes meno ombroso, che stringe una profonda amicizia con due preti cattolici di Haarlem, Augustijn Bloemaert e Johan Albert Ban, cui rimarrà legato per tutti gli anni quaranta. Fu «la calda e amabile compagnia di questi due preti cattolici ad aiutarlo a sopportare i lunghi e rigidi inverni olandesi» trascorsi nel piccolo villaggio di Egmond che si affaccia sul Mare del Nord, dove si era nel frattempo trasferito. Gli eventi musicali che i due amici organizzavano a Haarlem diedero inoltre qualche sollievo ai duri e spesso personali attacchi che Descartes riceveva, e costituirono per lui una temporanea distrazione dalle interminabili controversie che la sua filosofia aveva scatenato nelle università olandesi.
Avevano in comune la passione per la teoria musicale, ed è quasi certo, come sottolinea Nadler, che Descartes raccontasse ai due amici anche delle sue dottrine filosofiche e scientifiche. Di come tali dottrine si opponessero al sistema aristotelico-scolastico che dominava quasi incontrastato nelle università. E di come avessero la loro giustificazione metafisica nell'idea che l'intelletto umano, con le sue facoltà razionali garantite da Dio, «fosse in grado di scoprire i più profondi segreti della natura, e di derivare, a priori e semplicemente da una considerazione dell'essenza di Dio, le leggi stesse della natura». Una nuova filosofia insomma, che implicava una trasformazione radicale della concezione e dell'immagine del mondo, e che sarebbe diventata il paradigma scientifico del secolo, almeno fino a Leibniz e Newton. Descartes coltivò addirittura l'irrealistica speranza che la sua nuova filosofia potesse essere adottata dalle scuole e dalle università, al posto di quella di Aristotele.
 È nel contesto di questa amicizia che, nella convincente ricostruzione di Nadler, nasce il ritratto di Descartes, l'immagine con cui riconosciamo ora il suo volto. A commissionarlo a Hals** nel 1649 era stato soltanto Bloemaert, Ban era morto cinque anni prima. Hals, un pittore anche lui di Haarlem, era diventato famoso per la libertà espressiva e per la vivacità cromatica con cui eseguiva i suoi ritratti. Un artista all'epoca ben affermato e costoso, che con la rapidità di tratto e la luminosità di toni che caratterizzavano i suoi dipinti riusciva a infondere vitalità anche al modello più esangue. E fu per un evento piuttosto speciale, la decisione di Descartes di lasciare l'Olanda, che Bloemaert si rivolse proprio ad Hals: voleva mantenere viva la memoria del suo amico con un ritratto intimo e intenso, come quelli che sapeva fare il maestro di Haarlem. Non poteva immaginare, ovviamente, che a quel ritratto sarebbe stata consegnata la fine della lunghissima esperienza olandese di Descartes: l'ultimo fotogramma, per così dire, del filosofo alla vigilia della sua partenza per la corte della regina Cristina di Svezia, dove pochi mesi dopo morirà.

(*) Steven Nadler è professore di Filosofia e membro del Centro per gli Studi ebraici presso l'Università del Wisconsin. Presso Einaudi ha pubblicato Baruch Spinoza e l'Olanda del Seicento (ultima edizione 2009), L'eresia di Spinoza (2004) e Il migliore dei mondi possibili (2009) Un libro forgiato all'inferno (2013).
(**) Hals, Frans. - Pittore (Anversa 1582 o 1583 - Haarlem 1666). Pur partecipe delle innovazioni caravaggesche importate dalla scuola di Utrecht, la sua pittura se ne distanzia per l'originalità nell'uso del colore e per la tecnica vigorosa. Essenzialmente ritrattista, si esercitò anche sul ritratto di gruppo, sia privato (Gruppo di famiglia, ca. 1648, London, National Gallery) sia ufficiale (I reggenti dell'ospizio dei vecchi, con il suo pendant Le reggenti, 1664, Haarlem, Frans Hals Museum). Apprezzato dai contemporanei, fu criticamente riscoperto solo nel 19º sec. e a lui guardarono con interesse artisti come G. Courbet, E. Manet, ecc. (Treccani)

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