Marianna Rizzini
Il Foglio, 21 marzo 2013
E’ l’ultimo giro di chiave alla porta del castello a Cinque stelle,
il paradosso dei coordinatori (e proconsoli) della comunicazione
Claudio Messora e Daniele Martinelli che, dopo un solo giorno di
servizio, non comunicano più – per permalosità verso i giornali che
fanno i giornali e interpretano estensivamente nei titoli il “non so,
valuteranno i deputati e i senatori” detto da Messora alla “Zanzara”,
sul tema del governo extrapartiti. “Macchina del fango”, “esercito di
spalamerda”, ha detto il blogger annunciando il silenzio stampa, ché non
basta una normale smentita nel mondo sdegnoso degli Avatar sognati da
Gianroberto Casaleggio. Ma la doppia mandata non puntella la friabilità e
non nasconde la permeabilità delle mura.
Voleva piazzare il riflettore in faccia ai “ladri” dei vecchi partiti, Beppe Grillo,
ma il riflettore al momento è su di loro, i parlamentari a Cinque
stelle che fanno conferenze stampa senza domande e si riuniscono
ossessivamente: più il tema rileva, meno c’è la tanto sbandierata
diretta streaming, come ieri durante la “confessione” pubblica dei
senatori dissidenti che hanno votato per Pietro Grasso alla presidenza
del Senato (poi perdonati), seguita da discussione sulla linea da tenere
alle consultazioni stamattina (linea già decisa dal duo
Grillo-Casaleggio: vogliamo un governo a Cinque stelle. Ma sotto sotto
non tutti sono per il “no” a qualsiasi altra proposta, specie se di
“società civile”). Voleva dire ancora “vaffa”, Grillo, ma i “vaffa” sono
arrivati a lui, via Web, dopo la sua scomunica dei franchi tiratori. E
se è vero che lo sbarco di proconsoli della comunicazione era previsto
nella lettera pre-firmata dai candidati alle parlamentarie (pena la non
candidabilità), è chiaro che il quadro uscito dalle urne ha sorpreso
anche Grillo. Ma la baracca vacilla? Abbiamo interpellato alcuni
analisti del grillismo. Il giornalista Giuliano Santoro, autore del
libro “Un Grillo qualunque” (Castelvecchi), intravede un possibile
conflitto tra due “anime” del movimento finora in “pacifica convivenza”,
il “civismo pragmatico e la tendenza totalizzante di Grillo”.
“Fino a oggi”, dice Giuliano Santoro, “il vertice lasciava fare in ambito locale,
e intanto centralizzava la comunicazione. Ma il movimento è più
eterogeneo di quanto si pensi, ha una base sociale trasversale. Bisogna
capire che cosa succederà quando la retorica della difesa di uno spazio o
di un diritto minacciato sul territorio, e l’idea dei duri e puri che
resistono al nemico esterno, si sposteranno sul piano nazionale”.
Elisabetta Gualmini, presidente dell’Istituto Cattaneo, editorialista
della Stampa e autrice, con Piergiorgio Corbetta, del saggio “Il partito
di Grillo” (Il Mulino), non vede “rischi di deflagrazione immediata in
questo percorso di normale aggiustamento”, ma pensa che per Grillo sia
ineludibile, ora, il passaggio alla “creazione di quadri intermedi”
(Messora e Martinelli?). “Siamo di fronte a un’organizzazione nascente,
senza modelli di riferimento forti, investita di un successo superiore
alle aspettative”, dice Gualmini, “un’organizzazione che deve risolvere
il rapporto tra partecipazione orizzontale dei cittadini – e retorica
relativa – e comunicazione unilaterale del capo. Anche il carisma di
Grillo, per durare, si deve umanizzare”. Per Paolo Natale, docente di
Sociologia politica all’Università di Milano, editorialista di Europa e
autore, con Roberto Biorcio, di “Politica a Cinque Stelle”
(Feltrinelli), il movimento “sconta il fatto di ritrovarsi ago della
bilancia con una preparazione politica non adeguata al livello
nazionale, quando invece si pensava dovesse essere solo il controllore.
Però mi sembra che ora Grillo si sia messo in ascolto, sia meno
granitico”. Ma c’è chi, come Federico Mello, giornalista e autore di “Il
lato oscuro delle stelle - La dittatura digitale di Grillo e
Casaleggio” (Imprimatur-Aliberti), criticando da sinistra l’impalcatura
del M5s, vede già l’implosione nelle contraddizioni “ideologiche” del
movimento, quelle che “ruotano attorno alla distruzione della democrazia
rappresentativa in favore della democrazia diretta del Web – una bufala
alla prova dei fatti”. La tecnologia e la rete, dice Mello, “hanno
bisogno di una cultura che possa interpretarle; Grillo invece pone la
rete sul piedistallo della divinità. E poi: non c’è per caso un
conflitto di interessi per un’azienda privata che svolge un ruolo di
segreteria politica per il secondo partito del paese? Vedo tre possibili
livelli di conflittualità: tra gli eletti e il duo Grillo-Casaleggio;
tra gli eletti stessi, non omogenei; e tra eletti e simpatizzanti,
quando si moltiplicheranno le promesse disattese, come a Parma con
l’inceneritore. L’antidoto sarebbe la presa di coscienza impossibile dei
baby boomers Grillo e Casaleggio, eterni Peter Pan incapaci di dire: vi
abbiamo portati fino a qui, ecco le chiavi della macchina”.
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