martedì 2 maggio 2023

Il sol dell'avvenire



Leonilde Gambetti 

Finalmente Nanni Moretti è tornato a fare Nanni Moretti.
Perché "Il sol dell'avvenire" è proprio il classico film alla Nanni Moretti, di quelli che restano nell'immaginario collettivo, con le loro citazioni ormai storiche. E pure con un girotondo.
È un film nel film, con fantastiche incursioni di autorevoli personaggi del mondo della cultura, e di Moretti stesso che dialoga in scena con i suoi alter ego.
È un film che parla di cinema, di amore, di politica, di militanza politica, di Nanni Moretti, perché è anche autibiografico.
È un film bello perché è autenticamente vero.
Perché, come diceva John Keats
"La bellezza è verità, la verità è bellezza: questo è tutto ciò che voi sapete in terra e tutto ciò che vi occorre sapere."
E sì, è anche un film puntellato dalle canzoni italiane, quelle ruffiane che fanno piangere ed emozionarsi. E mi piace così.
Sorridere, piangere ed emozionarsi per tutto il film.
Fino alla bellissima e speciale parata finale, in cui finalmente la storia si fa anche con i "se".


Simone Lorenzati

Sono arrivato tardi.
Sono arrivato tardi per una recensione de Il sol dell’Avvenire, ultimo film di Nanni Moretti. Ne hanno già scritto tutti, comprese le pagine di cinema per cui scrivo. Ma, al di là di ciò, sono arrivato tardi anche per tanto altro. Ad esempio per il PCI, giacché era già stato sciolto allorché il sottoscritto si recò per la prima volta al voto. Eppure di quella storia, così pregna di enormi slanci, ma non priva di errori, tantissimo ho letto (e pure scritto). Dunque sono entrato in sala conscio che avrei sentito parlare di eventi che conoscevo, seppur non in prima persona. 
E allora Nanni Moretti. Certo, dopo il deludentissimo Tre piani, un bel passo in avanti. Eppure ancora non il Moretti che ho molto amato in passato. E tuttavia, fa pensare. E parlare. Non proprio cosa che capiti sempre.
C’è molto in questa pellicola, ci sono il suo passato ed il suo presente. C’è l’utopia, ma anche la realtà. Ci sono il cinema, l’amore e la politica. E la delusione. La delusione in molti campi, specie quella di un presente che pare aver cancellato quella speranza utopica che pareva inarrestabile. 
C’è tanto, forse troppo, in questo film. Eppure si ride e ci si commuove pure. C’è la fedeltà al partito, una specie di entità terza a cui disobbedire non si può. Eppure è quello stesso partito che, a partire dalle lotte che appoggia, porta miglioramenti concreti nella vita delle persone in carne ed ossa.C’è un Moretti che omaggia il cinema, quello altrui, su tutti il Fellini di 8 e 1/2, e pure se stesso, in modo diretto o tramite i suoi attori. C’è la storia, ma anche la storia controfattuale. L’Unità, le sezioni, il colloquio pre iscrizione, Togliatti e l’invasione sovietica in Ungheria, il vero motore del film. C’è un amore statico ma difficile da interrompere, così come un mondo – del cinema ma verrebbe da dire reale – che corre troppo in fretta, senza pensare a cause e conseguenze di molte sue azioni.
Una cosa, però, manca a questa pellicola. La banalità. E, a ben pensarci, poco non è. 

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