venerdì 23 settembre 2022
Il nuovo Maigret
Mariolina Bertini
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Il film di Patrice Leconte con Depardieu nel ruolo di Maigret è qualcosa di molto diverso da un "adattamento" di "Maigret e la giovane morta". Lo spunto iniziale di "Maigret e la giovane morta" deve aver affascinato Leconte: sul pavé di una piazzetta viene ritrovato il cadavere di una ragazza in abito da sera, di cui nessuno sembra sapere niente. Per Maigret il viso infantile di quella sconosciuta e il mistero della sua fantasmatica esistenza diventano quasi un'ossessione, anche perché nella Parigi dei primi anni '50 - quelli in cui è scritto e ambientato il romanzo - le ragazze di provincia come lei, sprovvedute, indifese e spesso destinate a fare una brutta fine, sono un'infinità . Leconte fa di questa ossessione di Maigret - affettiva e sociologica insieme - il centro del suo film; poi cambia completamente la vicenda poliziesca che le fa da contorno, rendendola più sordida e più credibile della vicenda originale, che comportava un rocambolesco intervento della malavita organizzata.
Il film è ambientato in una Parigi così cupa e buia, ha interni così affollati di oggetti anni '30 e '40, da evocare più l'epoca dell'Occupazione che non il 1954 (anno di uscita del romanzo). E in effetti all'Occupazione Leconte introduce un'allusione assente da "Maigret e la giovane morta". Sulle tracce di un indirizzo trovato nella borsetta della ragazza uccisa, il commissario va ad incontrare un antiquario ebreo, proveniente da Vilnius, che deve aver perso tutta la famiglia nella shoah e confonde il passato con il presente, sovrapponendo una ragazza scomparsa durante la guerra (come la Dora Bruder di Modiano) a quella di cui Maigret sta cercando di ricostruire la storia. Ininfluente nell'intreccio del film, questo personaggio non ha altra funzione se non quella di ricordarci che l'incubo dell'occupazione continua segretamente a pesare sulla Parigi, apparentemente immemore, dei primi anni Cinquanta. La bella recensione del blog "Sentieri selvaggi" dice che questo "Maigret "sembra in bianco e nero anche se è a colori" , ed è proprio così: un bianco e nero intriso di una disperazione senza uscita. Non è certo un caso se in passato Leconte ha portato sullo schermo "Il fidanzamento di Monsieur Hire", uno dei racconti più cupamente depressivi di tutta l'opera di Simenon. Qui sembra proprio essersi posto l'obiettivo di depurare di ogni macchiettismo, di ogni colore locale, di ogni bonarietà il mondo di Maigret, quasi a trapiantare il famoso commissario nell'universo dei più tragici romanzi "duri" del suo creatore. Ce lo suggerisce una scena del film, anche questa volta senza rapporto con il romanzo. Seguendo le tracce di un'amica della ragazza uccisa, Maigret va sul set cinematografico dove quest'amica, un'attricetta, lavora. Da una finta finestra del set , il commissario guarda divertito un fondale che rappresenta la chiesa del Sacré Coeur. E il suo sguardo ci dice che la Parigi cara ai turisti, e anche a molti lettori dei romanzi di Maigret, altro non è che uno scenario come quello, seducente, perfetto, incantevole, ma privo di ogni rapporto con la realtà.
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