Dario Fabbri, Comunque vada, il fallimento della Russia è già evidente, Domani, 15 aprile 2022
L'invasione russa dell’Ucraina si sta dimostrando un vero disastro. Lontani gli obiettivi militari iniziali, tuttora da centrare quelli fissati di recente, assai dure le sanzioni approvate dall’occidente contro Mosca. Ancora più rilevante, difficilmente la Federazione potrà riprendersi dal danno d’immagine in cui è incappata. Vera tragedia per un impero antico, dunque abituato a vivere anzitutto di status, del riconoscimento della sua potenza da parte degli altri, del timore incusso nei suoi interlocutori. Inevitabilmente tale sconclusionata campagna avrà un effetto molto negativo sulla capacità di Mosca di imporre la propria visione, di sconsigliare un’eventuale azione contro di sé. Ormai aggrappata soltanto all’idea di imprevedibilità che la riguarda, abbastanza per sopravvivere, non per scongiurare d’essere divorata da una Cina famelica.
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Anziché carpire la popolazione locale offrendo un migliore stato sociale oppure semplicemente avvicinarla attraverso la comune radice culturale, l’Orso ha voluto prenderla con la forza, provocando l’inevitabile crisi di rigetto di chi, pure legato alla medesima madre slava, rinnega ogni aderenza alla potenza che ne distrugge l’abitazione e ne stermina la famiglia.
Per cui Mosca potrebbe presto dotarsi, a un costo esorbitante, di un ulteriore cuscinetto, posto immediatamente al di là della frontiera. Con conseguenze drammatiche sulla propria tenuta. Dopo aver istigato la reazione commerciale e militare dell’occidente guidato dagli americani, ora si trova nelle grinfie della Cina, pronta a spolpare il finto alleato slavo. Perché nei prossimi anni Pechino aumenterà certamente l’acquisto di idrocarburi siberiani e grano russo, ma a un prezzo inferiore rispetto a quello fin qui pagato dagli europei, forte di una capacità di ricatto nettamente maggiore alla nostra.
È questa la principale sconfitta per il Cremlino. Ogni impero vive anzitutto di credibilità, della propria immagine riconosciuta, specie la Russia da molti decenni mancante dei mezzi per sostenere le velleitarie ambizioni di potenza. Negli ultimi anni era riuscita a raccontarsi come un soggetto eccezionalmente efficace e minaccioso, a fronte di un relativo dispendio di energie, attraverso campagne discretamente semplici come quelle condotte in Siria o in Libia. Le disastrose operazioni attuate in Ucraina squarciano inevitabilmente tale propaganda, la rendono non più percorribile.
Dopo i fatti di queste settimane, impossibile ritenere l’Orso un soggetto all’altezza di Cina e Stati Uniti – se non per dolo, per magnificare un nemico utile a gonfiare i bilanci della difesa. Più concretamente, Putin sa che nel prossimo futuro la paura esercitata sugli altri di cui vive la sua nazione andrà inevitabilmente scadendo, sommersa dalle immagini di mezzi antiquati impantanati nel fango ucraino, dalle scene di soldati russi spaesati, tipiche di una media potenza militare, non certo di un egemone indiscusso.
Danno ingente, da cui sarà complesso riprendersi nell’immediato, fallimento innegabile della guerra. Poco cambierà pure se Mosca imponesse la neutralità a Kiev – giacché questa si tradurrà comunque in una non dichiarata appartenenza al fronte occidentale. Né se le impedisse di aderire alla Nato – nessun membro dell’Allenza atlantica ha mai concretamente sognato di accogliere il paese di Zelensky. Né se l’armata si prendesse l’intero Donbass, regione da tempo controllata da remoto, come dimostrato nel 2018 dal blocco imposto alle navi ucraine nel mare d’Azov.
Niente potrà mascherare le nefaste sofferenze provocate dalla disinvoltura del Cremlino,
tanto ingenti da trasformare la Russia in un socio di minoranzadell’impero cinese. Destino
umiliante per chi tempo fa rifiutò di assumere il medesimo ruolo nello schema americano.
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