mercoledì 16 febbraio 2022

Dolce e chiara è la notte


 


Giacomo Leopardi

Dolce e chiara è la notte e senza vento,
E queta sovra i tetti e in mezzo agli orti
Posa la luna, e di lontan rivela
Serena ogni montagna. O donna mia,
Già tace ogni sentiero, e pei balconi
Rara traluce la notturna lampa:
Tu dormi, che t’accolse agevol sonno
Nelle tue chete stanze; e non ti morde
Cura nessuna; e già non sai né pensi
Quanta piaga m’apristi in mezzo al petto.

La sera del dì di festa (1820)

recanati

Omero, Iliade, VII, 555-559, trad. Giacomo Leopardi

Sì come quando graziosi in cielo

Rifulgon gli astri intorno della luna,

E l’aere è senza vento, e si discopre

Ogni cime de’ monti ed ogni selva

Tutto quanto l’immenso etra si schiude

E vedesi ogni stella

800px-Magnus_Jenny_Lind
Eduard Magnus, Jenny Lind, 1862

Non si dovrebbe isolare l’inizio di una poesia dal resto, non si dovrebbe illustrare Leopardi ricorrendo a un paesaggio notturno e a una immagine femminile di molti anni successiva all’epoca in cui i versi furono scritti. E poi la donna non dorme nel quadro, come fa invece nelle parole del componimento. Bene. Questi abusi hanno una loro ragion d’essere. Leopardi sa restituire in poche pennellate la calma sovrana e imperturbabile del mondo. È ferito dalla visione della bellezza che, come sappiamo da Stendhal, è promessa di felicità. Si sente escluso, e ne soffre, ma non per questo reagisce negando alla scena lo splendore. Mentre soffre, continua ad avvertire il richiamo di quel mondo che osserva con sguardo penetrante e attonito. Questo è un momento della sua avventura spirituale. Si tratta di percepirlo in tutta la sua forza. Tutto il resto verrà dopo, certo. Intanto l’idillio appena rotto dal sentimento dell’ infelicità c’è stato. Ed è stato trasferito sulla pagina con immediatezza. Questo autorizza, volendo, la disinvoltura del taglio e delle illustrazioni.

 

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