Ma dove è vissuto il nobile professore in questi anni? Che cosa ha fatto per spezzare il circolo vizioso che denuncia? Con quanta disinvoltura sputa nel piatto! Una cattiva società produce una cattiva politica, certo. Aggiungiamo che una cattiva politica può produrre la lamentazione apocalittica. Che da noi ha vari promotori: Marco Travaglio, Andrea Scanzi e ora di nuovo l'altolocato paladino Ernesto Galli della Loggia.
Ernesto Galli della Loggia, La politica e le colpe di un paese, Corriere della Sera, 30 gennaio 2018
... È lungo l’elenco delle nostre colpe sulle quali preferiamo sorvolare. Giusto per dare un’idea
e senza nessun ordine: siamo una società che non va abbastanza a scuola
perché ha tassi altissimi di abbandono scolastico, e che a scuola
consegue in genere pessimi risultati; che ha pochi studenti
universitari; che non ha dimestichezza con le biblioteche, con i
concerti, con le sale cinematografiche; che non legge né libri né
giornali. In compenso guardiamo smisuratamente la tv, stiamo sempre con
in mano uno smartphone, ci abboffiamo di selfie, di facebook e chattiamo
freneticamente, immersi ad ogni istante in un oceano di chiacchiere e
di immagini che alimentano un incontenibile narcisismo di massa. Non
meraviglia che nel campo tecnico-scientifico, pur vantando alcune
eccellenze, però non riusciamo più a produrre idee come un tempo se è
vero che il numero delle domande di brevetti è in Italia la metà della
media europea. La nostra vita pubblico-amministrativa è poi segnata da
una corruzione vastissima e capillare. Ogni opera pubblica in Italia
costa molto più che altrove, un appalto su tre è truccato, le pensioni
d’invalidità false non si contano. Egualmente generale e incontenibile è
il disprezzo per la legalità fiscale e per ogni altra forma di
legalità: appena l’1 per cento dei contribuenti denuncia un reddito
superiore ai 100 mila euro; quasi il 30 per cento di tutta l’Iva evasa
in Europa è evasa in Italia; per certi tipi di merci e servizi i
pagamenti in nero, senza ricevuta fiscale e in denaro contante per non
lasciare traccia sono la regola; in buona parte dell’Italia meridionale
le polizze automobilistiche arrivano ad avere un costo più alto fino al
doppio rispetto alle regioni del centro-nord in ragione delle truffe di
massa organizzate contro le società d’assicurazione.
Ma perché mai un Paese così – e le cose stanno proprio così o forse anche peggio, visto
che l’elenco di cui sopra è certamente parziale – perché mai un Paese
così, mi chiedo, dovrebbe avere una classe politica diversa da quella
che ha, dei candidati al Parlamento diversi da quelli che gli sono stati
appena somministrati dai partiti? Non è assurdo pretendere di avere
governanti di un livello «normale», cioè più o meno analogo a quello di
altre realtà con cui ci piace confrontarci, mentre noi, mentre il Paese,
è viceversa così visibilmente «anomalo» rispetto alle suddette realtà?
Rassegniamoci alla verità: sono una sparuta minoranza (e i politici lo
sanno!) gli italiani che vogliono veramente
un Paese diverso: dove veramente significa essendo disposti a pagare il
prezzo necessario ad averlo. A tutti gli altri, invece, va più o meno
bene il Paese che c’è: naturalmente riservandosi il diritto di imprecare
ad ogni momento che «in Italia è tutto uno schifo».
Ma dove è
vissuto il nobile professore in questi anni? Che cosa ha fatto per
spezzare il circolo vizioso che denuncia? Con quanta sicumera sputa nel
piatto! Una cattiva società produce una cattiva politica, certo.
Aggiungiamo che una cattiva politica può produrre la lamentazione
apocalittica. Che da noi ha vari promotori: Marco Travaglio, Andrea
Scanzi e ora Ernesto Galli della Loggia.
Ernesto Galli della Loggia, La politica e le colpe di un paese, Corriere della Sera, 30 gennaio 2018
... È lungo l’elenco delle nostre colpe sulle quali preferiamo sorvolare. Giusto per dare un’idea
e senza nessun ordine: siamo una società che non va abbastanza a scuola
perché ha tassi altissimi di abbandono scolastico, e che a scuola
consegue in genere pessimi risultati; che ha pochi studenti
universitari; che non ha dimestichezza con le biblioteche, con i
concerti, con le sale cinematografiche; che non legge né libri né
giornali. In compenso guardiamo smisuratamente la tv, stiamo sempre con
in mano uno smartphone, ci abboffiamo di selfie, di facebook e chattiamo
freneticamente, immersi ad ogni istante in un oceano di chiacchiere e
di immagini che alimentano un incontenibile narcisismo di massa. Non
meraviglia che nel campo tecnico-scientifico, pur vantando alcune
eccellenze, però non riusciamo più a produrre idee come un tempo se è
vero che il numero delle domande di brevetti è in Italia la metà della
media europea. La nostra vita pubblico-amministrativa è poi segnata da
una corruzione vastissima e capillare. Ogni opera pubblica in Italia
costa molto più che altrove, un appalto su tre è truccato, le pensioni
d’invalidità false non si contano. Egualmente generale e incontenibile è
il disprezzo per la legalità fiscale e per ogni altra forma di
legalità: appena l’1 per cento dei contribuenti denuncia un reddito
superiore ai 100 mila euro; quasi il 30 per cento di tutta l’Iva evasa
in Europa è evasa in Italia; per certi tipi di merci e servizi i
pagamenti in nero, senza ricevuta fiscale e in denaro contante per non
lasciare traccia sono la regola; in buona parte dell’Italia meridionale
le polizze automobilistiche arrivano ad avere un costo più alto fino al
doppio rispetto alle regioni del centro-nord in ragione delle truffe di
massa organizzate contro le società d’assicurazione.
Ma perché mai un Paese così – e le cose stanno proprio così o forse anche peggio, visto
che l’elenco di cui sopra è certamente parziale – perché mai un Paese
così, mi chiedo, dovrebbe avere una classe politica diversa da quella
che ha, dei candidati al Parlamento diversi da quelli che gli sono stati
appena somministrati dai partiti? Non è assurdo pretendere di avere
governanti di un livello «normale», cioè più o meno analogo a quello di
altre realtà con cui ci piace confrontarci, mentre noi, mentre il Paese,
è viceversa così visibilmente «anomalo» rispetto alle suddette realtà?
Rassegniamoci alla verità: sono una sparuta minoranza (e i politici lo
sanno!) gli italiani che vogliono veramente
un Paese diverso: dove veramente significa essendo disposti a pagare il
prezzo necessario ad averlo. A tutti gli altri, invece, va più o meno
bene il Paese che c’è: naturalmente riservandosi il diritto di imprecare
ad ogni momento che «in Italia è tutto uno schifo».