mercoledì 18 maggio 2022

Ricordo di Percy Allum

 


 

Mauro Calise, Morto Percy Allum, lo specchio del potere a Napoli, Il Mattino, 29 aprile 2022 

 

Fin dagli esordi fulminanti del suo libro sui Gava, Percy Allum - spentosi ieri mattina a 88 anni nella sua casa in Inghilterra, circondato dai suoi cari - era diventato lo specchio del potere a Napoli, la sua autocritica vivente. Una presenza immancabile e imperdibile nelle aule universitarie, nei circoli intellettuali, nei dibattiti a stampa, nei quartieri popolari dove lo incrociavi spessissimo, dovunque pulsasse la domanda sulle nostre radici e identità. Eravamo, e siamo rimasti ancora dopo mezzo secolo, come Percy ci ha scolpiti nelle pagine di Potere e società a Napoli, il libro di Einaudi del '75 che divenne la prima analisi sociologica di come il potere democristiano funzionasse, e perché fossero così solide le basi del suo consenso. Uscito due anni prima per Cambridge University Press, il testo aveva fatto scalpore, ancora prima di vedere la luce. E infatti era rimasto a lungo in bozze per paura di ritorsioni o querele. In occasione della sua presentazione, nella storica libreria Minerva, Gava era seduto in prima fila. Ancora indispettito come ricordò Lietta Tornabuoni su «La Stampa» - che nel testo non ci fosse nemmeno un'intervista al protagonista principale, con la sua versione dei fatti, ma solo fonti documentarie e un'analisi puntigliosa della mappa territoriale delle preferenze elettorali. Percy era questo mix affascinante di irrefrenabile passione politica e rigorosa metodologia di ricerca. Studi a Cambridge, prima di Storia poi di International Law, subito il passaggio parigino alla prestigiosissima Sciences Po dove incrocia la migliore tradizione di microanalisi del voto, poi il coup de foudre per Napoli. Invitato da Manlio Rossi Doria, entra subito nel giro di Compagna e Galasso, nella fucina di «Nord e Sud», la risposta della sinistra laica all'egemonia culturale comunista di «Cronache meridionali». E comincia il suo lavoro di scavo sul potere nel dopoguerra a Napoli. Con una girandola di incontri che lo trasformerà rapidamente in una icona del paesaggio culturale cittadino. L'italiano forbito parlato con la rapidità di uno scioglilingua, la memoria infallibile con cui ogni episodio diventava un file d'archivio, e la tensione intellettuale che lega ogni riga di un testo che si divora d'un fiato come un romanzo. Un classico che ancora oggi fa scuola per la ricchezza dei suoi materiali e, ancor più, per l'icastica formula che è la sua chiave di lettura: il contrasto tra comunità e società, l'evoluzione che nel canone di Tønnies è il superamento dei legami tradizionali e che, invece, a Napoli si presenta come transizione bloccata e, a tutt'oggi, incompiuta. La città era ed è - rimasta prigioniera dei suoi eccessi comunitari familistici, clientelari e anche, in una certa misura, identitari e incapace di salire sul treno della modernizzazione societaria. Quando Allum scriveva queste pagine, a Napoli c'era ancora l'Italsider, la zona-Est non era diventata quel deserto di archeologia industriale che oggi assedia le periferie, c'erano alcuni snodi importanti di politica nazionale: l'Isveimer, il Banco di Napoli, la Cassa per il Mezzogiorno non era del tutto defunta. Insomma, la battaglia per la società a Napoli era ancora aperta. Poi, ne abbiamo perso il bandolo. La direzione. La leadership. E ogni volta che si prova a forzare, aprirsi un varco ecco che le resistenze rispuntano. A sinistra non meno che a destra. E il neo-comunitarismo diventa la bandiera la bandana con cui dar fiato al neo-populismo. Da grande comparativista autore di uno dei manuali più studiati Percy non si era mai sorpreso di questi corsi e ricorsi. Dalla cattedra di Scienza politica all'Orientale, poi da quella ricoperta a Vicenza in costante dialogo con Ilvo Diamanti, era tornato in Inghilterra a Reading. In compagnia della famiglia che adorava, e dei suoi inimitabili dipinti. Minicartoline e collages in cui fotografava i paesaggi come fossero cristallizzazioni sociali. Patchwork di abitazioni, agglomerati urbani metafisici nella loro immediatezza e semplicità. Il suo modo di continuare a ragionare, analizzare, vivisezionare anche con l'acquarello e il pastello. In tante serate insieme, non gli ho mai visto fermare il pensiero. Sempre pronto a incalzare se stesso. I rari attimi di sospensione schiudevano un'affermazione lapidaria. Come nell'intervista autobiografica che si chiude con la più intrepida dichiarazione d'amore per il paese che l'aveva adottato: «What would you say you learned from Italians?» «How to live!» Mi piace immaginare che di fronte al tentativo della città che tanto amava di tornare a sfidare il futuro, Percy non avrebbe resistito ad avanzare dubbi, perplessità, condizioni. Ma poi avrebbe finito col cedere all'ottimismo della volontà. Con quel gesto rapido del capo per scrollarsi i capelli dalla fronte, si farebbe sfuggire un: «Why not? Provaci ancora, Napoli».

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