Per conto mio, l’unico che mi permette di capirci qualcosa del caotico incedere di Donald Trump è Hegel. Non si spaventino i lettori, il perché proprio Hegel dovrebbe aiutarci a capire le incomprensibili mosse trumpiane è molto semplice, come si vedrà. Ma procediamo con ordine.

In queste settimane ho letto analisi che cercano di decriptare le mosse di Trump e che sostengono tutto e il suo contrario. Non è un limite di chi lo osserva, ma dell’osservato. Da un certo punto di vista sembrerebbe un insieme di comportamenti anarchici: senza legge, ordine, coerenza logica.

Le mosse sui dazi degli ultimi giorni sono soltanto l’ultima conferma. Bisogna essere indulgenti col nostro disorientamento: stiamo cercando di comprendere la coerenza complessiva di annunci e azioni che non possiedono alcuna coerenza.

Da un certo punto di vista nemmeno le categorie psichiche ci vengono in aiuto. Trump non sembra pazzo, ma confuso. Come tutti sappiamo, il folle non è mancante di razionalità, possiede anzi una lucidità alternativa. Il folle è così intelligente da risultare incomprensibile. Giocare a scacchi col folle può essere un pessimo affare, perché egli avrà una strategia tanto complessa quanto misteriosa.

Nessuna lucida follia

Al contrario, Trump disorienta perché non è Caligola: potrebbe nominare il proprio cavallo senatore, ma potrebbe anche non farlo. Oppure potrebbe farlo e poi cambiare idea. Chi può dirlo? È questa sua imprevedibilità ciò che davvero sfinisce: non c’è alcuna lucida follia da diagnosticare. Se vogliamo davvero capire cosa farà Trump fissandoci sulle mosse di Trump, finiremo per non capire niente.

Il che però ci irretisce, perché siamo ormai tutti rassegnati all’idea che un uomo solo al comando conti di più della storia che l’ha preceduto. Non abbiamo difficoltà a credere che in poche settimane un presidente appena eletto possa smantellare tutta la tradizione della democrazia in America e trasformare alleati consolidati in nemici da insultare.

Intendiamoci, questa singola persona ha il potere per forzare le cose e muovere verso questa rottura di equilibri antichi, ovviamente. Ma il fatto che abbia il potere per farlo non vuol dire affatto che possa farlo.

Processi oggettivi, culturali e storici

Ecco Hegel. Il quale suggeriva di pensare che la soggettività pura non può determinare l’oggettività della storia, da cui anzi è necessariamente determinata. Non c’è alcuna autonomia istituente nel soggetto e le sue mosse vanno comprese all’interno delle circostanze oggettive che lo precedono e lo ospitano, non il contrario.

Diamo ormai tutti per scontato che i processi politici siano processi soggettivi, e invece sono processi oggettivi, culturali e storici. Perché questo suggerimento vagamente hegeliano dovrebbe lenire il nostro disorientamento di fronte a Trump? Per almeno due motivi.

Innanzitutto possiamo riconoscere che Trump non è la causa di un processo di radicale trasformazione degli equilibri politici, ma ne è l’effetto. Egli non fa altro che portare a termine un passaggio epocale che dura ormai da un po' e che ha come obiettivo la sostituzione della democrazia degli uguali con la democrazia spezzata, che consolida le disuguaglianze piuttosto che contrastarle.

La novità di Trump sta nell’accelerazione del processo e nella brutalità delle sue manifestazioni. Ma dal punto di vista del contenuto, non c’è da aspettarsi da Trump nulla che possa andare contro questa tendenza oggettiva di lungo corso. Primo passo per allievare il nostro disorientamento, dunque. Adesso sappiamo che per capire Trump, non è al Trump confusionario che dobbiamo guardare, ma alla storia da cui proviene e da cui è determinato.

Guardare gli interessi oggettivi

Poi dobbiamo ricordarci che Trump non è un soggetto autolegittimato. Il suo potere emerge grazie alla legittimazione di sfere oggettive d’interessi materiali, a partire dai grandi monopoli capitalistici che esibiscono il loro appoggio nei suoi confronti. Il rapporto tra Trump e questi grandi portatori d’interessi è tutto a favore di questi ultimi. Egli non potrà mai fare nulla che vada contro di loro. In questo modo il caso dei dazi si chiarisce, finalmente.

Se spostiamo lo sguardo verso gli interessi oggettivi di chi rappresenta, allora possiamo perlomeno scommettere che i dazi non saranno mai usati per limitare la libera circolazione dei capitali, ma piuttosto potranno essere agitati come minaccia per definire un nuovo ordine globale su base competitiva a partire dal ripristino del primato degli stati nazione. Ecco il secondo passo contro il disorientamento: per capire Trump, non è a lui che dobbiamo guardare, ma a Elon Musk (e ai capitalisti predatori come lui).

Non so se Hegel abbia rassicurato i lettori come fa con me. Quel che è certo è che affidarsi all’oggettività dei processi storici permette di tornare alla complessità di un mondo che non può essere ridotta all’arbitrio soggettivo di un autocrate, benché molto potente.