Claudio Rabaglino, Umberto Terracini. Un comunista solitario. Introduzione di Aldo Agosti. Donzelli, Roma 2024, pp. 270.
L’intransigenza di Bordiga si manifesta soprattutto nella gestione
dei rapporti con l’Internazionale comunista, da subito decisamente conflittuali. Le
deliberazioni della casa madre sono ampiamente criticate quando ritenute
inapplicabili alla realtà italiana16.
Un primo serio attrito
avviene in occasione del III Congresso dell’Internazionale, svoltosi
nell’estate del 1921. L’oggetto del contendere è rappresentato dalle
Tesi sulla tattica elaborate da Radek; esse, prendendo atto delle
oggettive difficoltà che l’offensiva rivoluzionaria sta attraversando in
tutta Europa, propongono una riorganizzazione del movimento comunista
che punti a costruire un’alleanza transitoria con le forze socialiste,
il cosiddetto “fronte unico”, pur non rinunciando all’obiettivo della
conquista della maggioranza delle masse lavoratrici.
Il Pcd’I non
condivide questa impostazione, giudicandola, non del tutto a torto,
contraddittoria rispetto agli indirizzi precedenti della stessa Ic, che
solo sei mesi prima aveva di fatto imposto la scissione17.
Terracini
figura tra i membri della delegazione italiana che prende parte al
Congresso. Si tratta della sua prima visita alla “patria del
socialismo”. L’evento, così importante per la vita di un militante,
viene vissuto con comprensibile grande emozione. L’entusiasmo,
ampiamente condizionato dalla forza che il mito sovietico esercita su
ciascun comunista, è forte già durante il lungo viaggio in treno,
svoltosi in buona parte sulla celebre linea Transiberiana. Esso aumenta
man mano che ci si avvicina a Mosca, attraversando le varie stazioni
intermedie, le quali, “affollate di contadini che offrivano in vendita
[…] uova, latte, pollame”, davano ai viaggiatori “una impressione
fallace di abbondanza”. Una volta messo piede sul territorio sovietico,
prova sensazioni molto forti, tipiche di chi ha realizzato un sogno: “Ci
sentivamo pervasi da un sentimento […] di gioia […] come di chi abbia
raggiunto un agognato traguardo di vittoria […]. Vedevamo attorno a noi
il nostro ideale fatto[si] […] realtà”18.
Tornando al Congresso,
spetta proprio a Terracini esprimere tutte le perplessità del partito
italiano. Già prima dell’inizio dei lavori, riportando le sue prime
impressioni sulle riunioni preparatorie alle quali ha assistito, si
mostra molto scettico sugli indirizzi che si stanno per assumere,
spingendosi a formulare un giudizio drastico sulla dirigenza dell’Ic, i
cui principali esponenti, compreso Lenin, avrebbero ormai “enormemente
poggiato a destra”19.
Viste tali premesse, non stupisce che il
suo intervento sia molto critico verso la linea del Comintern. La
prevedibile emozione di prendere la parola al cospetto dello stato
maggiore bolscevico, nella cornice sontuosa della Sala del Trono del
Cremlino, non gli impedisce di partire subito all’attacco delle Tesi di
Radek, le quali, pur disciplinatamente approvate, ritiene meritevoli di
“sostanziali modifiche”. Parlando anche a nome di alcune delegazioni di
altri partiti, tra cui la tedesca, Terracini espone quelle che sono al
momento le posizioni più oltranziste e “di sinistra” del movimento
comunista, che prevedono il mantenimento della prospettiva
rivoluzionaria. Anche la conquista della maggioranza del proletariato è
messa in discussione, poiché l’azione rivoluzionaria può concretizzarsi a
prescindere dalle dimensioni del partito che la guida, come è
dimostrato dall’esperienza sovietica, dove quella bolscevica altro non
era che “una piccola e relativamente insignificante organizzazione”20.
Il
discorso di Terracini provoca l’immediata, durissima, reazione di
Lenin, che bolla le sue parole come “sciocchezze «di sinistra»”, contro
le quali si impone “una azione offensiva”, onde evitare che il movimento comunista sia “condannato alla rovina”21. Il leader sovietico demolisce una per una le affermazioni
del malcapitato Umberto: “Chi non capisce che in Europa […] dobbiamo
conquistare la maggioranza della classe operaia […] non imparerà mai
nulla”; né ha molto senso tirare in ballo il fatto che in Russia la
rivoluzione abbia trionfato nonostante le dimensioni ridotte del partito
bolscevico: “Il compagno Terracini non ha capito molto della
rivoluzione russa. Noi […] eravamo un piccolo partito, ma avevamo con
noi la maggioranza dei Soviet […] di tutto il paese. E voi? Avevamo con
noi quasi la metà dell’esercito […]. Avete voi forse la maggioranza
dell’esercito?”22. Inoltre, per prevalere è necessario conquistare “non
soltanto la maggioranza della classe operaia”, ma anche quella “degli
sfruttati e dei lavoratori rurali”23.
Una clamorosa lavata di
capo, resa ancora più umiliante dal fatto che le parole di Lenin vengono
salutate da ripetuti scoppi di ilarità da parte del pubblico.
È
evidente che il principale intento di Lenin, più che quello di attaccare
personalmente Terracini, sia stato quello di lanciare un segnale
politico ad una parte non trascurabile del movimento comunista che in
quel momento dissentiva; tuttavia il fatto che il suo nome sia
ripetutamente citato conferisce alla cosa una dimensione inevitabilmente
personale.
Viene da chiedersi cosa mai abbia provato Terracini
nel sentire il padre della rivoluzione, figura mitica agli occhi di ogni
militante comunista, scagliarsi con tanta veemenza contro di lui, se
abbia prevalso l’orgoglio di essere in quel momento l’interlocutore
privilegiato di Lenin, oppure, com’è molto più probabile, se abbia
trascorso il tempo del discorso del capo della rivoluzione, per sua
fortuna piuttosto breve, con prevedibile angoscia, vivendo forse una
delle situazioni più imbarazzanti della sua vita politica.
L’episodio
sarà ricordato come uno dei momenti topici della sua carriera. Lui
stesso tornerà più volte sull’argomento, talvolta per confessare il
senso di vergogna provato in quei momenti (“ebbi l’impressione […] che
Lenin mi giudicasse uno stupido”24, dichiarerà al giornalista Vittorio
Gorresio), in altre occasioni per accreditare, con una punta di
civetteria, ricostruzioni tendenti ad enfatizzare il suo ruolo nella
vicenda; in un’intervista degli anni Settanta, ad esempio, lascerà
intendere che il suo intervento abbia indotto Lenin a scrivere il famoso
pamphlet L’estremismo, malattia infantile del comunismo25, feroce
critica dell’ala sinistra del movimento comunista. La memoria, in questo
caso, lo tradisce: il volume, infatti, è stato pubblicato nel 1920 e
non può essere, pertanto, una risposta ad un discorso da lui pronunciato
esattamente un anno dopo.
Oltre a una sua naturale tendenza a
dire sempre quello che pensa, senza curarsi troppo delle possibili
conseguenze, emerge nitidamente, a partire da questa occasione, una
indipendenza di giudizio nei confronti della “casa madre” sovietica,
verso la quale non mostra alcun timore reverenziale. Questo approccio
non fideistico verso la “patria del socialismo”, come vedremo,
continuerà a caratterizzarlo anche in seguito, soprattutto durante la
lunga stagione della leadership staliniana.
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16 Su questo vedi J. Humbert-Droz, Il contrasto tra l’Internazionale e
il P.C.I., Feltrinelli, Milano, 1969. 17 Sulla contraddittorietà della
nuova linea, vedi Pons, La rivoluzione globale, cit., p. 46. 18 Un
giovane nella Russia di Lenin, cit. 19 Lettera di Terracini al Ce del
Pcd’I, Mosca, 22-6-1921, IG, APC, Fondo 513, fasc. 37. 20 Discorso di
Terracini al III Congresso dell’Ic, 1-7-1921, testo consultabile alla
pagina
www.international-communist-party.org/Italiano/Document/IC3Congr.htm.
18 Un giovane nella Russia di Lenin, cit.
19 Lettera di Terracini al
Ce del Pcd’I, Mosca, 22-6-1921, IG, APC, Fondo 513, fasc. 37.
20
Discorso di Terracini al III Congresso dell’Ic, 1-7-1921, testo
consultabile alla pagina
www.international-communist-party.org/Italiano/Document/IC3Congr.htm.
21 Discorso in difesa della tattica dell’Internazionale comunista,
1-7-1921, in V. Lenin, Opere scelte, vol. VI, Editori Riuniti, Roma,
1975, p. 491. 22 Ivi, p. 493.
23 Ivi, p. 498.
24 V. Gorresio, Il
solitario del Pci, «La Stampa», 2-8-1975.
25 Vedi Un giovane nella
Russia di Lenin, cit. Per una ricostruzione autobiografica
dell’episodio, vedi anche Tre incontri con Lenin, «l’Unità», 21-1-1960.
https://www.donzelli.it/libro/97888552256