Avvenire, giornale dei vescovi
«Silvio Berlusconi è stato certo un uomo politico, è stato certo un uomo d’affari, è stato certo un personaggio alla ribalta della notorietà. Ma in questo momento di congedo e di preghiera, che cosa possiamo dire di Silvio Berlusconi? È stato un uomo: un desiderio di vita, un desiderio di amore, un desiderio di gioia. E ora celebriamo il mistero del compimento. Ecco che cosa posso dire di Silvio Berlusconi. È un uomo e ora incontra Dio». Ecco le parole con cui si conclude l’omelia che l’arcivescovo di Milano, Mario Delpini, ha pronunciato presiedendo in Duomo i funerali di Silvio Berlusconi. Funerali di Stato, a rendere omaggio al leader politico che ha segnato la storia del Paese. Ma quello che ora riceve «l’estremo saluto della pietà cristiana e dell’affetto», come ricorda il presule nella monizione iniziale, è anzitutto un uomo che, come tutti, porta «un desiderio di vita, di amore, di gioia», scandirà poi Delpini in omelia, «che trova in Dio il suo giudizio e il suo compimento».
I funerali di Stato di Silvio Berlusconi nel Duomo di Milano: in prima fila il presidente Mattarella e il premier Meloni - Reuters
È l’arciprete della Cattedrale, monsignor Gianantonio Borgonovo, ad accogliere e benedire il feretro di Berlusconi all’ingresso in Duomo e ad accompagnarlo fino ai piedi dell’altar maggiore, mentre risuona l’applauso delle quindicimila persone raccolte in piazza – che seguono il rito dai maxi schermi – e quello delle oltre duemila all’interno della Chiesa madre dei milanesi – i familiari, gli amici, i rappresentanti delle istituzioni, a partire dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, i leader politici, alleati e avversari. Ha assistito alla liturgia, celebrata secondo il rito ambrosiano, l’arcivescovo Emil Paul Tscherrig, nunzio apostolico in Italia.
Il primo gesto: l’aspersione e l’incensazione del feretro. Quindi le letture: Daniele (12, 1-3); la Seconda Lettera di san Paolo ai Corinzi (5, 1.6-10: «tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, per ricevere ciascuno la ricompensa delle opere compiute quando era nel corpo, sia in bene che in male»); il Vangelo di Giovanni (6,37-40: «Questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno», dice Gesù alla folla, che aggiunge e spiega: «questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno»).
Il feretro di Berlusconi viene portato nel Duomo di Milano - Reuters
Vivere e desiderare una vita piena. «Vivere. Vivere e amare la vita – esordisce Delpini nell’omelia che, al termine, verrà salutata dai partecipanti al rito con un applauso –. Vivere e desiderare una vita piena. Vivere e desiderare che la vita sia buona, bella per sé e per le persone care. Vivere e intendere la vita come un’occasione per mettere a frutto i talenti ricevuti. Vivere e accettare le sfide della vita. Vivere e attraversare i momenti difficili della vita. Vivere e resistere e non lasciarsi abbattere dalle sconfitte e credere che c’è sempre una speranza di vittoria, di riscatto, di vita. Vivere e desiderare una vita che non finisce e avere coraggio e avere fiducia e credere che ci sia sempre una via d’uscita anche dalla valle più oscura. Vivere e non sottrarsi alle sfide, ai contrasti, agli insulti, alle critiche, e continuare a sorridere, a sfidare, a contrastare, a ridere degli insulti. Vivere e sentire le forze esaurirsi, vivere e soffrire il declino e continuare a sorridere, a provare, a tentare una via per vivere ancora. Ecco che cosa si può dire di un uomo – afferma il presule –: un desiderio di vita, che trova in Dio il suo giudizio e il suo compimento».
Amare e sperare, affidarsi, arrendersi. «Amare e desiderare di essere amato – riprende l’arcivescovo con parola incalzante –. Amare e cercare l’amore, come una promessa di vita, come una storia complicata, come una fedeltà compromessa. Desiderare di essere amato e temere che l’amore possa essere sempre e solo una concessione, una accondiscendenza, una passione tempestosa e precaria. Amare e desiderare di essere amato per sempre e provare le delusioni dell’amore e sperare che ci possa essere una via per un amore più alto, più forte, più grande. Amare e percorrere le vie della dedizione. Amare e sperare. Amare e affidarsi. Amare ed arrendersi. Ecco che cosa si può dire dell’uomo: un desiderio di amore, che trova in Dio il suo giudizio e il suo compimento».
Essere contento e sperimentare la precarietà. E poi: «Essere contento e amare le feste. Godere il bello della vita. Essere contento senza troppi pensieri e senza troppe inquietudini. Essere contento degli amici di una vita. Essere contento delle imprese che danno soddisfazione. Essere contento e desiderare che siano contenti anche gli altri. Essere contento di sé e stupirsi che gli altri non siano contenti. Essere contento delle cose buone, dei momenti belli, degli applausi della gente, degli elogi dei sostenitori, e godere della compagnia. Essere contento delle cose minime che fanno sorridere, del gesto simpatico, del risultato gratificante. Essere contento e sperimentare che la gioia è precaria. Essere contento e sentire l’insinuarsi di una minaccia oscura che ricopre di grigiore le cose che rendono contenti. Essere contento e sentirsi smarriti di fronte all’irrimediabile esaurirsi della gioia. Ecco che cosa si può dire di un uomo: un desiderio di gioia, che trova in Dio il suo giudizio e il suo compimento».
Milano: la folla in piazza Duomo per il funerale di Berlusconi - Reuters
L’uomo d’affari, l’uomo politico, l’uomo incontro a Dio. La riflessione dell’arcivescovo si avvicina alla conclusione. Alla parola che fa sintesi di tutto. E che al termine della liturgia si farà parola di benedizione e di cordoglio, con Delpini ad esprimere le sue condoglianze ma anche quelle del presidente della Cei, il cardinale Matteo Zuppi. «Quando un uomo è un uomo d’affari, allora cerca di fare affari. Ha quindi clienti e concorrenti. Ha momenti di successo e momenti di insuccesso. Si arrischia in imprese spericolate. Guarda ai numeri e forse si dimentica dei criteri. Deve fare affari. Non può fidarsi troppo degli altri e sa che gli altri non si fidano troppo di lui. È un uomo d’affari e deve fare affari. Quando un uomo è un uomo politico – continua Delpini – allora cerca di vincere. Ha sostenitori e oppositori. C’è chi lo esalta e chi non può sopportarlo. Un uomo politico – nei nostri tempi – è sempre un uomo di parte. Quando un uomo è un personaggio, allora è sempre in scena. Ha ammiratori e detrattori. Ha chi lo applaude e chi lo detesta. Silvio Berlusconi è stato certo un uomo politico, è stato certo un uomo d’affari, è stato certo un personaggio alla ribalta della notorietà. Ma in questo momento di congedo e di preghiera, che cosa possiamo dire di Silvio Berlusconi? È stato un uomo: un desiderio di vita, un desiderio di amore, un desiderio di gioia. E ora celebriamo il mistero del compimento. Ecco che cosa si può dire di Silvio Berlusconi. È un uomo e ora incontra Dio».
È l’arciprete della Cattedrale, monsignor Gianantonio Borgonovo, ad accogliere e benedire il feretro di Berlusconi all’ingresso in Duomo e ad accompagnarlo fino ai piedi dell’altar maggiore, mentre risuona l’applauso delle quindicimila persone raccolte in piazza – che seguono il rito dai maxi schermi – e quello delle oltre duemila all’interno della Chiesa madre dei milanesi – i familiari, gli amici, i rappresentanti delle istituzioni, a partire dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, i leader politici, alleati e avversari. Ha assistito alla liturgia, celebrata secondo il rito ambrosiano, l’arcivescovo Emil Paul Tscherrig, nunzio apostolico in Italia.
Il primo gesto: l’aspersione e l’incensazione del feretro. Quindi le letture: Daniele (12, 1-3); la Seconda Lettera di san Paolo ai Corinzi (5, 1.6-10: «tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, per ricevere ciascuno la ricompensa delle opere compiute quando era nel corpo, sia in bene che in male»); il Vangelo di Giovanni (6,37-40: «Questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno», dice Gesù alla folla, che aggiunge e spiega: «questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno»).
Il feretro di Berlusconi viene portato nel Duomo di Milano - Reuters
Vivere e desiderare una vita piena. «Vivere. Vivere e amare la vita – esordisce Delpini nell’omelia che, al termine, verrà salutata dai partecipanti al rito con un applauso –. Vivere e desiderare una vita piena. Vivere e desiderare che la vita sia buona, bella per sé e per le persone care. Vivere e intendere la vita come un’occasione per mettere a frutto i talenti ricevuti. Vivere e accettare le sfide della vita. Vivere e attraversare i momenti difficili della vita. Vivere e resistere e non lasciarsi abbattere dalle sconfitte e credere che c’è sempre una speranza di vittoria, di riscatto, di vita. Vivere e desiderare una vita che non finisce e avere coraggio e avere fiducia e credere che ci sia sempre una via d’uscita anche dalla valle più oscura. Vivere e non sottrarsi alle sfide, ai contrasti, agli insulti, alle critiche, e continuare a sorridere, a sfidare, a contrastare, a ridere degli insulti. Vivere e sentire le forze esaurirsi, vivere e soffrire il declino e continuare a sorridere, a provare, a tentare una via per vivere ancora. Ecco che cosa si può dire di un uomo – afferma il presule –: un desiderio di vita, che trova in Dio il suo giudizio e il suo compimento».
Amare e sperare, affidarsi, arrendersi. «Amare e desiderare di essere amato – riprende l’arcivescovo con parola incalzante –. Amare e cercare l’amore, come una promessa di vita, come una storia complicata, come una fedeltà compromessa. Desiderare di essere amato e temere che l’amore possa essere sempre e solo una concessione, una accondiscendenza, una passione tempestosa e precaria. Amare e desiderare di essere amato per sempre e provare le delusioni dell’amore e sperare che ci possa essere una via per un amore più alto, più forte, più grande. Amare e percorrere le vie della dedizione. Amare e sperare. Amare e affidarsi. Amare ed arrendersi. Ecco che cosa si può dire dell’uomo: un desiderio di amore, che trova in Dio il suo giudizio e il suo compimento».
Essere contento e sperimentare la precarietà. E poi: «Essere contento e amare le feste. Godere il bello della vita. Essere contento senza troppi pensieri e senza troppe inquietudini. Essere contento degli amici di una vita. Essere contento delle imprese che danno soddisfazione. Essere contento e desiderare che siano contenti anche gli altri. Essere contento di sé e stupirsi che gli altri non siano contenti. Essere contento delle cose buone, dei momenti belli, degli applausi della gente, degli elogi dei sostenitori, e godere della compagnia. Essere contento delle cose minime che fanno sorridere, del gesto simpatico, del risultato gratificante. Essere contento e sperimentare che la gioia è precaria. Essere contento e sentire l’insinuarsi di una minaccia oscura che ricopre di grigiore le cose che rendono contenti. Essere contento e sentirsi smarriti di fronte all’irrimediabile esaurirsi della gioia. Ecco che cosa si può dire di un uomo: un desiderio di gioia, che trova in Dio il suo giudizio e il suo compimento».
Milano: la folla in piazza Duomo per il funerale di Berlusconi - Reuters
L’uomo d’affari, l’uomo politico, l’uomo incontro a Dio. La riflessione dell’arcivescovo si avvicina alla conclusione. Alla parola che fa sintesi di tutto. E che al termine della liturgia si farà parola di benedizione e di cordoglio, con Delpini ad esprimere le sue condoglianze ma anche quelle del presidente della Cei, il cardinale Matteo Zuppi. «Quando un uomo è un uomo d’affari, allora cerca di fare affari. Ha quindi clienti e concorrenti. Ha momenti di successo e momenti di insuccesso. Si arrischia in imprese spericolate. Guarda ai numeri e forse si dimentica dei criteri. Deve fare affari. Non può fidarsi troppo degli altri e sa che gli altri non si fidano troppo di lui. È un uomo d’affari e deve fare affari. Quando un uomo è un uomo politico – continua Delpini – allora cerca di vincere. Ha sostenitori e oppositori. C’è chi lo esalta e chi non può sopportarlo. Un uomo politico – nei nostri tempi – è sempre un uomo di parte. Quando un uomo è un personaggio, allora è sempre in scena. Ha ammiratori e detrattori. Ha chi lo applaude e chi lo detesta. Silvio Berlusconi è stato certo un uomo politico, è stato certo un uomo d’affari, è stato certo un personaggio alla ribalta della notorietà. Ma in questo momento di congedo e di preghiera, che cosa possiamo dire di Silvio Berlusconi? È stato un uomo: un desiderio di vita, un desiderio di amore, un desiderio di gioia. E ora celebriamo il mistero del compimento. Ecco che cosa si può dire di Silvio Berlusconi. È un uomo e ora incontra Dio».
Matteo Marchesini
Diabolico monsignor Delpini. Astuto come una colomba, candido come una volpe. Ha scorso gli scaffali francesi della sua libreria, e ha capito che il modello non doveva essere Bossuet ma il nouveau roman. Cattolicizzato, certo, anaforico e salmodiante; magari con un pizzico del Mago di “Taxi driver”, se non di McCarthy; con una sfumatura moraviana (“il mondo è quello che è”) o un po’ di Sellers-Chance, o di poesia di ricerca, o – direbbe qualcuno – di Brunello Robertetti. Less is more. Ecco come provocare tutti – dai cattolici di sinistra a Capezzone - con poche proposizioni oggettiviste: quasi inattaccabili, quasi tautologiche. Un vescovo è un vescovo è un vescovo.
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