giovedì 18 novembre 2021
L'alba e il tramonto in Virgilio
L'alba
Eneide,III,521
Iam rubescebat stellis Aurora fugatis
E già rosseggiava l'aurora, fugate le stelle (Luca Canali)
E già, fugate le stelle, arrossiva l'Aurora (Vittorio Sermonti)
Anticipiamo parte della lettura che Vittorio Sermonti, stasera a Perugia, dedica a Virgilio e all' Eneide «Iamque rubescebat stellis Aurora fugatis...» «E già, fugate le stelle, arrossiva l' Aurora, /quando vediamo lontano oscuri colli e, umile / sull' orizzonte, l' Italia. "Italia!" grida Acate per primo,/ "Italia!" salutano E già, fugate le slle, arrossiva i nostri con urla di giubilo». Che succede? Succede che nel rosso dell' aurora a migranti stipati sul ponte dei loro barconi appare, affiorando appena dalla superficie dell' acqua, la costa del Salento, piatta: infatti, qualcosa come "piatta" varrà qui l' aggettivo humilis apposto a "Italia" ( humilemque videmus Italiam ); anche se il nome ripetuto tre volte in due versi, il batticuore furioso con cui la riconosce gente che non l' ha mai vista prima, sembrano dilatare l' indicazione planimetrica alla sacra umiltà della più terrestre, della più terrosa, della più terra-terra... perché no? della più terra-terra delle terre. Naturalmente - serve dirlo? - i migranti che urlano sono poveracci in fuga dall' antica città di Troia demolita e data alle fiamme dai Greci in capo a dieci anni di assedio: e agli ordini del famoso Enea, dopo uno spossante brancolar per mare alla volta di un approdo oscuramente promesso, hanno appena attraversato il canale di Otranto, facendo vela «di dove la via per l' Italia è un brevissimo tratto di correnti», cioè dalla baia epirota oggi golfo di Valona, Albania (ultima tratta della migrazione... penultima, a dire il vero: l' ultima partirà dalla Tunisia...). E il poeta di cui andiamo parlando è naturalmente il celebre Publio Virgilio Marone; gli esametri letti e tradotti cadono nel III libro della sua celeberrima epopea, chiamata Eneide ... e la traduzione l' ho fatta io, naturalmente. (...) Sui criteri che ho adottato basterà enunciarne uno: ho ridotto al minimo l' uso di tutto quel compìto ed elusivo repertorio verbale che si usa soltanto a scuola nelle versioni dal latino: in poche parole, ho semplicemente usato l' italiano che adopero per pensare, e alle volte anche quello che parlo...
Il tramonto
Bucoliche, I, 37-38
et iam summa procul villarum culmine fumant,
maioresque cadunt altis de montibus umbrae
E già lontano fumano i tetti dei casolari
e più lunghe dall'alto dei monti discendono le ombre. (Luca Canali)
Ogni commento sciuperebbe la divina poesia di questi versi immortali, che compendiano l'incanto di un tramonto autunnale vissuto nella soave mestizia della campagna, quando, come scrive il Funaioli, sulla tragedia umana, intessuta di lacrime amare, di ricordi, di commozioni, di spasimi, scende come un oblio lene della faticosa vita la sera di un pomeriggio d'autunno, coi suoi casolari fumanti di lontano, colle sue ombre che sempre più grandi cadono dai monti e scolorano le cose e ne velano il pianto. (Carlo Piazzino)
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