Annalena Benini, Siamo noi i vivi, non il virus, Il Foglio, 6 aprile 2020
Or tutto intornoUna ruina involve,Dove tu siedi, o fior gentile, e quasiI danni altrui commiserando, al cieloDi dolcissimo odor mandi un profumo,Che il deserto consola. A queste piaggeVenga colui che d'esaltar con lodeIl nostro stato ha in uso, e vegga quantoE' il gener nostro in curaAll'amante natura. E la possanzaQui con giusta misuraAnco estimar potrà dell'uman seme,Cui la dura nutrice, ov'ei men teme,Con lieve moto in un momento annullaIn parte, e può con motiPoco men lievi ancor subitamenteAnnichilare in tutto.
Adesso mi dirai che sbaglio la parafrasi, ma mi sembra più o meno così:
“Ora un’unica rovina avvolge il posto dove sei cresciuto, fiore gentile, e dove, quasi commiserando i mali altrui, fai salire al cielo un profumo dolcissimo che consola il deserto.
Venga da queste parti chi ha l’abitudine di celebrare la nostra condizione di uomini e così veda quanto gli uomini stanno a cuore alla natura che tanto ci ama. E potrà inoltre misurare la potenza della specie umana, che la dura madre, quando loro meno la temono, con un leggero movimento in un istante annulla in parte, e con movimenti poco meno leggeri può, altrettanto all’improvviso, annientarli del tutto”.
Ho letto per la prima volta A Silvia a sedici anni o giù di lì, mi immedesimavo in tutto e quindi speravo che Silvia si calasse dalla finestra dopo essersi adornata i capelli. Ci speravo perché lei aveva tante speranze, emozioni, pensieri soavi, come si poteva accettare quella fine? “O natura o natura, perché non rendi poi quel che prometti allor? Perché di tanto inganni i figli tuoi?”, e infatti, accidenti, perché?
La ginestra è profumata, è commovente, è una speranza, cresce dove è più difficile ed è “contenta dei deserti”. La ammiro molto, la ringrazio, ma io non sono contenta dei deserti.
Nessun commento:
Posta un commento