Federico Gottardo
I soccorritori: “Il nostro amore nato in ambulanza salvando vite tra mille rischi e pochi soldi”
La Repubblica Torino, 14 agosto 2025
«Noi infermieri siamo al fondo di ogni classifica, abbiamo responsabilità enormi a fronte di stipendi bassi e aggressioni continue. E gli autisti soccorritori non stanno meglio: per lo Stato sono classificati come operai».
A parlare sono Chiara Mina e Fabio Ferrarotti: infermiera lei, autista di ambulanza lui. E volontari del 118 nel tempo libero. Si sono conosciuti salvando vite e lo scorso settembre hanno comprato casa insieme a Poirino, con i loro colleghi che li prendono in giro e hanno coniato la definizione “due cuori e un’ambulanza”: «Ormai la nostra vita è diventata di dominio pubblico – sorridono Mina, 25 anni, infermiera al pronto soccorso del Maria Vittoria, e Ferrarotti, di 27, assunto in un’azienda che produce ambulanze dopo essere stato dipendente della Croce Verde di Villastellone – Noi scherziamo (parafrasando Beautiful) che la nostra associazione è “Verdiful”».
Vi siete conosciuti lì in Croce Verde?
«Sì, eravamo colleghi ma avevamo entrambi altre vite. Poi, a forza di vederci in ospedale e in sede, abbiamo iniziato a uscire insieme all’inizio del 2023».
Com’è scoccata la scintilla?
«Abbiamo iniziato a parlare dei pazienti quando ci incrociavamo al Maria Vittoria, scrivendoci per condividere quanto successo. Poi abbiamo capito che c’era qualcosa di più, abbiamo chiuso entrambi la relazione precedente e ci siamo avvicinati piano piano».
Lavorare insieme, così a stretto contatto sulle ambulanze, aiuta o complica una relazione?
«Per scelta noi cerchiamo di fare servizio insieme: il fatto di vivere emozioni così forti, dalla nascita di un bambino a un soccorso delicato, ci ha legati. E l’affiatamento aiuta: ci conosciamo così bene che sappiamo cosa fare senza neanche parlare, ci basta uno sguardo per capirci e intervenire. D’altro canto sarebbe difficile lavorare tutti i giorni uno accanto all’altra. In ogni caso, il bello è che facciamo lavori simili e quindi capiamo bene le rispettive difficoltà».
Ultimamente le difficoltà per chi lavora sulle ambulanze sono sempre di più. Voi come la vivete?
«Purtroppo è calato tanto il volontariato perché meno persone hanno l’interesse e il tempo da dedicare a questa esperienza. In generale, manca la vocazione del sentirsi utili agli altri, con un ritorno in “soddisfazione” più che economico: un’anziana che ti ringrazia perché la porti in ospedale e ritorno vale più di qualunque stipendio. Poi viviamo un contesto storico difficile, in cui la sanità viene raccontata soprattutto in negativo».
Quali sono i problemi?
«Il nostro è un bel lavoro ma è molto difficile, a partire dalla gestione del tempo agli stipendi. Per quello diciamo che siamo in fondo a ogni classifica, soprattutto se si confronta con i rischi, le responsabilità e le aggressioni che subiamo quotidianamente. Sarebbe ora che venisse valorizzato. Ci sono delle lacune enormi e il risultato è che mancano medici e infermieri che vogliono salire sulle ambulanze o lavorare nei pronto soccorso. E gli autisti soccorritori hanno i contratti Anpas ma lo Stato non li riconosce».

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