La copertina del libro di Irene Soave «Galateo per ragazze da marito. Come non concedersi quasi mai, quasi a nessuno e riuscire a non sposarsi lo stesso» (Bompiani, pagine 384, euro 17) |
Beppe Severgnini, Irene Soave, il libro. Il bon ton millennial dell’amore, Corriere della Sera, 10 settembre 2019
Soave non è solo il cognome: è la modalità d’indagine, la tecnica con cui l’autrice di Galateo per ragazze da marito (Bompiani) dispensa giudizi e punizioni. Questo è il caso fortunato di un libro con un titolo apparentemente frivolo che si rivela una lettura appassionante (spesso accade il contrario: titoli appassionanti, letture frivole). Sotto la copertura del gioco letterario, c’è la condizione femminile contemporanea (matrimonio, reputazione, dignità, libertà, lavoro, sesso, piacere) e la storia sociale del rapporto tra donne e uomini, estratta dai manuali per signore e signorine pubblicati tra l’Unità d’Italia e il Sessantotto, di cui l’autrice è un’appassionata collezionista. Non so come sia riuscita a creare questo intreccio, Irene. Ma c’è riuscita.
Un esempio? Il capitolo Il rapporto con le sposate si apre con l’esilarante racconto di una festa dove l’autrice si presenta con grandi aspettative e in abiti seducenti — «top nero, jeans neri, rossetto scarlatto, tacchi che potevano configurare un abuso edilizio» — e trova soltanto mamme con bambini (ventotto), che la guardano storto se parla coi mariti. Altri capitoli fulminanti: l’abitazione, il ballo, la vacanza, il ristorante (chi paga?), i consigli («Per le più negate, il manualetto Come si conquistano gli uomini, 1948, propone qualche frase da dire ai maschi: “A occhi chiusi riconoscerei la sua stretta di mano. Così leale!”, “Già le nove, come passa in fretta il tempo con lei…” e così via. Fa sorridere, ma sospetto che funzioni»).
A questo punto, prima di proseguire, devo confessare il mio conflitto di interesse. Ho conosciuto Irene alla scuola di giornalismo, e quando nel 2017 mi è stato chiesto di dirigere «7», il settimanale del «Corriere», l’ho voluta in squadra (ora lavora alla redazione Esteri). Ottimo acquisto per noi, ma — posso dirlo? — una buona palestra per lei. Irene scriveva bene, ma non così bene. Aveva in testa troppe idee, troppe letture, troppa esuberanza, troppe battute, troppe secondarie: e spesso cacciava tutto nella stessa frase. Ma scrivere è rinunciare. Irene lo ha capito: è rimasta brillante, ed è diventata precisa. Questo libro ne è la prova.
Scrittori si diventa. Credo che Galateo per ragazze da marito collochi Irene Soave tra le migliori osservatrici del costume italiano. L’autrice mostra un’autoironia formidabile, quasi rischiosa; e la freschezza che altre firme femminili hanno perduto. Erano ironiche, sono diventate sarcastiche; erano affascinate dal mondo, sono stancamente mondane; erano attente ai cambiamenti sociali, ora curano il proprio profilo social. Leggendo Galateo per ragazze da marito mi è successo di scoppiare a ridere (buon segno). Come quando l’autrice, nel capitolo Farsi corteggiare, saltando da Donna Letizia (un suo mito) alla Marchesa Colombi, elenca con sorridente ferocia alcuni tipi contemporanei (la preziosa, la reclusa, la spregiudicata, etc). Sulla gattamorta, si esalta. Sentite qui: «La gattamorta migliore che conosco è una signorina con un discreto prognatismo e il culo un po’ equino, che tende addirittura a dimenticarsi spesso la ceretta per i baffi. È irresistibile. Anche per le femmine. È la prima cui le amiche chiedono un parere e la prima che le colleghe, accortesi dell’ascendente che ha sui capi e i vicini di scrivania, emarginano in ogni ufficio in cui mette piede (…). Per gli uomini invece è una mina vagante. Negli anni abbiamo visto capitolare al suo cospetto chiunque. Brutti cui dava ascolto, belli da cui non era intimidita, potenti che faceva sentire potentissimi, sfigati che faceva sentire potenti, un collega con fama di imprendibile che ci aveva sedotte e abbandonate tutte». Credo che nella Milano dei media scatterà la corsa a riconoscere i personaggi. Irene, prepàrati.
Un saggio femminista, a suo modo: perché è un libro femminile. Un libro con una tesi provocatoria, che non viene mai dichiarata, ma percorre le pagine. Questa: in alcuni dei nuovi comportamenti sentimentali dei millennial — generazione cui l’autrice, classe 1984, appartiene — si intravedono preoccupazioni e abitudini classiche: la cura per l’abbigliamento, la villeggiatura tattica, l’intromissione delle mamme, l’addio al nubilato, l’anello di fidanzamento, l’importanza spropositata della coreografia nei matrimoni. In sostanza: tutto cambia e poco cambia. Questo Galateo delle ragazze da marito è un gioco, non più un codice. Ma è così diverso da quello che ha dominato le vite delle nostre mamme e delle nostre nonne?
P.S. Nella prefazione, l’autrice rivela la passione per i galatei e i manuali femminili. Scrive: «Alcuni li ho trovati in casa, molti li ho comprati e fotocopiati, qualcuno l’ho rubato (lo so! Ma certi titoli sono introvabili!)». Ebbene: i volumi che le avevo prestato sono stati recuperati dopo un anno, in maniera rocambolesca. Come, non posso dirlo. Magari Soave lo metterà nel prossimo libro. Vero, Irene?
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