sabato 23 settembre 2017

Pentastellati, i dubbi persistenti


Paolo Madron, Le Dimaiarie sono il requiem del Movimento 5 stelle, Lettera 43, 22 settembre 2017

Informa il programma che il congresso riminese del Movimento 5 stelle inizierà con una partita di calcetto tra militanti. Di calcetti (sugli stinchi) per la verità se ne stanno già dando in abbondanza fuori dal campo. Ma sono falli tattici, di ostruzione e non di cattiveria. Roberto Fico, il grande oppositore, si guarda bene dall’attaccare a viso aperto: tace, sguscia via, gioca morettianamente sino all’ultimo sulla decisione di esserci o di non farsi vedere: mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo affatto? Tace anche un altro dei big, Alessandro Di Battista, che formalmente sta con Di Maio ma che ai suoi fa sapere di non essere per nulla contento del pasticciaccio che ha portato alla designazione del candidato premier.
L’IMPIANTO CHE NON REGGE. In effetti il clima della vigilia è surreale, condito com’è da una serie di incognite, disguidi e complottismi vari: reggerà la piattaforma Rousseau all’onda d’urto degli hacker, quanti voti si mangeranno le falle del sistema, siamo sicuri che un clic vale uno? Ma al di là delle tecnicalità, è tutto l’impianto simbolico che non regge. Far scegliere via web agli iscritti un vincitore già designato è roba che nemmeno i dorotei all’apice del loro splendore avrebbero potuto immaginare. Poi si può anche strologare sull’affluenza oltre le aspettative, tanto da dover prorogare l’apertura virtuale dei seggi, sull’entusiasmo della base nell’ora delle scelte fatali, come può essere quella di decidere chi mandare in caso di vittoria a Palazzo Chigi.
Ma è solo propaganda, tentativo di rimediare in zona Cesarini a una figuraccia mondiale. Che oltretutto pone un problema di natura identitaria grande come una casa. Nella sua strabordante prolissità narcisa, lo ha ribadito numerose volte Lettera43.it e lo ha riassunto bene il professor Becchi, ideologo grillino della prima ora poi diventato grande oppositore: i pentastellati erano nati come movimento e ora sono affetti da una snaturante metamorfosi che li sta trasformando in un partito. E queste primarie ne sono l’esempio più illuminante e ipocrita. Di Maio da tempo è stato incoronato dalla premiata ditta dei fondatori ma per salvare le apparenze la sua designazione deve passare per la Rete.
VERTICISMO DA VECCHIA NOMENCLATURA. Sarebbe bello, ma temiamo non sia così, che gli ortodossi alla Fico e compagni avessero rifiutato di correre non perché invidiosi della scelta fatta da Grillo e Davide Casaleggio, ma perché convinti che il modo in cui è avvenuta l’incoronazione di Di Maio sia quanto di più estraneo ai principi fondanti del movimento. Che sta passando dalla configurazione liquida, orizzontale, a un’organizzazione chiusa e verticista propria delle vecchie nomenclature. Quanto questo poi incida sul consenso di cui godono i 5 stelle tra gli elettori, granitico a tal punto che nemmeno le imbarazzanti figure rimediate a Roma, Genova e più di recente in Sicilia almeno a sentire i sondaggi sono riuscite a scalfire, saranno le Politiche di primavera a deciderlo.

https://www.ft.com/video/f29e8f29-24c7-4f41-a7b1-ebb0effdec83

James Politi and Hannah Roberts, Five Star Movement: the unanswered questions about Italy’s populist party, Financial Times, 19 settembre 2017 (segnalato da Fabio Bordignon)

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