martedì 9 gennaio 2024

Italo Calvino: "Il muro" di Jean-Paul Sartre

 


Italo Calvino, "Il muro" di Jean-Paul Sartre, L'Unità edizione piemontese, 12 gennaio 1947

Sartre è un po' il grande fatto culturale di questi ultimi anni e io non mi fermerò, recensendo questo libro di racconti, a rifare la storia della sua filosofia, a sceverare quanto sia di letterario e di filosofico nella sua letteratura, né accennerò al genere creativo in cui egli è più noto in Italia e cui probabilmente resterà legata la sua fama: il teatro. Il tempo deciderà quanto Sartre abbia detto di valido nelle sue varie attività: certo, alcuni esempi anche nostrani come Pirandello, ci invitano a diffidare degli scrittori troppo intenzionalmente preoccupati  a una problematica d'ordine filosofico.
I racconti di Le mur, insieme al romanzo La nausée, sono la prova più significativa del Sartre narratore: ché la vasta trilogia 
non ancora compiuta de Les chemins de la liberté sembra risentire troppo della sua programmaticità d'esemplificazione esistenzialista.
I racconti di Sartre che ora appaiono per la prima volta in Italia sotto una serafica copertina illuminano la natura umana senza risparmiare alcun andito, una natura umana già di per sé turpe, legata al marchio d'una qualche anomalia sessuale a un peso di carne sopportato con schifo. L'introspezione di Sartre ancor più che psicanalitica potrebbe dirsi fisiologica, se si guarda con quale zoologica esattezza egli controlla le reazioni organiche dei suoi personaggi, dallo svuotarsi di ghiandole al gorgogliare degli intestini. Da questa condizione di schiavitù umana Sartre suscita i momenti d'esistenzialistica angoscia, d'assoluta libertà, di scelta dove il peso dello schifo umano sembra svanire nel vuoto del nulla.
Il muro consta di cinque racconti. In quello che dà il titolo al volume, un episodio della guerra civile spagnola, tutto è davvero espresso narrativamente: è una descrizione della paura di morire fisiologica e metafisica insieme; sarebbe un bellissimo racconto se un ingiustificato finale a sorpresa non lo sciupasse. Ottimo è anche, per l'intensità di clima che raggiunge, La camera, che racconta il caso di coscienza della moglie di un pazzo, simile a quello della commedia italiana Un gradino più giù di Stefano Landi. Eratostene è un caso di misantropia d'origine sessuale che porta alla pazzia; Intimità sono scene coniugali d'un impotente e una frigida. L'infanzia di un capo, che è il racconto più lungo del libro potrebbe essere definito Le vie della libertà all'incontrario. Come nella trilogia Sartre ha voluto rappresentare la via dell'uomo verso l'autodecisione e la realizzazione di sé stesso, qui è un po' la storia delle vie d'uscita che si chiudono e dell'uomo che si trova ad essere qualcosa che in fondo non voleva. E' la storia d'un giovane dell'alta borghesia nel periodo tra le due guerre, all'epoca dei surrealisti e dell'Action française e, come nei Chemins, il maggior interesse del racconto è nella documentazione storica, genere di cui Sartre è un maestro. Poi, nei momenti culminanti, il suo protagonista attacca a ragionare di essere e di nulla, e allora il lettore bene informato può rinfrescare le sue cognizioni d'esistenzialismo.

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