Massimo Rostagno, Tornasole, Raineri Vivaldelli, Torino 2022
Perché T ornasole?
Massimiliano Panarari scrive che la pandemia è una cartina al tornasole, in quanto fa emergere le tendenze già in atto esasperandole. Agendo come una malattia su un corpo già indebolito, rivela le fragilità esistenti.
Giovanni Carpinelli, Prefazione
Noi
tutti sappiamo che cosa è stata ed è ancora la pandemia. Una vasta
ondata di infezioni virali con il nome di Covid-19. 138mila morti in
Italia. Il fenomeno ha una sua storia che merita di essere raccontata
a parte. Massimo Rostagno ha voluto fare un’altra cosa: raccontare
le conseguenze della pandemia sulla vita politica e sull’opinione
dei cittadini in Italia. Anche questo è un fenomeno che è stato
sotto gli occhi di tutti. Il punto di partenza è lo stesso che per
la malattia. La vicenda inizia il 18 febbraio 2020, quando Mattia
Maestri, trentottenne manager di azienda, viene ricoverato
all’ospedale di Codogno. Ha la febbre alta e una brutta polmonite
e, dopo un peggioramento, il 20 febbraio entra in terapia intensiva,
dove rimane per due settimane. Sottoposto al tampone dall'anestesista
Annalisa Malara, di turno nel reparto di terapia intensiva
dell'ospedale, risulta positivo al Covid. Il virus fino ad allora era
confinato in Cina, o almeno così si pensava. Mattia, che è il primo
positivo italiano, diventa il cosiddetto 'paziente uno'.
Nel
marzo 2020 i morti per Covid sono già 13.710. A quel punto il Covid
si colloca stabilmente al centro dell’attenzione per il governo e
per l’opinione pubblica. Due sequenze si sovrappongono e si
intrecciano: la pandemia vera e propria da una parte, i suoi riflessi
politici e mediatici dall’altra. A un certo punto per Rostagno
l’evento comunicativo arriva sovrastare, a sommergere il fatto
stesso della malattia. Qui varrebbe la pena di distinguere tra
diverse fasce della popolazione. Per i contagiati e per i loro
familiari e amici, la malattia non cessa di dominare il quadro della
vita e della storia. Per tutti gli altri, e per i giovani in
particolare, lo spettacolo offerto dalla comunicazione legata alla
malattia prevale su ogni altra cosa. Per quanto artificioso, il
contorno con il rumore associato annulla l’oggetto. Se ci si pensa
qualcosa del genere era già accaduto con la peste, in passato. Con
la differenza che il rumore invadeva i luoghi pubblici, senza
occupare i giornali, la televisione e i social media. Senza parlare
dei vari don Ferrante e donna Prassede che ora invadono lo spazio
della comunicazione.
Ed ecco la novità caratteristica del
nostro tempo, l’infodemia così definita dal dizionario Treccani:
“circolazione di una quantità eccessiva di informazioni, talvolta
non vagliate con accuratezza, che rendono difficile orientarsi su un
determinato argomento per la difficoltà di individuare fonti
affidabili”. Entriamo allora nel vivo dell’argomento sviluppato
nel testo. Abbiamo a che fare con un panorama vasto e articolato. Si
procede per casi esemplari, senza troppe variazioni sul tema. Ci
sarebbe ugualmente materia per diversi libri. Si comincia dalla
politica. Ḕ una sorta di ospite inatteso. In Germania ai vertici
del potere c’è la signora Merkel che dà prova di sobrietà e
efficacia nella comunicazione. In Italia la scena è in precedenza
animata da partiti che indulgono volentieri a posizioni complottiste
e che facilmente diffidano della scienza.
Prima che il Covid
venisse fuori, Salvini ha dovuto lasciare il governo. Il suo partito
viene sostituito dal Pd, mentre Giuseppe Conte rimane alla presidenza
del Consiglio. I partiti che sono usciti nel 2018 vincitori dalle
elezioni non sono all’altezza della situazione che si trovano ad
affrontare dopo la comparsa del Covid. Salvini si trova allora
all’opposizione. Non è sicuro che voglia arrivare alla presidenza
del Consiglio. Se così fosse il suo comportamento risulterebbe
inspiegabile. Le cose stanno in un altro modo. Il personaggio rimane
prigioniero di un orizzonte settoriale. Pensa ai suoi concorrenti nel
partito, alla collocazione europea che lo vede schierato a fianco
dell’ungherese Viktor Orban e di Marine Le Pen in Francia. Sta qui
il motivo del crollo subito dalla Lega nei sondaggi dall’agosto
1919 in poi. Il partito che impazza con Salvini sui media non è
quello che amministra regioni come il Veneto e il Friuli. Il
tentativo di allargare la presenza alle regioni meridionali segna il
passo. Diverso è il caso di Giuseppe Conte che invece vede salire la
sua popolarità e quindi non pone limiti alle sue ambizioni. La rana
si gonfia per somigliare al bue. Non ce la fa e nel gennaio 2021 deve
gettare la spugna. Il fallimento è spettacolare e tanto più
innegabile. Conte si considera ingiustamente defraudato e rivendica
un posto tra i grandi della vita politica italiana. Con la sua
presenza sulla scena della vita pubblica continua a alimentare il
rumore senza riuscire veramente a assumere un ruolo. Sta qui la sua
personale tragedia, al di là delle umiliazioni che continua a subire
con Draghi alla guida del paese. Conte rimane un personaggio
complesso. Pur trovandosi a rappresentare i Cinque Stelle, non ne
riprende la tendenza contraria alla medicina ufficiale. Mostra di
essere un paladino dell’alleanza tra politici e scienziati.
E
qui comincia un’altra vicenda che è forse la più significativa
tra quelle esposte nel testo di Rostagno. Nello scontro con la
demagogia dei populisti e con le posizioni sostenute da Meloni e
Salvini, la scienza vince la partita. Questo, al di là dell’avvento
di Draghi, è l’evento decisivo. Tra gli sconfitti ci sono anche i
media che hanno speculato sull’incertezza diffusa tra il pubblico e
non hanno risposto alla domanda di verità. Il fallimento dei
giornali e dell’informazione televisiva la dice lunga sulle carenze
di un sistema che si regge sull’ignoranza degli utenti e la
alimenta anziché combatterla. Un largo spazio si apre a ulteriori e
più precise indagini. La parte più innovativa del testo viene ora.
Ci sono dei protagonisti abusivi sulla scena mediatica. La pandemia
ha generato dei mostri. Il malcontento persistente (e pur sempre
minoritario) ha bisogno di guide e queste emergono nel pieno della
battaglia per la verità. Un curioso equivalente storico è dato
dagli Zar autoproclamati (Claudio Sergio Ingerflom, El
Zar soy Yo. La impostura permanente de Iván el Terrible a Vladimir
Putin, Escolar, Madrid
2017, 505 p.). Qui troviamo la comunicazione in camice bianco, con
figure come Burioni, Zangrillo, Crisanti e con il caso Astrazeneca,
una forma di vaniloquio dagli effetti devastanti. Ci sono poi i
pensatori imbarazzanti: Massimo Cacciari e Giorgio Agamben
soprattutto. La rassegna si chiude con gli antagonisti di varia
natura: Angelo Giorgianni, Alessandra Schilirò, Antonio Pappalardo,
Ugo Mattei.
Ultima sorpresa, l’ombra di Orwell. Un estremo
prodotto dell’alone mediatico che ha circondato la pandemia è la
neolingua che si afferma tra i no vax alla fine. La falsificazione
prende il posto della verità.
Chi ha seguito il percorso qui
ripreso ha potuto vedere quanto è ricco il testo che segue. Buona
lettura, con la certezza che il gioco vale la candela.
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