Andrea Colombo, Meloni indossa l’elmetto di Draghi: avanti con le armi, il manifesto, 14 dicembre 2022
Trova
le differenze tra Giorgia Meloni, nella sua prima comunicazione al
Parlamento in vista del Consiglio europeo, e Mario Draghi? Ci sono se si
guarda ai toni, perché la premier è per indole più stentorea e
bellicosa. Quanto alla sostanza, invece, è una fotocopia: la posizione
sulla guerra e sulla reazione, anzi sull’assenza di reazione, della Ue
alla crisi energetica è identica. Persino sull’immigrazione lo scarto è
esiguo. Il voto confermerà l’esistenza di una supermaggioranza
atlantista che sulla guerra e l’adesione totale agli imperativi della
Nato mette da parte ogni distinguo, e si blinda.
ALLA CAMERA LA RELAZIONE della presidente passa col
voto contrario del M5S e di ASV, mentre Pd e Terzo Polo si astengono. Ma
al Senato dove, previa comunicazione del ministro Crosetto, si vota una
più concreta risoluzione sull’invio delle armi l’astensione non basta.
Pd, Terzo Polo e maggioranza si votano vicendevolmente le rispettive
risoluzioni. In serata stesso film alla Camera, con i deputati di
Articolo 1 che non votano a favore della maggioranza e non dicono no
alle mozioni del M5s e dei rossoverdi: una presa di distanza dalla linea
del Pd (mentre grillini e Avs si votano a vicenda).
Per tutto il 2023 le armi saranno inviate con decreti
interministeriali secretati, sulla base delle richieste di Kiev e
soprattutto della Nato. Sul contenuto delle spedizioni verrà messo a
parte solo il Copasir. «Abbiamo scelto la cosa giusta, non quella
facile», afferma Crosetto, che insiste sulla necessità di tenere aperte
allo stesso tempo la via della forza e quella della diplomazia: «Non ci
sono sul tavolo una scelta guerrafondaia e una pacifica: ci sono più
scelte che devono raggiungere lo stesso obiettivo. Né è vero che la
diplomazia sia ferma. C’è sempre stato un canale di dialogo che va
perseguito e incrementato».
MELONI, A MONTECITORIO, è più drastica: la posizione
dell’Italia non cambia di un millimetro. Lo «sforzo diplomatico» è
citato come catechismo impone, ma resta al livello di vuoto e dunque
insignificante auspicio. L’invio delle armi deve proseguire. Le sanzioni
stanno dando risultati. Avanti tutta. Bisogna che «vi sia tra le forze
in campo un sostanziale equilibrio e dunque uno stallo del conflitto che
costringa chi ha mosso invasione a desistere e addivenire a più miti
consigli».
Una posizione da muro contro muro che promette guerra lunghissima,
perché così si traduce in buon italiano la parola apparentemente neutra
«stallo». Anche le sanzioni devono proseguire pur essendo «dolorose per
il nostro sistema produttivo». L’importante, secondo la sua logica da
pugilato, è che siano più dolorose per la Russia che per noi. Per questo
rivendica, a ragion veduta, il merito di aver salvato la raffineria
Lukoil di Priolo. Si dovrà pur evitare di «scaricare sui cittadini
italiani i costi delle giuste sanzioni»! Ma la salvezza della Lukoil non
basta certo a evitare i dolori per gli italiani.
SUL FRONTE DELLA UE e della crisi energetica, la
premier va giù dura. La proposta della Commissione sul tetto per i
prezzi è «insoddisfacente perché inattuabile alle condizioni date» e,
peggio, rischiano di prevalere «logiche per cui gli stati con maggiore
spazio fiscale fanno da sé e gli altri possono essere lasciati
indietro». Per la verità si tratta di un dato già conclamato, non di
mera minaccia. Quelle logiche hanno già prevalso nonostante i numerosi
Paesi, il cui elenco la presidente sciorina, che sono invece d’accordo
con l'Italia, tra cui primeggia la Francia.
SI POTREBBE OBIETTARE che in un momento così
delicato arrivare a una crisi di prima grandezza proprio con la Francia
sugli sbarchi non sembra essere stata la strategia più intelligente ma
la leader di FdI è imperturbata. Più nell’apparenza che nella sostanza,
perché insiste sulla necessità di una risposta comune europea
articolata, brandisce l’eredità di Enrico Mattei, «grande italiano» per
invocare «un modello virtuoso e non predatorio» di collaborazione tra Ue
e Africa che blocchi l’immigrazione alla fonte favorendo la crescita
dell’Africa. Ma di fronte agli sbarchi la reazione modello dottor
Stranamore, «difesa dei confini esterni», proprio non sa evitarla. La
fortezza assediata, i barbari alle porte.
LA REPLICA PIÙ DURA ARRIVA da Conte, che per la prima
volta sposta apertamente i 5S a favore della sospensione dell’invio
delle armi, posizione sinora assunta solo da Asv. Parla di difesa della
minoranze russofone, critica «la totale acquiescenza alle indicazioni di
Washington». In questo Parlamento sono bestemmie. Come tali vengono
prese sia dalla maggioranza che da Pd e Terzo Polo. E il baratro che
separa le opposizioni di allarga.
https://www.micromega.net/chi-ha-il-diritto-di-decidere-sulla-fine-della-guerra-in-ucraina/
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